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Carta bianca a Marco Travaglio

di Eleonora Magagna

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Tra i tanti appuntamenti interessanti del Festival del Giornalismo di Perugia ne spiccano tre in particolare.
Stiamo parlando degli incontri con Marco Travaglio, Nichi Vendola e Luciano Ligabue: tre ospiti di primissimo livello che, nelle giornate di venerdì 15 e sabato 16 aprile, hanno completamente riempito il Teatro Morlacchi.
Con questo articolo ci proponiamo di raccontare l’evento a cui ha partecipato Marco Travaglio – giornalista, scrittore, vice-direttore Il Fatto Quotidiano – che è stato protagonista di un monologo in cui gli è stata lasciata assoluta libertà sugli argomenti da trattare.
Il resoconto degli altri due eventi verrà proposto prossimamente.

Al Teatro Morlacchi di Perugia, Marco Travaglio, ospite eccezionale di questa edizione, ha tenuto il suo lungo monologo di un’ora e dieci, inizia chiedendo al pubblico di cosa si vuole che si parli e il pubblico suggerisce libertà di stampa ma Travaglio sottolinea che è un argomento troppo generico e subito scappa la battuta «se mi dite bunga bunga è più specifico». Quindi comincia con il bunga bunga dicendo che nei tg italiani (tg1 e Mediaset) questo neologismo non si sente mai nominare, ma nelle cronache all’estero invece è gettonatissima, più dello stesso “Berlusconi” a cui è spesso associata. «In Italia invece quando si parla dello scandalo Berlusconi-Ruby dicono sempre le Feste ad Arcore, le cene ad Arcore in realtà non sono le cene il problema ma il dopo cena, il fatto di non parlare di bunga bunga significa non destare l’attenzione sul nucleo dello scandalo che non è il fatto che Berlusconi organizzi delle cene purché non commetta reati; e qui siccome si tratta di bunga bunga con minorenni compie un reato. E’ interessante che si sia deciso (obbedendo o no) che la stessa parola sia omessa dai telegiornali. La cosa importante è vedere come è stata gestito questo scandalo nell’informazione e come siano cambiati negli anni il modo di difendersi dei politici coinvolti negli scandali».

Parla poi di Craxi di come ha affrontato lo scandalo che lo aveva colpito nella sua legislatura: lui si dimise e davanti al Parlamento fece un discorso coraggioso dicendo che tutti rubavano, nessuno escluso; anche i magistrati. Un modo strano – sottolinea Travaglio – di difendersi. Ancora oggi Craxi viene elogiato per il suo coraggio ma in realtà il suo discorso era per difendere se stesso e non gli altri. Si dice di Craxi  che ha dato tanto al paese, «io direi che ha preso tanto al Paese e non ha mai ridato niente».
Altro personaggio che affascina Travaglio è Emilio Colombo, senatore a vita, che qualche anno fa in un indagine di traffico di droga, risultava indagato come consumatore di cocaina. Lui mandava gli uomini di scorta a ritirare la droga. Travaglio s’immagina il pusher che si ritrova questi omoni e per la paura gliela dà quasi gratis purché non lo arrestassero. Emilio, intervistato, disse: “si ne faccio uso, però solo terapeutico”.
Continua sui giornalisti: «Noi ci siamo dimenticati che in Italia ci sono centinaia e centinaia di giornalisti che non sono, ne di destra ne di sinistra, però stipendiati da Berlusconi e quindi per forza che l’informazione è dal suo lato, ma in nessun Paese al mondo funziona così. Sarkozy, Bush non stipendiano i giornalisti perché non è giusto che se uno è in politica deve avere il controllo dell’informazione».
Poi dice che «la logica è scomparsa e bisognerebbe riattivare i fusibili, i neuroni, e cominciare a reagire per fare pulizia nelle teste di tutti questi luoghi comuni per prepararsi a un dopo, adesso siamo nell’oltre, ma ci sarà anche un dopo. Questo sistema delle informazioni fa piacere a tutta la classe politica a tutto il potere, ai banchieri con catetere e una prostata marcia che stanno li fino a 90 anni». Fa l’esempio del povero Geronzi «così giovane, “pare che dorma”. Gente che in un altro paese sarebbe in pensione già da secoli. Il ricambio sarebbe più facile se l’informazione fosse fresca libera e aperta per andare a vedere cosa c’è dietro, scovare le vecchie muffe».
Travaglio conclude facendo un’aspra critica: «Questi festival dovrebbero servire non solo ai giornalisti per risvegliare in loro la passione di andare a vedere cosa c’è dietro le verità istituzionali, ma dovrebbe servire anche ai cittadini a quelli che devono usufruire dell’informazione di pretenderne una migliore. Quindi la colpa non è solo dei giornalisti servi, che sono tanti, ma la colpa è anche dei lettori e telespettatori che hanno smesso di pretendere un’informazione migliore e che si bevono quella che c’è e si sono abituati all’idea che non ci possa essere un’informazione migliore. Ma in realtà non è così. Tramite i diversi mezzi la rete, le tv e il giornale quotidiano bisogna cercare di rompere in piccole dimensioni seriali quel grande monopolio del pensiero unico che si è venuto a formare che è un danno non solo per i giornalisti ma anche per i cittadini».

Per vedere il video dell’evento:
(http://webtv.festivaldelgiornalismo.com/doc/1030/carta-bianca-a-marco-travaglio.htm)

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