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#WildWest – 4 • Età aurea: John Ford – Parte II

#WildWest • Il Cinema Western passo passo, nella rubrica di Samuele Badino. 4° episodio. Due capolavori crepuscolari di John Ford: il celeberrimo Sentieri selvaggi e l’addio con L’uomo che uccise Liberty ValanceClicca qui per scoprire tutti gli articoli.


Sebbene la settimana passata abbiamo dedicato ampio spazio a due meteore del genere, non dobbiamo però dimenticare che il re del West è ancora John Ford. E il primo del suo regno è Sentieri selvaggi – The searchers (1956), il classico Western per antonomasia, il momento in cui tutto ciò che finora è stato si riflette e si tuffa nel cult-movie americano per eccellenza, glorificato e citato da tutti i maggiori registi negli anni a seguire: da Martin Scorsese in Taxi driver (1976) a George Lucas in Guerre stellari (1977); da John Milius in Dillinger (1973) a Paul Schrader in Hardcore (1978), ma si trovano omaggi frequenti anche in anche Wim Wenders, Quentin Tarantino e lo stesso Steven Spielberg pare che da ragazzo abbia girato un remake del classico di Ford con tanto di Monument Valley in cartapesta sullo sfondo.4 - sentieri selvaggi 2


Sentieri selvaggi  (1956)


Se Sentieri selvaggi da un lato è senza dubbio il culmine del Western classico, dall’altro inizia già il suo percorso di demistificazione, filtrato attraverso lo sguardo critico del grande regista. Inizia con il motivo dell’homecoming – caro a Ford e al centro di un’altra delle sue pellicole, Un uomo tranquillo (1952) – con cui narra in pochi sguardi un romanzo d’amore: Ethan (John Wayne) è il cavaliere solitario – il loner – che sicuramente la cognata in passato ha amato per poi ripiegare sul più tranquillo e insipido fratello Aaron, così da formare una famiglia sui generis: due figlie, Lucy e Debbie, e il mezzosangue indiano adottivo Martin (Jeffrey Hunter). L’ellissi sul passato della famiglia e sulla guerra civile appena conclusa, raccontate in poche inquadrature e gesti, appagano lo spettatore che colma questi vuoti temporali grazie ai paterni suggerimenti del regista. L’ellissi narrativa ed estetica, punto di forza della tecnica di narrazione di John Ford, è al contempo la critica maggiore portatagli, riguardo all’assoluta omissione del sesso e, in particolare, della morte, che sortisce come effetto la creazione di personaggi/statua, privi di sangue, seme e perfino sudore, ma mancano ben pochi anni perché arrivino Leone (clicca qui per approfondire), Corbucci (clicca qui per approfondire) e Peckinpah (clicca qui per approfondire) a indugiare perfino sulle mosche che ronzano e si posano sui cadaveri.

4 - sentieri selvaggi 3Ethan è il personaggio principe del West: è zio, ma non è né figlio, né marito, né padre, simbolo perfetto di quel retaggio puritano irlandese che qui si vuole rappresentare; accanto a lui tutti gli altri si riducono a semplici macchiette: lo è Martin – divertente e goffo con le donne, lo è Laurie (Vera Miles) – che incarna l’immaginario più tipico della ragazza di campagna, lo è Debbie – fiduciosa, spaventata e fragile, lo è anche il comandante militare/reverendo Clayton – altro personaggio rappresentativo di questa società, che riunisce due ruoli solo apparentemente antitetici, quello militare e quello religioso, a ricordare che la fede americana è aggressiva e violenta, vendicativa come il Dio dell’Antico Testamento, piena di pietà per i deboli solo quando simili, immemore degli insegnamenti del Vangelo quando si tratta di cacciare i selvaggi. I personaggi non sono quindi che uno specchio in cui la cultura americana deve riflettersi.

Il mito del loner qui tocca l’apice e inizia la sua definitiva dipartita. Ethan, il suo odio irrefrenabile verso i selvaggi, la sua spietata crudezza, fanno parte di un altro mondo ormai, un mondo che Ford ha già raccontato e che sta pian piano abbandonando, così come Wayne lo abbandona alla fine del film, nella celeberrima inquadratura attraverso il vano della la porta in cui va verso il deserto nello stesso modo in cui era giunto, una cometa.4 - sentieri selvaggi 1


L’uomo che uccise Liberty Valance (1962)


The man who shot Liberty Valance va oltre, come se Ford volesse chiudere un ciclo in cui lui ha già detto tutto ciò che poteva dire. Definito variamente come un western crepuscolare, modernista o un meta-western, non è altro che un addio. Un addio ad un mondo amato e leggendario che, però, come tutte le leggende ha una fine, agrodolce, che non può che coincidere col funerale – anche questo omesso dallo schermo – del personaggio interpretato da John Wayne, Tom Doniphon.

4 - l'uomo 3

Il Wild West muore qui, scacciato dal pragmatismo e dal furore democratico del giovane avvocato Ransom (James Stewart), in cui è facile ravvisare un rifermento al contemporaneo JFK. Con lui arriva la Nuova America, in cui non contano più le pistole e la velocità nell’estrarle, ma le leggi, le elezioni e i diritti. «Siamo nel West; e quando la leggenda incontra la realtà, vince la leggenda» dice il giornalista, prendendo atto, con rammarico e nostalgia, che il loro mondo forse non è mai stato altro che una leggenda. L’illusione della realtà incontra la realtà dell’illusione, vedendosi prevalere.4 - l'uomo 2

John Wayne regala un’interpretazione stellare, riuscendo a cogliere appieno la profonda consapevolezza del personaggio di essere fuori luogo e fuori tempo: rude e fiero, rivoltella al fianco, costruisce una casa per la sua futura sposa senza nemmeno essersi dichiarato, possiede un servo nero, che tratta con giustizia ma che non vuole impari a leggere e scrivere. Anche lo spazio indefinito e immenso del West cui Ford ci ha abituato si rinchiude in una tavola calda, in una sede di giornale (un po’ come farà, molti anni dopo, Tarantino con The Hateful Eight). È finito il tempo degli inseguimenti, delle rapine in banca, della caccia agli indiani, il mondo si rinchiude tra quattro mura. E tornare indietro è impossibile: Ranson si allena a sparare con pessimi risultati e andrà incontro a Liberty Valance pistola in pugno, ma con un grembiule da lavapiatti in vece di cappello e cinturone. La trasformazione più evidente, che esemplifica quasi in pochi attimi il nuovo volto dell’America, è l’accomodamento del saloon – luogo imprescindibile del Wild West – a sede elettorale.

Ma Ford ci ricorda che a quel West non bisogna negare che si deve molto, se non tutto, e sulla sua bara spoglia e nuda si deve comunque posare un fiore, un fiore del deserto, arido, duro e spinoso come i loner, un fiore di cactus.VARIOUS FILMS


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