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Twitter ai tempi degli idoli

#VaffanculoStudioAperto è l’hashtag che per due giorni è stato trend topic su Twitter. A riportare in auge la mai sopita ostilità della rete per il telegiornale più discutibile delle galassie finora conosciute non è, però, la prossima orgia di servizi sul nuovo processo Kercher-Sollecito. Stavolta è il nutrito popolo di fan di Justin Bieber che accusano il telegiornale di Italia1 di aver messo il loro idolo in cattiva luce. Il servizio in questione, riprendendo le indiscrezioni di vari tabloid, dipinge Bieber come un ragazzo dalla vita sregolata. Caso unico nella storia tra le popstar mondiali.
Tralasciamo l’ingenuità delle fan che ora negano tutto – ma che, in onore del proprio beniamino, sono già pronte a sfornare #JustinTiAmoAncheSeSeiUnTossico e #JustinEsciPrestoDalComaFarmacologico. Non uso la parola idolo a caso: chi ha un po’ di dimestichezza con Twitter sa che la lista dei Trend Topic è un campo di battaglia tra Belieber, Directioners ed altre specie umanoidi che si dichiarano disposte a fare di tutto per il proprio dio idolo, parola che ricorre costantemente nemmeno fossero una tribù africana.

Twitter nasce come servizio di microblogging, e solo poi la componente giornalistica si è imposta: è ovvio, quindi, che ognuno faccia quel che vuole di questo servizio. Quel che mi stupisce è come questo social network sia riuscito a spaccarsi in due: tra una generazione di utenti che, mettendo nome e faccia e twittando di tutto, sfoga il proprio ego, e all’opposto una generazione che si nasconde dietro le immagini dei suoi idoli e lo usa principalmente nella disperata speranza che questi li “seguano”. Gli “idolatri” mostrano un’altissima coesione e una straordinaria scioltezza nell’uso del retweet e del “follow back”, arrivando molto velocemente non solo ad avere un gran numero di follower, ma anche a mobilitarsi all’occorrenza per far salire un hashtag nelle tendenze italiane o mondiali. È l’adolescenza, si dirà, con tutta la sua necessità di omologazione. Ma è l’uso furbo degli strumenti della rete a fare la differenza dando più peso a una volontà di farsi sentire, a una capacità di fare gruppo, comunque preziosa e che fa ben sperare per il futuro – se non si limita solo alla cieca difesa in massa dell’idolo di turno. Altrimenti sarà una risorsa sprecata e non aggiungerà molto altro a quest’Italia. Che dei Vaffanculo generalizzati ne ha già fatto una politica.

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