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In ricordo del professor Salvatore Veca

Giovedì 7 ottobre 2021 ci ha lasciati Salvatore Veca, filosofo e accademico italiano. Particolarmente legato all’ateneo pavese, dal 1990 al 2006 è stato professore ordinario di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Pavia, diventando poi preside della stessa facoltà nel 1999. Salvatore Veca a Pavia è stato anche vicedirettore e coordinatore dello IUSS. Fin dagli anni ’70 Salvatore Veca è stato uno dei punti di riferimento della sinistra non marxista: teorico e militante, ha dato largo spazio nella sua riflessione ai temi legati al realismo, alla giustizia globale e alla sostenibilità. Lo ricordiamo attraverso la lettera omaggio di Simone Nota, che racconta l’esperienza di aver avuto Salvatore Veca come docente all’Università degli Studi di Pavia.

Ho conosciuto il Professor Salvatore Veca solo otto anni fa, come suo studente presso lo IUSS di Pavia. E dunque non sono nella posizione di parlarvi di tante delle vicende principali della sua vita e della sua carriera. Ma non importa. Otto anni sono sufficienti per conoscere i tratti distintivi di un uomo, sufficienti per coltivarne il ricordo.   
A lezione, il Professore parlava spesso della figura wittgensteiniana del “coltivatore di memorie”––una persona, cioè, che assembla ricordi per uno scopo determinato. Poiché l’ho conosciuto principalmente nella sua veste di insegnante, vorrei allora coltivare qui la memoria di Salvatore Veca, riunendo in queste poche righe i miei ricordi di questo grande maestro, al fine di far immaginare vividamente, anche a chi non lo avesse conosciuto in prima persona, le sue virtù.               
La prima virtù del Professor Veca che vorrei ricordare è la seguente. Il Professore era un paradigma, lui stesso, di virtù. Un vero maestro non deve solo trasmettere conoscenza ai propri allievi, ma deve anche, attraverso il suo esempio, fornire loro il metro di paragone di ciò che è giusto e buono––di ciò a cui bisognerebbe tendere. Il Professor Veca era un uomo affabile e caloroso. La sua intelligenza era luminosa e i suoi studenti erano nutriti da quella luce, tendendo naturalmente ad essa.
Era anche un uomo umile. Per quanto consapevole del suo eccezionale intelletto, si “abbassava”, per dir così, al livello di noi studenti, per creare un dialogo costruttivo. Si noti: non saliva in cattedra (come fin troppo spesso fanno i professori italiani), ma si abbassava. In questo si palesava la sua umiltà. Ma non solo in questo. Era amico e collega di molte delle più illustri personalità culturali del XX secolo, nazionali e internazionali. Eppure, non ne faceva mai un vanto. Al massimo, queste amicizie e collaborazioni intellettuali diventavano l’oggetto di qualche gustoso aneddoto a lezione, inframezzandosi a potenti riflessioni su Kant e Rawls.     
Può sembrare stupefacente che un professore universitario si diletti a raccontare aneddoti, rubando tempo alle sue lezioni per suscitare qualche risata. Ma il Professor Veca era una persona dallo spiccato senso dell’umorismo, che sapeva perfettamente che non bisogna mai prendersi troppo sul serio. Che bisogna imparare persino a ridere (come già sapeva anche Nietzsche)––soprattutto quando si fa filosofia!   
Io stesso ho in serbo qualche aneddoto su alcuni divertenti spezzoni delle lezioni del Professor Veca. Come quella volta che, all’inizio di una discussione su Wittgenstein, il Professore esordì dicendo: “Ci sono sei multinazionali del pollo. Ora, se Wittgenstein fosse vivo, e se potesse vedere uno di questi polli, si chiederebbe: ‘Ma è proprio un pollo?’”. Questo, naturalmente, strappò una risata a tutti i presenti. E alleggerì le loro giornate, le loro vite, fosse anche per un istante. È forse questa la ragione per cui episodi del genere ci restano impressi e sono degni di essere raccontati, quando si coltiva la memoria di un uomo.
Ma la più grande virtù del Professor Veca, a parer mio, era il suo sconfinato senso della possibilità. Il Professore sapeva, come già Leibniz prima di lui, che il nostro è solo uno tra i tanti, infiniti mondi possibili. Tuttavia, a differenza di Leibniz, il Professor Veca non si crogiolava nella credenza che il nostro mondo è “il migliore” fra i possibili. Al contrario: era profondamente cosciente delle radicali disuguaglianze che deturpano il mondo attuale. Ma non solo. Le analizzava filosoficamente e cercava attivamente di eradicarle, attraverso la sua azione politica. Questo perché il Professore credeva che non siamo condannati allo stato di cose attuale. Credeva che finché siamo guidati dai lumi della ragione, possiamo immaginare possibilità alternative migliori, anche se apparentemente remote, e provare a concretizzarle. Si tratta di possibilità politiche, economiche, istituzionali, tecnologiche, scientifiche; ma anche religiose, artistiche, letterarie, filosofiche e culturali. Possibilità di vita, in una parola, che il Professore era in grado di farci visualizzare con chiarezza esemplare. Troppo spesso, infatti, siamo ciechi rispetto alla possibilità, e abbiamo bisogno di qualcuno che ce ne ricordi. 
È una beffa del destino che, l’11 ottobre prossimo, il Professor Veca avrebbe dovuto essere insignito ufficialmente del diploma di Professore Emerito presso lo IUSS di Pavia, che ha contribuito a fondare, e dove ha insegnato negli ultimi anni della sua vita. Questo onore il Professore non potrà mai riceverlo di persona, per quanto possiamo ben immaginarci un mondo possibile in cui lo riceva. Ma non importa.          
La grandezza di un uomo non si misura nei termini delle onorificenze che gli sono conferite––o comunque, non solo in questi termini. La grandezza del Professor Veca vive con la conoscenza e le tante altre virtù che ha trasmesso instancabilmente a generazioni e generazioni di studenti. Vive e vivrà con il ricordo di noi giovani italiani, che piangiamo oggi un maestro e un intellettuale senza pari, la cui umanità resterà scolpita nei nostri cuori ben più a lungo di qualsiasi onore possibile.                   

– Simone Nota

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