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Tubercolosi alla ribalta: intervista alla dott.ssa Giovanna Riccardi

“Tubercolosi: uno spettro del passato tornato alla ribalta”. Questo il titolo della conferenza tenuta sabato 26 gennaio nell’Aula Scarpa dell’Università di Pavia dalla dottoressa Giovanna Riccardi, biologa e ricercatrice presso l’ateneo pavese.

L’incontro è parte di una serie di iniziative legate alla figura del medico Carlo Forlanini, che proprio qui a Pavia fu tra i primi a trovare un metodo efficace per guarire la tubercolosi: lo pneumotorace artificiale.

Con precisione e puntualità la dottoressa ha parlato della malattia: quali le sue caratteristiche, la diffusione, le scoperte, i medicinali atti a curarla, la difficoltà di trovare nuovi farmaci, la minaccia che la TBC rappresenta soprattutto nei paesi del Terzo mondo andando di pari passo con l’AIDS. Negli ultimi anni poi lo spettro della tubercolosi si è riaffacciato anche in Europa, dove la malattia era stata debellata.

Noi di Inchiostro abbiamo avuto l’occasione di porre alcune domande alla dottoressa Riccardi:

In che modo Carlo Forlanini ha segnato la storia delle scoperte relative alla tubercolosi?

Carlo Forlanini ha inventato lo pneumotorace artificiale, che consiste nell’indurre uno pneumotorace sopratutto nel polmone colpito dalla lesione e di collassarlo, per permettere all’altro di recuperare. È stata un’idea molto innovativa e geniale per un certo verso. Dalla scoperta degli antibiotici in poi si è potuta guarire la malattia.

Quindi lo pneumotorace blocca il decorso della malattia senza guarirla?

Esattamente.

Come mai lo pneumotorace artificiale è stato poi abbandonato come metodo?

Quando si scopre qualcosa che funziona il resto viene dimenticato. Gli antibiotici hanno sostituito tutto quello che c’era prima. L’industria, dopo aver lavorato tanto per riutilizzare una serie di farmaci in commercio, non si è più dedicata alla tubercolosi, pensando ormai di aver risolto il problema dell’infezione. Invece no. Bisogna tornarci per le ragioni che dicevo.

Come mai è difficile trovare un medicinale efficace per la tubercolosi?

La difficoltà risiede nei vari passaggi. Si fa una valutazione su un milione di molecole, ma è possibile che non si riesca neppure a trovarne una che funzioni. Ci vuole del tempo per rintracciare la molecola giusta. In genere se ne trovano due o tre. Queste devono poi superare le prove sugli animali, non essere tossiche, non essere modificate, andare dove devono. Perché se io ho una molecola che ingerisco e nell’intestino ci sono delle molecole batteriche che inattivano la prima, questa non torna più su al polmone. C’è anche un problema legato alla drug delivery. La strada è molto lunga, ci vogliono 10-12 anni.

E aggiungiamo che questi batteri resistono ai medicinali…

Diventano resistenti, sì. Dipende dal tipo di medicinale. A volte è facile trovare il resistente, a volte ci vuole più tempo. Però il resistente c’è e l’abbiamo selezionato in laboratorio.

Qual è stato il suo contributo nello studio delle cure della tubercolosi?

Noi abbiamo trovato il meccanismo d’azione della molecola del macozinone, che molto probabilmente andrà sul mercato. Adesso stiamo lavorando sull’uomo malato. La scoperta sta dando i suoi frutti.

Quali progetti ha per il futuro?

La dottoressa Pasca proseguirà con la linea della tubercolosi. Io mi occuperò di patogeni nella fibrosi cistica per i vaccini, un’idea appena nata.

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