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Lo spirito di Napoli in “Gatta Cenerentola”

Napoli è una città estremamente ambigua, divisa fra la sua eterna bellezza e le contraddizioni che non hanno nemmeno cura di nascondersi, che anzi emergono quasi con orgoglio fra le pieghe di una cultura unica al mondo. Con Gatta Cenerentola, Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone provano a darcene una fotografia inedita, intrappolando l’anima partenopea in una fiaba dalle tinte quasi cyber-punk, giocando vivacemente con le opposizioni tematiche. Dopo aver ottenuto due statuette su sette candidature al David di Donatello, vincendo quelle per Miglior Produttore (L. Stella e M. C. Terzi) e Migliori effetti speciali visivi (M.A.D. Entertainment), l’opera ha sfiorato l’ammissione alla cinquina finale delle nomination all’Oscar come miglior film d’animazione; sarebbe stato un ulteriore riconoscimento per un film che, come vedremo, si pone giustamente nella cerchia dei prodotti cinematografici italiani di maggior valore negli ultimi anni.

Gatta Cenerentola è certamente una fiaba, tratta dall’omonimo racconto seicentesco di Giambattista Basile, e del genere conserva la struttura narrativa. Eppure, Rak e i suoi colleghi riescono a trasformare la più antica versione conosciuta di Cenerentola in un’avvincente storia poliziesca sulla Camorra. A tal proposito, inoltre, è interessante notare come la pellicola sia una nuova trasposizione di una fiaba tratta dalla raccolta Lo cunto de li cunti di Basile, da cui Matteo Garrone ha tratto le tre storie per il suo Il Racconto dei Racconti (M. Garrone, 2015).

Il carisma che caratterizza i protagonisti è il vero vanto per la sceneggiatura: in appena 87 minuti ognuno assume una dinamica emotiva individuale perfettamente credibile e gli autori, con squisita furbizia, prendono spunto dalla fiaba per disegnare personaggi profondi e articolati. Basti pensare alla matrigna, la quale si distacca dal classico manicheismo fiabesco per passare, lungo la storia, dal ruolo della persecutrice a quello della vittima. E, fra tutti, è Salvatore Lo Giusto, personaggio meschino, ma anche estremamente intrigante, a svettare sugli altri. Detto ‘O Re, il camorrista è un emblema di quella “napoletanità” che il film tenta di catturare: seducente nel suo essere controverso, mattatore e grande cantante con un microfono in mano, bizzarro ma coinvolgente nello sfoggiare con enfasi un maccheronico inglese, ingannatore e ammaliatore fino all’ultimo respiro.

Gatta-Cenerentola-3L’incredibile antagonista dipinto da Rak ci guida fino al vero cuore narrativo della pellicola, Napoli, le cui sfaccettature si fanno estremamente vive e originali in ogni tavola del film: la città partenopea è ritratta dagli autori come una cupa metropoli futuristica, un gioiello tecnologico deturpato dalla criminalità. Ed è proprio nel simbolo di questo futuro ammorbato, il Megaride, gigantesca nave progettata come polo tecnologico, che si sviluppa la storia. L’imbarcazione, ormai occupata dal sordido locale criminoso gestito dalla matrigna della Cenerentola Mia e dalle sue figlie, è ancora in grado di svolgere la sua funzione originale: registrare ogni avvenimento e riproporlo casualmente sotto forma di ologramma. In tal modo, è l’ambientazione stessa a farsi estremamente eloquente, insistendo sulla dinamica dei contrasti nel proporre ai viscidi occupanti del Megaride i fantasmi della nobiltà che un tempo ospitava nelle sue sale, e con essi anche la storia della sua progressiva decadenza.

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Il crepuscolo di questa atipica Napoli è per gli animatori occasione di sfoggiare un’enorme personalità artistica. La scelta stilistica degli autori si impone in maniera estremamente peculiare; forse non incontrerà il plauso unanime del pubblico, ma è efficace nel riuscire ad emanciparsi sia dall’animazione tipicamente occidentale, sia da quella orientale. Ed è unica anche la colonna sonora di Antonio Fresa e Luigi Scialdone, un incontro squisito fra folk napoletano e rock, swing ed elettronica, ma sempre proposta in chiave dark e fiabesca.

Insistendo sui contrasti e sulle sfaccettature più distanti possibili fra loro, Gatta Cenerentola è una pellicola che riesce nell’impresa quanto mai ardua di sfiorare la sfuggevole essenza di Napoli, se non di tutto il Bel Paese. Impossibile, infatti, non rendersi conto che questa storia è troppo ambiziosa per fermarsi alla dimensione partenopea; essa sembra a tratti celare un racconto ulteriore, quello di un’Italia intera divisa fra la sua ricchezza e le sue deformità. In questo gioiello dell’animazione italiana riposa il cuore antinomico di una cultura eternamente geniale e insieme bizzarra, elegante e al contempo caotica, passionale nelle sue menzogne come nella sua arte.

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