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Non ti ricordi di Ken Saro Wiwa?

A quindici anni dalla morte, il poeta e attivista rivive in tutte le arti. In Italia e non

Di Giovanni Cervi Ciboldi

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“Non ti ricordi di Ken Saro Wiwa?” – E’ la domanda che pone “A Sangue Freddo”, title track del secondo album della band alternative rock “Il Teatro Degli Orrori”, il cui testo è dedicato alla memoria di “un poeta, un eroe dei nostri tempi”.

Eppure, pochi si ricordano oggi di Ken Saro Wiwa. Molti di noi, per questioni anagrafiche, non possono nemmeno ricordarselo.

Ken Saro Wiwa era innanzitutto un uomo. Un uomo impegnato a far rivivere la sua terra, devastata dalla guerra civile tra gli indipendentisti del Biafra e il governo: un genocidio che, al suo termine, nel 1971, indusse l’attuale ministro degli esteri francese, Bernard Kouchner, a fondare Medici Senza Frontiere, divenuta oggi una delle più famose ONG per la difesa dei diritti umani.

Poi, Ken Saro Wiwa era un artista. Un artista poliedrico che mise la sua arte al servizio della lotta contro gli abusi che le multinazionali petrolifere stavano perpetuando sul territorio nigeriano, spogliandolo delle risorse e delle ricchezze che vantava, senza avvantaggiare in alcun modo la nazione, lasciando solo povertà ed inquinamento. Attraverso la sua poesia (La Vera Prigione), la sua narrazione (Sozaboy, 1985; La Foresta dei Fiori, una raccolta di racconti, edita postuma) e le sue sceneggiature televisive (Basi and Company, la prima e più seguita sit-com nigeriana), Ken Saro ottenne la visibilità necessaria per responsabilizzare il proprio popolo e per denunciare al mondo intero l’oltraggio la sua terra stava subendo.

E fu proprio il divenire simbolo delle idee di cui si faceva portatore che lo rese un personaggio scomodo, una minaccia per i poteri che agivano sul territorio. E per questo fu condannato, imprigionato e ucciso.

Era il 10 novembre del 1995. L’attenzione pubblica era tutta focalizzata sulla vittoria della nazionale di calcio nigeriana nella finale della Afro Asian Cup of Nations. Mentre per le città e i villaggi prendevano il via i festeggiamenti e i caroselli, Wiwa veniva impiccato a Lagos con altri otto intellettuali e attivisti.

Il mondo non fu indifferente: per evitare la sua esecuzione si mossero Bill Clinton, Nelson Mandela e il Commonwealth. Ma ogni appello fu vano.

Due anni dopo, nel 1997, venne candidato al premio nobel per la pace.

Chi furono i mandanti è una domanda che rimane tuttora senza risposta. Le tesi che volevano le compagnie petrolifere connesse all’uccisione di Wiwa hanno avuto una parziale conferma l’anno scorso, quando la Shell, pur senza ammettere la propria colpevolezza, pagò 15 milioni e mezzo di dollari di patteggiamento al fine di evitare di essere giudicata da un tribunale internazionale riguardo alle violazioni dei diritti umani in Nigeria, come complice delle autorità militari nigeriane nell’esecuzione.

Tra chi non si è dimenticato di Ken Saro Wiwa vi è anche Roberto Saviano. L’autore di Gomorra, l’undici novembre scorso, invitato alla trasmissione Che Tempo che Fa da Fabio Fazio, ricordò il poeta nigeriano annoverandolo al fianco di chi, per denunciare quel potere che nel silenzio e nella disinformazione perpetua crimini contro gli esseri umani, diede il sangue (come Varlan Salamov, testimone dei gulag in Siberia ne “I Racconti di Kolyma” Einaudi, 1999) o la vita (come Anna Politkovskaja, giornalista russa che denunciò i crimini della guerra in Cecenia).

Negli anni, anche chi seguì da vicino le vicende nigeriane ha contribuito a tenere viva la memoria di Ken Saro. Glenn Ellis, regista e giornalista la cui attività di denuncia risale a vari anni prima della morte di Wiwa (il suo primo documentario riguardo agli abusi petroliferi in Nigeria, The Drilling Fields, risale 1994), ha pubblicato nel 2006 il documentario Delta Force per rendere omaggio alla figura del poeta; oltre a montare, con le immagini che raccolse in loco in quegli anni, il lungometraggio In Remembrance per l’associazione “Remeber Saro Wiwa”. Entrambi i documentari sono di libera diffusione, visibili quindi su YouTube.

Grazie a tutto ciò, di Ken Saro Wiwa rivive oggi soprattutto il ricordo, attraverso le sue opere e quelle di tutti coloro che hanno voluto dedicargli le loro. Il ricordo di un artista che si definiva “uomo di pace, di idee”, che seppe rinunciare alla sua famiglia, alla sua libertà, alla sua vita per combattere senza armi gli interessi di un potere ingiusto, per mutare la storia con gli ideali in cui credeva: l’uguaglianza, l’ecologia, la giustizia.

E a quindici anni dalla sua morte, c’è ancora chi canta che “Ken Saro Wiwa è ancora vivo”. E perché i suoi sforzi e la sua lotta non siano stati vani, deve rimanere tale. Perché, come recita A Sangue Freddo, “è nell’indifferenza che un uomo vero muore davvero”.

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