Università

Il volo di Norman

di Simone Lo Giudice

 

Una morte all’Università di Palermo. È successo lo scorso 14 Settembre presso la sede della facoltà di Lettere e Filosofia. Norman Zarcone, dottorando in “Filosofia del linguaggio” è volato giù dal settimo piano. Il ventisettenne è caduto nella parte interna della facoltà, precipitando sul tetto di uno dei corpi bassi della struttura. Due le direzioni indagate dalla polizia: la prima il suicidio, la seconda la caduta accidentale.
Due studenti hanno raccontato di aver visto Norman intorno alle 16, mentre stava fumando una sigaretta, seduto sul davanzale della finestra al settimo piano dell’edificio. Nemmeno il tempo di raggiungere su per la scale un interpiano (dove gli studenti si ritrovano spesso per studiare). Nessuna finestra richiusasi per un colpo di vento. Si sentono subito le urla di altri colleghi. Forse un incidente, probabilmente un suicidio.
Gli amici più cari hanno parlato del momento di difficoltà vissuto di recente da Norman: sempre meno loquace, preoccupato per il suo inserimento nell’ambiente universitario, terrorizzato dall’idea di rimanere a spasso alla fine dei tre anni di dottorato. Norman era a un passo dall’ultimo esame del percorso specialistico: lo avrebbe sostenuto nel mese di ottobre.
In precedenza si era laureato con 110 e lode.
Il padre Claudio ha individuato la causa più plausibile del suicidio: di recente aveva avvertito la preoccupazione del figlio per la sua situazione lavorativa, aggravata dal fatto che il dottorato non prevedeva borsa di studio. Nei giorni precedenti Claudio aveva provato più volte a rassicurarlo e ne avrebbe voluto parlare nuovamente la sera del 14 settembre, quando il figlio sarebbe rientrato a casa. Ma non ha fatto in tempo.
Nella stanza di Norman è stata recuperata una sua lettera rivolta a un amico. In un passaggio si legge: “la libertà di pensiero è anche la libertà di morire”. Il padre ha ribadito l’inesistenza di altre circostanze personali nel gesto di suo figlio: un ragazzo sano, che studiava otto ore al giorno, che suonava e componeva musica negli intervalli, che aveva una famiglia senza problemi di disagio sociale.

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