Cultura

Nord e Sud, i gemelli diversi

di Simone Lo Giudice

 

Sulla carta sarebbe una pura distinzione geografica. Spesso si rivela un abisso tra la superficie e il fondale. In alto si sta bene, in basso si sta male. “Andar su” per migliorare e “andar giù” per peggiorare. È una metafora entrata nell’uso. In Italia va così, in Francia va al contrario, ma la proprietà commutativa continua a valere. Eppure in ballo c’è anche la teoria della relatività: perchè il mio punto di vista non sarà mai il tuo e viceversa. Dovremmo vivere le differenze prima di metterle all’indice. Perché in fondo siamo tutti figli della stessa terra.

In primis fu “Totò, Peppino e la malafemmina”
Metà Anni ‘50 del secolo scorso: la Seconda guerra mondiale spedita in archivio da più di un decennio e l’Italia alle prese con la sua resurrezione. Finalmente il bim bum bam delle bombe ha abbandonato le scene nostrane per fare spazio al boom economico. È il prologo della rinascita italiana, in realtà sarà solo l’affermazione di una parte del Paese.
Antonio De Curtis e Peppino De Filippo come due compari qualsiasi: astuto il primo e stolto il secondo, ma entrambi troppo napoletani per sbarcare a Milano senza un consiglio autorevole. Ci pensa il mezzano Mezzacapa (dall’appellativo tutt’altro che lodevole) a metterli in guardia, memore della sua esperienza militare in terra milanese: “…è una grande città… c’è un traffico enorme, anzi vi dovete stare accorti, là attraversare una strada è una cosa pericolosa… il clima non è come qui da noi, lì è un clima più rigido, vento, neve, freddo, bufere… e nebbia… a Milano quando c’è la nebbia non si vede!…”.
Il manifesto programmatico del perfetto sudista, che alla fine partirà solo perchè non può farne a meno. Dentro la valigia ci finiscono tanto le tradizioni locali quanto i luoghi comuni esterofobi. Antonio e Peppino si addobbano alla maniera russa, scambiando la rigida Milano per la surgelata Mosca, tanto per paura e poco per convinzione. Ma Totò non si schioda dalla sua ferrea certezza: “A Milano non può fare caldo!”.
Dalla rigidità climatica all’incomprensibilità linguistica: ci spostiamo a Piazza Duomo, ci avviciniamo a un vigile urbano per avere informazioni utili a rintracciare la “malafemmina”. Totò stringe le meningi e sfoggia un pasticcio linguistico come “Bittescèn, noyo volevàn savuàr l’indiriss… ja?”: un improvvisato tedesco, un insicuro spagnolo e un maldestro francese. Perché secondo il napoletano emigrante si parla così a Milano (o forse si deve parlare così).

In secundis fu “Giù al Nord”
Il francese Philippe Abrams nei panni dell’Antonio De Curtis del nuovo millennio. Ancora una volta il freddo Nord è la terra subdola in attesa della vittima di turno. Perché il nostro direttore postale è inciampato nella menzogna, fingendosi invalido (tutto il mondo è paese?) pur di farsi trasferire nella ridente Sanary-sur-Mer, affacciata sulla Costa azzurra. E invece è stato spedito nei pressi di Lille: nella piccola cittadina di Bergues in particolare, in pasto ai famelici Ch’ti soprattutto. Gente piccarda, un po’ “coscì”: apparentemente introversa, in realtà accogliente. Ben presto Abrams cestina il pregiudizio esterofobo, per poi ripiegare la miriade di vestiti polari portati con sé per sopravvivere. Poca nebbia gelata all’esterno, tanta nebbia culturale all’interno.
“Uno straniero che viene a vivere al Nord raglia due volte: quando arriva e quando riparte!”. Adiue Abrams! Che leggere le valigie al tuo ritorno! Dove sono finiti i luoghi comuni che sfoggiavi al tuo arrivo?

In tertiis fu “Benvenuti al Sud”
Da Usmate Velate a Castellabate: una rima baciata che farebbe fischiare le orecchie ai poeti più raffinati. Peccato che Nord e Sud convivano da separati in casa, senza baciarsi mai. Lo sa bene il nostro Alberto Colombo, italiano di nascita e brianzolo di vocazione. La sua musa è il caro Philippe Abrams appena elogiato per la sua conversione al diverso. Ma nel remake italiano c’è in ballo il percorso iniziatico opposto: non più salire dal Sud al Nord, bensì scendere dal Nord al Sud. Perché il signor Colombo ha mentito (tutto il mondo è paese!) ricorrendo a un mezzuccio “alla meridionale”: si è finto paralitico per approdare nella sua Milano. Finirà al Sud, fagocitato dalla tentacolare Castellabate, lontana un migliaio di chilometri dai suoi affetti più cari: il lavoro, la nebbia, il gorgonzola, la sua bela Madunina. Tra il Nord e il Sud c’è di mezzo un’autostrada culturale più dissestata della famelica Salerno-Reggio Calabria. Il signor Colombo è convinto di essersi perso oggi, ma riuscirà a ritrovarsi domani. Imparerà a masticare il dialetto del luogo, amerà la cucina locale, rimpiangerà di essersi portato appresso il giubbotto antiproiettile. Nel compenso sarà costretto a farsi prestare qualche fazzoletto.
“Uno straniero che viene a vivere al Sud piange due volte: quando arriva e quando riparte!”. Da Castellabate a Usmate Velate: tra sentimenti paraleghisti smorzati e pregiudizi meridionalofobi rimossi.

Prima di criticare, prova a conoscere. Ascolta quella parlata stonata, assaggia quel piatto insipido, indossa quell’abito straniero. Non restare Vassallo di un’idea pre-confezionata. Ce lo insegna un sindaco che Vassallo lo è stato solo di cognome: Angelo, il primo cittadino di Pollica Acciaroli, rimasto ucciso da un attentato settembrino, reo di essersi battuto per la legalità nel Cilento. Lo ha tradito la sua terra, quella che lui ha amato fino in fondo. Ne esce a testa alta. Come un sudista che elogia il Nord, come un nordista che apprezza il Sud. Due terre nate dallo stesso parto, anche se non nello stesso istante.
Nord e Sud: i gemelli diversi.

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