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Lomellina: terra dei fuochi? Parte 4: Mortara

Quella condotta finora da Inchiostro è stata un’inchiesta di taglio generale, per quanto focalizzata chiaramente sulla Lomellina. Dei gravi incendi scoppiati in questo territorio, uno in particolare sarà quello trattato oggi, probabilmente il caso più significativo e preoccupante dei 12: Mortara.

Il 6 settembre 2017 è bruciato l’impianto per il trattamento e lo stoccaggio di rifiuti della società Eredi Bertè Antonino s.r.l. L’azienda è composta da quattro fabbricati e un piazzale pavimentato, dotato di rete di raccolta delle acque meteoriche, per una superficie di oltre 14.000 metri quadrati.

Secondo quanto descritto dalla relazione della commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, “l’azienda, operava da anni nel settore della gestione dei rifiuti speciali eseguendo operazioni di messa in riserva, selezione e cernita, deposito preliminare e recupero di rifiuti speciali pericolosi e non, nonché attività di autodemolizione e produzione di combustibile derivante dai rifiuti”. (paragrafo 2.3.2 pag 53)

L’incendio ha interessato circa 12.000 metri cubi di rifiuti. Ora, il certificato antincendio, previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo n°139 dell’8 marzo 2006, era stato approvato dal Comando dei Vigili del Fuoco nel 2010 e prevedeva la divisione nel piazzale, dei materiali oggetto di lavorazione suddivisi per tipologia, l’individuazione di precise aree di deposito separate fra loro e un secondo varco di accesso. Ma al momento dell’intervento di soccorso, tutto il materiale era stato ammassato nel piazzale senza rispettare la divisione prevista ed ostruendo il secondo varco di accesso. L’ ammasso di materiale si estendeva su una superficie di circa 2000/2500 mq per un’altezza variabile fra i 4 e i 6 metri.

Questa situazione ha favorito la propagazione dell’incendio, ha reso più difficili le operazioni di spegnimento e il protrarsi dei lavori sino al 13 settembre. Lo stoccaggio disordinato del materiale sul piazzale, come spiegato nella relazione, ha reso irraggiungibili alcuni idranti dell’impianto idrico, che tuttavia risultavano non funzionanti. Inoltre, tra i rifiuti e tra gli scarti, stando a una testimonianza raccolta dal Corriere, vi sarebbero stati anche rifiuti non autorizzati per i quali l’azienda non aveva ricevuto il permesso di stoccarli.

Non sorprendentemente, secondo la relazione trasmessa da ARPA Lombardia (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente), gli esiti delle prime analisi avrebbero confermato la presenza di diossina nell’aria, sebbene ritenuta non preoccupante dal punto di vista ambientale. I campionatori hanno registrato 0,50 e 0,44 picogrammi equivalenti per metro cubo (pgTeq/m3), quantità lievemente superiori al valore di 0.3 indicato come soglia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. 

Secondo la procura di Pavia, sono due le possibili cause dell’incendio: cause accidentali o dolo, ed è su questa ultima tesi che si indaga. È esclusa l’autocombustione, possibile solo con temperature esterne superiori ai 45° C, con pressioni variabili tra i 1020 ed i 1050 millibar e con materiali infiammabili facilmente, come carta, solventi e vernici a diretto contatto tra loro.

Al momento però non ci sono nomi iscritti al registro degli indagati. Ma non passeranno inosservati, i 213 mila euro ricevuti dalla Eredi Bertè negli ultimi tre anni dal Comune di Mortara. Poco meno di 80 mila euro annui ricevuti per servizi che vanno dallo smaltimento delle macerie cimiteriali al trasporto e smaltimento dei rifiuti ingombranti che l’azienda stava aspettando di incassare pure per il 2017. Soldi che hanno aiutato l’azienda, negli ultimi tempi in difficoltà con le banche e con un fatturato in significativa riduzione. (fonte)

Dietro questi eventi sembra risuonare l’eco della criminalità organizzata. Nando dalla Chiesa, pochi giorni dopo l’incendio, ha pubblicato un articolo su “Il Fatto Quotidiano”: “Sarà Pavia la nuova Oklahoma della ‘Ndrangheta?“. Ha spiegato che gli incendi sono un primo avviso della presenza delle cosche. Sminuirne l’importanza significa non accorgersi degli equilibri che cambiano all’interno del sistema mafioso. Lo smaltimento dei rifiuti è un business che fa gola alle mafie e la Terra dei Fuochi non è un perimetro geografico ma un modello di sviluppo economico che coinvolge sfere imprenditoriali e politiche.

Ancora, il pentito di Camorra Nunzio Perrella ha dichiarato che la provincia di Brescia sarebbe “messa peggio” della Campania. Tutto il Nord Italia sarebbe “pieno” di rifiuti tossici e solo quando era ormai impossibile continuare a seppellire al Nord, il Meridione ne è diventato la discarica. Questo è stato documentato anche con inchieste come Resit, Adelphi e Cassiopea.

Dobbiamo sperare che le indagini della magistratura sappiano presto dirci qualcosa di più su quello che è accaduto a Mortara, a cominciare dal restringimento dello sconfinato orizzonte di possibilità accennato sopra che va dal caso al dolo. Per ora, dobbiamo accontentarci di un generico campanello d’allarme di cui sembra risuonarne chiaramente l’eco…mafia.

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