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Cristo si è fermato a Gyumri: gli abusi agli armeni e le questioni etniche ignorate

Fra il 19 e il 20 settembre 2023 la Repubblica dell’Azerbaijan ha attaccato ed occupato la non riconosciuta Repubblica dell’Artsakh, ufficialmente parte dell’Azerbaijan ma de facto indipendente dal 1991, in seguito alla Prima Guerra del Nagorno- Karabakh, la regione contesa abitata in stragrande maggioranza da armeni. L’esercito separatista è stato annientato in praticamente una sola giornata, visto che era totalmente allo sbando: da circa un anno, infatti, l’Azerbaijan aveva imposto un blocco totale alla popolazione del Nagorno- Karabakh, riducendola letteralmente alla fame e causando diverse morti fra la popolazione civile. La guerra in questione è stata il culmine della situazione di pressione militare ai danni della popolazione armena che continuava dalla guerra scoppiata contro l’Armenia (lo stato riconosciuto a livello internazionale) e che ufficialmente avrebbe dovuto essere calmata dalle forze di peacekeeping russe, che però non si sono mosse per difendere l’alleato armeno o i diritti degli abitanti alla fame. In contrasto con le proteste a supporto della Palestina non vi sono state folle oceaniche a difendere i diritti degli armeni, che hanno dovuto abbandonare in massa il Nagorno- Karabakh che avevano abitato fin dal settimo secolo avanti Cristo, concludendo così la presenza armena nella regione dopo quasi 3 millenni. L’Unione Europea, così decisa nel condannare l’azione russa in Ucraina, ha sì mosso qualche tiepida critica all’operato azero, ma le azioni concrete sono state lacunose. Solo di recente alcuni stati europei, come la Francia, hanno deciso di fornire supporto militare all’Armenia, causando la reazione infastidita dell’Azerbaijan, che ha accusato la Francia di colonialismo e militarismo. Questo sebbene gli azeri stiano attualmente occupando 215 chilometri quadrati di territorio armeno, e non solo il Nagorno. Karabakh che a livello internazionale era teoricamente territorio azero. Non solo, ma il governo azero ha ripetutamente fatto presente che desidera annettere territorio armeno, ed è stato responsabile di agghiaccianti crimini di guerra, come lo stupro e la mutilazione di una soldatessa armena. Sul perché la comunità internazionale sia così silente sugli abusi ai danni del popolo armeno vi sono molteplici ragioni, che vanno dalle questioni etniche e geopolitiche in quell’area ad una sempre maggiore corruzione delle istituzioni liberaldemocratiche da parte di governi autoritari.

Dallo sterminio al revisionismo storico: la politica della memoria

Gli armeni hanno subito uno degli stermini di massa più feroci prima dell’Olocausto nel Novecento, e la parola genocidio deriva proprio da quegli eventi. Le autorità ottomane e nazionaliste turche (con un non indifferente supporto da parte dei curdi mussulmani) hanno massacrato il popolo armeno, sottoponendolo ad abusi terribili. Dopo aver spopolato le aree precedentemente popolate dagli armeni, le autorità turche furono costrette inizialmente alla ritirata in seguito alla sconfitta nella Prima Guerra Mondiale e poi riuscirono a riacquisire territorio ai danni di quel lembo di terra che era l’Armenia indipendente, in seguito al trattato di Alessandropoli (oggi Gyumri). I territori del Caucaso dove oggi sorgono Armenia ed Azerbaijan erano però popolati anche da popolazioni turcofone, fra cui gli antenati degli attuali azeri, che vivevano in modo più o meno integrato fra di loro, almeno fino alla radicalizzazione dei nazionalismi locali. In seguito al crollo degli imperi Russo e Ottomano nacquero molti nuovi stati, fra cui l’Armenia, che però era ben più piccola dei territori abitati dagli armeni, e l’Azerbaijan, che occupa comunque un territorio meno vesto di quello degli azeri, che sono diffusi anche nell’attuale Iran. Entrambi i territori vennero conquistati dalla Russia sovietica, che attribuì il Nagorno- Karabakh, in gran parte armeno, come territorio autonomo alla Repubblica Socialista Sovietica Azera. In realtà entrambe le parti, armena ed azera, avevano forti minoranze etniche, e non solo della repubblica opposta. Ancora oggi l’Armenia ospita una forte componente yazida, un gruppo etno-religioso fortemente perseguitato in Medio Oriente. Il periodo di controllo azero venne caratterizzato da forti discriminazioni ai danni degli armeni, che spesso erano costretti ad emigrare. Le tensioni riesplosero in seguito all’indebolimento sovietico: nel 1990 avvenne il Pogrom di Baku, dove i cittadini armeni residenti in città furono massacrati e seviziati dalla folla inferocita. Non furono conflitti legati naturalmente solo ad armeni ed azeri, tutto lo spazio sovietico, ed il Caucaso in particolare, ne venne colpito.  Questa violenza generò un circolo vizioso che fece scoppiare la prima guerra del Nagorno- Karabakh, dove gli armeni (con il supporto russo) riuscirono ad ottenere un’indipendenza di fatto per la regione, ed il resto è storia.

Civili armeni in fuga
Civili armeni in fuga da Baku (fonte: Dmitry Sokolov, TASS)

Le tensioni fra armeni ed azeri hanno finito per coinvolgere tutti i Paesi vicini e non: l’Azerbaijan gode del supporto della Turchia, sempre difensiva sulla questione del genocidio armeno che continua a negare, mentre l’Armenia fino a tempi recenti era alleata della Russia e, in misura minore, dell’Iran, con cui ha una lunga relazione storico-culturale. La vendetta di abusi reali o percepiti è stata spesso accompagnata da un intenso lavoro di revisionismo storico: la Turchia è sempre più attiva a livello internazionale nell’attaccare la memoria del genocidio armeno, e purtroppo sembra con successo, vista anche la sistematica opera di distruzione del patrimonio storico e culturale armeno nei territori occupati dall’Azerbaijan, falsificando le origini linguistiche armene e azere, oppure inventando di sana pianta, come accusare gli armeni dei fatti del sopracitato Pogrom di Baku. Senza voler banalizzare la Shoah rimane tragico che lo sterminio del popolo ebraico sia ricordato ogni anno mentre quello del popolo armeno viene ignorato, e questa situazione è doppiamente tragicomica se si considera che Israele non riconosce come Stato (vi sono state delle prese di posizione individuale però) lo sterminio degli armeni come genocidio. Inoltre, Israele e la Turchia hanno relazioni molto strette (malgrado la recente retorica della Turchia sui palestinesi) e di conseguenza non vogliono innervosire l’alleato con argomenti scabrosi, siano un genocidio, il trattamento delle minoranze in Turchia o il sempre crescente antisemitismo. La motivazione geopolitica e il flusso di denaro sono inoltre fattori determinanti nell’impunità azera.

Azeri che bloccano accesso ad armeni
Soldati azeri che bloccano il Corridoio di Lachin, unica via d’accesso al Nagorno-Karabakh( fonte: Tofik Babayev/AFP/Getty Images)

La diplomazia del caviale

La Turchia e l’Azerbaijan non sono gli unici Stati a cui viene garantita una pressoché impunità. Mentre si potrebbe essere scusati per essere poco informati su aree lontane e con una lunga storia di sangue (come spesso accade in Africa o nel Sud-est asiatico), i conflitti in Medioriente tendono ad attirare molto pubblico, soprattutto perché i Paesi occidentali ospitano ormai sostanziali minoranze di fede mussulmana o etnicamente provenienti da quell’area. Eppure, paragonate alle proteste a sostegno della Palestina, molte delle altre violenze sono quasi ignorate dal grande pubblico. Persino territori più vicini a noi geograficamente e con eventi molto recenti vengono spesso ignorati, sebbene mostrino elementi di cui allarmarsi: nei territori a maggioranza serba nei Balcani vige il revisionismo storico sul genocidio dei bosgnacchi, che viene negato, metà Bosnia è una semi dittatura supportata da Russia e Ungheria e in Serbia le elezioni sono state verosimilmente truccate. Se si pensa alla Turchia non si può poi ignorare la questione di Cipro: il Paese è diviso a metà ed occupato militarmente dalla Turchia da decenni, e questo malgrado la parte meridionale dell’isola sia nell’Unione Europea, quindi passabile di difesa comune. L’indifferenza a queste gravi tematiche con un potenziale esplosivo si piò spiegare solo in parte con la mancanza di un pubblico interessato ma anche con quella che è stata battezzata “la diplomazia del caviale”.

Celebrazione Bosnia Erzegovina
Le celebrazioni del 9 gennaio nella Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, che sarebbero illegali, che ricordano la fondazione del regime separatista in Bosnia( fonte: https://balkaninsight.com/2024/01/09/defiant-bosnian-serbs-celebrate-banned-holiday-honour-hungarys-orban/)

Lo scandalo legato ai politici europei che hanno preso denaro per supportare il Qatar è solo la punta dell’iceberg in termini di corruzione. L’Azerbaijan ha intrapreso una serie di azioni volte a “coccolare” i politici europei, con viaggi e doni. Non è di certo l’unico Paese in tal senso: anche Cina, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Russia, Marocco e purtroppo molti altri hanno avuto comportamenti simili, e non solo in Europa. È semplice dunque: basta dare qualche soldo a chi dà gli ordini ed il gioco è fatto. Questo tipo di comportamento è purtroppo anche in buona fede: si è parlato di corruzione, ma non del fatto che spesso e volentieri vi siano delle strettissime relazioni geopolitiche fra quelle che dovrebbero essere le liberaldemocrazie occidentali e questi Paesi: la Turchia è un partner militare importante che si “tiene” i rifugiati siriani in cambio di fondi; quindi, in termini di realpolitik non sembrano importanti le sue violazioni dei diritti umani, le pulizie etniche fra Siria e Cipro o una “storia vecchia” come il genocidio armeno.

Eva Kaili, europarlamentare greca, uno dei principali imputati del Qatargate( fonte: https://www.repubblica.it/esteri/2022/12/13/news/eva_kaili_destituita_vicepresidente_parlamento_europeo_qatargate-378868359/)

Avere una mentalità del genere però potrà risultare controproducente su lungo termine, visto che è già accaduto. L’Azerbaijan è un partner importante, che però aiuta la Russia ad aggirare le sanzioni; sostenere lo Scià in Persia ha fatto scoppiare la Rivoluzione di Khomeini; la Russia si è armata dopo l’invasione della Crimea e dopo un anno ha avuto il tempo di fortificarsi in Ucraina sfruttando il torpore occidentale; ignorare il regime totalitario in Cina in cambio di una crescita economica su breve termine le ha permesso di creare uno dei più agghiaccianti sistemi repressivi della Storia, militarmente ed economicamente in grado di sfidare i diritti umani ancor più dell’Unione Sovietica. Forse non essere indifferenti ma coerenti è la miglior forma di realpolitik.

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