Attualità

Winnie-the-Pooh: storia dell’orso più amato

“The things that make me different are the things that make me, me.”
dice Pimpi

La necessità di stabilire la propria identità è un problema comune ma per Christopher Robin Milne è stata un’esperienza particolarmente difficile. Proprio quel Christopher Robin, protagonista dei libri scritti dal padre, insieme all’orsetto Winnie Pooh.
Lo scrittore Alan Alexander Milne, tornato in Inghilterra dopo aver combattuto nella battaglia della Somme, decise nel 1926 di scrivere un libro per bambini, basandosi sulle storie che raccontava al figlio Christopher Robin, di sei anni.

Proprio dai peluche del bimbo (comprati da Harrods) prese ispirazione per i personaggi che abitano il Bosco dei Cento Acri, tra cui appunto l’orsetto Winnie. Il teddy-bear si chiamava in origine Edward, ma fu così ribattezzato dal momento che Christopher amava far visita ad un’orsa dello zoo di Londra, di nome Winnipeg (Pooh, invece, sarebbe il nome di un cigno incontrato in un’altra occasione).

La storia di quest’orsa merita un libro a parte (e infatti è stato scritto): acquistata da piccola da Harry Colebourn, veterinario canadese arrivato in Europa per assistere i cavali dell’esercito, diventò ben presto una mascotte tra i soldati. Quando fu mandato al fronte Colebourn la affidò allo zoo di Londra. Al suo ritorno scoprì che, grazie al carattere incredibilmente mansueto, era diventata la star dei bambini e decise di lasciarla lì, considerandolo ormai il suo posto.

Fotografia: Lindsay Mattick


Le storie dell’orsetto e dei suoi amici ebbero un successo inatteso: in un mondo scosso dalla guerra, offrivano innocenza, semplicità e un luogo felice dove rifugiarsi. Il prezzo da pagare fu però molto alto per la famiglia Milne. L’autore stesso sarà esasperato dal fatto che questi volumetti di poche parole lo definiranno come scrittore, oscurando tutte le sue altre opere. Ben più grave, usando il vero nome del bambino, A. A. Milne rese il figlio un personaggio pubblico, uno dei bambini più famosi del mondo, e lo diede in pasto alla stampa e ai curiosi. La reazione di Christopher Robin, una volta diventato grande, fu di grande dolore: sentendosi ridotto ad un pupazzo odierà il suo personaggio e i rapporti tra padre e figlio saranno irrevocabilmente rovinati. Alan Alexander Milne morì il 31 gennaio di 65 anni fa.
Christopher combatterà nella Seconda Guerra Mondiale e diventerà poi anche lui uno scrittore: i suoi due libri più noti sono The Path Through the Trees e The Enchanted Places, entrambi autobiografici. Per 30 anni sarà il proprietario insieme alla moglie di una libreria di Dartmouth.

Intanto Winnie Pooh si arrampicava fuori dalle pagine del suo libro: nel 1930 il produttore Slesinger acquistò i diritti per la commercializzazione televisiva e del merchandising, producendo i primi cartoni, bambole e giochi da tavolo. In breve tempo i profitti derivanti dalle vendite raggiunsero i 50 milioni di dollari. Nel 1960 sua moglie vendette i diritti a Disney. Da lì nacquero dieci film, moltissimi cartoni, programmi televisivi, videogiochi e un’ampia gamma di peluche e giocattoli. 

Nel 2001 Disney ha comprato il resto dei diritti– quelli dei libri – per la cifra di 350 milioni di dollari. Nessun diretto parente di Milne ne ha beneficiato, poiché Christopher aveva venduto metà della sua quota di royalties per 200 mila euro e usato l’altra metà per creare un fondo fiduciario per la figlia, affetta da spasticità.
Tra le moltissime lingue in cui sono stati tradotti i libri, spicca addirittura una versione in latino, Winnie ille Pu, che inaspettatamente fu un grande successo.

Da “Winnie ille Pu”

In un sondaggio condotto 7 anni fa in Inghilterra tra più di 2000 adulti, Winnie the Pooh si è aggiudicato il primo posto come libro per bambini più amato. Ma come ha fatto un orsetto un po’ sciocco a scavalcare i confini dell’infanzia e del suo tempo per continuare a divertire lettori di ogni età?

Il personaggio di Pooh è capace di amare profondamente, prova ne sono le moltissime citazioni che troviamo ovunque, pronte per i biglietti di San Valentino. Pooh è anche uno scrittore e compone poesie per i suoi amici, ormai famose anche svincolate dal libro.  Anche lui si trova spesso di fronte a qualche difficoltà (“Oh rabbia!”), ma ci offre un modello di come affrontarle con un’attitudine positiva. E ovviamente lo invidiamo perché si concede frequenti spuntini a base di miele (“It is more fun to talk with someone who doesn’t use long, difficult words but rather short, easy words like “What about lunch?”) e sa come rilassarsi (“People say nothing is impossible, but I do nothing every day.”)

La popolarità risiede quindi nella riconoscibilità dei personaggi: siamo tutti un po’ Winnie, e tutti conosciamo un Tigro, un Pimpi o uno Ih-Oh.
Infine, lo amiamo per lo stesso motivo per cui fu amato dopo la Guerra: in contrasto con il mondo reale, è divertente immergersi in un mondo con poche complicazioni, dove i problemi vengono risolti con umorismo e l’amicizia è alla base di tutto. La deliberata semplicità della prosa e delle illustrazioni ne evidenzia la bellezza e il sottotono riflessivo, basato su arguzia e fantasia, che sono in conclusione la vera chiave del suo fascino e della sua durata.

Pooh and Piglet walked home thoughtfully together in the golden evening, and for a long time they were silent.
“When you wake up in the morning, Pooh,” said Piglet at last, “what’s the first thing you say to yourself?”
“What’s for breakfast?” said Pooh. “What do you say, Piglet?”
“I say, I wonder what’s going to happen exciting today?” said Piglet.
Pooh nodded thoughtfully. “It’s the same thing,” he said.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *