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Muro di Berlino, ciò che fu

9 Novembre 1989. Durante una caotica conferenza stampa, il ministro della Propaganda della Repubblica Democratica Tedesca, Schabowski, annuncia un provvedimento, preso nel pomeriggio stesso, in sua assenza, tramite il quale sarebbe permesso, attraverso speciali visti, transitare tra Berlino est e ovest. Non essendo stato presente durante la  decisione, il ministro non ne conosce i dettagli, ma è costretto a presentarla, in diretta, in una confusionaria, caotica, superficiale conferenza stampa, che getta nel panico la città. Migliaia di berlinesi dell’est, appresa la notizia, abbandonano case, uffici, scuole e si riversano nei pressi dei check-point, mentre le guardie a difesa del muro serrano con forza i passaggi. La situazione si fa sempre più tesa, finché i militari non decidono di aprire i check-point, facendo riversare la massa all’interno della Berlino capitalista. È la fine di un’epoca.

Ma facciamo un passo indietro: il cosiddetto Muro di Berlino, “die Mauer” in tedesco,  fu l’espressione concreta di quella che W. Churchill, primo ministro inglese in quegli anni, descrisse come “una cortina di ferro […] discesa attraverso il continente, da Stettino nel Baltico, a Trieste nell’Adriatico”. Con quest’espressione, il premier britannico voleva indicare la barriera ideologica che, come un muro vero e proprio, divideva l’Europa – e la terra intera – in due mondi completamente differenti e inconciliabili.

Il Muro di Berlino, in realtà, fu l’unico caso in cui la barriera della metafora di Churchill si concretizzò in un vero e proprio muro divisorio. Dopo il crollo del regime nazista, ciò che rimaneva della capitale tedesca, ormai dilaniata da anni di dittatura e guerra, venne suddiviso in quattro differenti zone d’occupazione, ognuna assegnata ad uno degli alleati. Si ebbero, dunque, un settore sovietico, uno francese, uno inglese e uno statunitense. Fin da subito apparve chiaro quanto la convivenza, in un unico stato, di influenze ideologiche totalmente differenti, quali quella americana e sovietica, fosse complicata. Le prime tensioni si ebbero già nella primavera del 1948, quando i sovietici bloccarono il transito occidentale nella propria area di Berlino, isolando, di fatto, i berlinesi dell’ovest nella sfera d’influenza russa. Per porre rimedio al blocco comunista, gli statunitensi instaurarono dapprima un ponte aereo, che resistette per circa un anno. Alla fine, nel maggio del ’49, venne annunciata la definitiva separazione della Germania: nascevano così la Repubblica Democratica Tedesca (RDT o DDR), avamposto staliniano nel cuore dell’Europa, e la Repubblica Federale Tedesca, unione delle zone occupate da inglesi, francesi e americani. La capitale tedesca, benché si trovasse pienamente nella DDR, venne spaccata in due: da un lato si formò Berlino ovest, vetrina del capitalismo nel cuore della Germania comunista, dall’altro Berlino est, che divenne capitale di un potente stato sovietico. Ma nel 1949 il Muro di Berlino non esisteva ancora.

“Nessuno ha intenzione di costruire un muro”, dichiarò Walter Ulbricht, presidente della Repubblica Democratica Tedesca, il 15 giugno del 1961. Di fatto, però, in quel periodo, il governo della DDR stava affrontando non pochi problemi legati al transito – e alla vera e propria fuga dalla realtà sovietica- di una grande fetta della popolazione di Berlino est: solo nel 1960 erano stati 200.000 i berlinesi dell’est che si erano trasferiti stabilmente ad ovest. Inoltre, fin da subito, c’erano stati atti di protesta e ribellione, che erano stati sedati nel sangue, come era accaduto nel 1953, proprio a Berlino est. Fu così che, appena due mesi dopo aver dichiarato di non voler costruire nessun muro, il governo della DDR dichiarò che “Per impedire attività ostili delle forze revansciste e militariste” della Germania occidentale, sarebbe stato necessario instaurare un sistema difensivo degno di ogni Stato sovrano. Fu così che, nelle prime ore del giorno successivo, il 13 agosto 1961, venne innalzato da militari e operai sovietici, con grande rapidità, il tristemente celebre Muro di Berlino, che era destinato a restare, per quasi trent’anni, simbolo del clima di tensione che aleggiava sul mondo intero.

Il muro che divideva l’odierna capitale tedesca aveva una lunghezza complessiva di 43,1 km, ma una barriera di 111,9 km circondava e isolava l’intera Berlino ovest, che già dai primi anni ’50 era raggiungibile solo tramite un’autostrada appositamente costruita.

Il muro, che aveva tagliato in due la città, aveva diviso famiglie, separato studenti dalle proprie scuole e università, operai e impiegati dai propri luoghi di lavoro. La divisione fisica corrispondeva in tutto e per tutto ad una divisione ideologica e la vita, dalle due parti di Berlino, era assai differente; lo vediamo ancora oggi nell’architettura della capitale tedesca: da un lato, a oriente, vediamo una tipica città sovietica, caratterizzata da monumentali edifici in cemento e grandi viali, simboli dell’esasperata uguaglianza ideologica tanto decantata nelle aree di dipendenza staliniana; dall’altro Berlino ovest puntava a mostrarsi come capitale della modernità e della volontà di rinascita dopo anni di guerra e dittatura. Sono due facce della stessa medaglia, il simbolo, condensato in una sola città, della compresenza di due realtà distanti, inconciliabili, nemiche.

 

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