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“Agora”: il grido della libertà

Dall’esatto momento in cui ognuno di noi prende davvero coscienza di sé, comincia a battersi per qualcosa. Comincia a battersi per un obiettivo, per un’idea. Un’idea per la quale, nel corso della Storia, sono state combattute guerre e per la quale milioni, miliardi di persone sono morte. Un’idea che nasce in noi con forza maggiore a quella del desiderio, nasce in noi come un’esigenza. È vitale come respirare, come nutrirsi, è un’idea che vale più di ogni altra cosa al mondo. È un’idea chiamata libertà.
All’inizio del V secolo dopo Cristo, ad Alessandria D’Egitto, una donna venne accusata di stregoneria ed assassinata da un gruppo di monaci parabolani, in nome del Cristianesimo e di un unico solo Dio. Il nome di questa donna, matematica, filosofa ed astronoma straordinaria, morta per difendere la libertà di pensiero (la propria e quella intesa come diritto inviolabile di ogni uomo) era Ipazia.
Nel 2009 il regista spagnolo Alejandro Amenábar decide di mettere su pellicola la sua storia, regalando al mondo Agora, un film d’impatto che spacca però la critica in due. Ad Alessandria la tensione tra pagani e cristiani sfocia in episodi di violenza per le strade, contrapponendosi alla pace regnante all’interno del tempio pagano di Serapide; qui Ipazia illumina menti di giovani uomini con nozioni di matematica e astronomia. È una donna ammirata, amata e rispettata, che cerca in ogni modo di portare pace e tolleranza ovunque riesca – senza grandi risultati. La situazione degenera irrimediabilmente quando i cristiani assaltano il Serapeo e distruggono la Biblioteca d’Alessandria, costringendo i pagani alla fuga. Il dolore e l’amarezza però non scalfiscono l’animo forte di Ipazia, la quale, nonostante l’allontanamento forzato dalla propria scuola, dalla propria biblioteca, dal proprio tempio e dalla propri vita, continua a proseguire gli studi di matematica ed astronomia (alcuni dei quali l’allontaneranno dal modello geocentrico di Tolomeo).
Passano gli anni: Alessandria è ormai sotto il pieno dominio cristiano, e la figura di Ipazia diviene sempre più scomoda ed ingombrante; la sua unica possibilità di salvezza è il battesimo, ma lei ovviamente rifiuta. Viene sequestrata da un gruppo di parabolani e trascinata in una chiesa dove, dopo essere stata umiliata e denudata, viene uccisa.

Alejandro Amenábar, aiutato dall’ottima interpretazione di Rachel Weisz, racconta la vicenda in modo crudo, quel tanto che basta per sentire il dramma strisciare sotto la pelle ed arrivare allo stomaco. Ma nonostante il retrogusto amaro, al giungere dei titoli di coda non si può che non sentire un calore all’altezza del cuore; Ipazia è stata assassinata perché considerata troppo rumorosa, perché ad infastidire non era il suono della sua voce, ma il fatto stesso che avesse una voce: una voce potente, rivoluzionaria ed innovativa. Ma è proprio quando una voce così viene messa a tacere, che il suo silenzio risulterà più fragoroso di un tuono; quello, è il grido della libertà.

Angolo consigli
Se Agora vi è piaciuto e il tema della libertà vi appassiona ed emoziona, consiglio la visione de L’attimo fuggente, capolavoro del regista australiano Peter Weir e interpretato magistralmente dal grande Robin Williams. Consiglio inoltre la visione del film Pazzi in Alabama, prima pellicola diretta da Antonio Banderas, tratto dal romanzo Estate di follia di Mark Childress e interpretato da Melanie Griffith.

Un pensiero su ““Agora”: il grido della libertà

  • Un film meritevole, ma incompreso dalla critica, purtroppo. Ipazia è vissuta secoli fa, ma quanto è attuale la sua vicenda? Politica, religione, la condizione della donna…in questo film c’è tutto. Complimenti! 🙂

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