Cultura

Oscar: 83° Edizione

di Giovanni Cervi Ciboldi

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Annata magra. Non che le ultime fossero state particolarmente ricche, intendiamoci, era qualche anno (almeno da Non è un paese per vecchi) che sul podio degli academy non saliva un vincitore degno dei più illustri predecessori. Passi pure la statuetta del miglior film attribuita a The Hurt Locker lo scorso anno per ragioni più americane che cinematografiche, ma quando The Millionaire ne vince 8 è facile intendere che spesso conta di più una scadente concorrenza che i meriti effettivi. Quest’anno si è ripetuto ciò che si era verificato gli scorsi anni.
Al 27 febbraio la situazione era già ben delineata: due pretendenti (Il Discorso del re e The Social Network), un outsider promettente (Inception) e uno meno (Black Swan). Il resto si configura come una lista di nomi sicuramente dignitosi, con qulache exploit particolare (The Fighter) ma altrettanto lacunosi da non poter aspirare a null’altro che la nomination.
Seppur pochi film fossero realmente in grado di concorrere per un premio, era importante che l’Academy riconfermasse la tendenza a preferire pellicole contenutisticamente e artisticamente più pregevoli, anche per prendere il distacco da quelle che sono state le scelte del comitato del Golden Globe, il quale, anno dopo anno, sembra sempre più propendere verso le preferenze del pubblico più consumista.
Così è stato: Il Discorso del re porta a casa il titolo di miglior film, superando il presunto favorito The Social Network, al quale rimangono i premi per il sonoro, per la migliore sceneggiatura non originale (statuetta ritirata da Aaron Sorkin, uno dei più promettenti sceneggiatori dell’intero panorama americano), per il miglior montaggio, inspiegabilmente negato a Inception di Cristopher Nolan (che sul montaggio riflette e basa i propri film: vedere Memento), il quale se ne esce scelto solo per la fotografia (scontata), per il montaggio sonoro e il sonoro generale.
La miglior regia è quella di Hooper per il Discorso del re, mossosi a proprio agio nelle stanze del palazzo reale, che, al suo fulminante esordio, supera il pluriperdente Fincher, vincendo anche per la sceneggiatura originale: film-regia-sceneggiatura, un tris importante che, anche se storicamente riservato a pellicole di maggior pregio, non appare per nulla deprecabile.
Ancora una volta Aronofsky (The Wrestler) fa in modo che i suoi copioni rendano i loro protagonisti sicuri di ottimi riscontri, e infatti Natalie Portman se ne va eletta migliore attrice con Black Swan, mentre The Fighter porta sugli scudi Christian Bale e Melissa Leo, non protagonisti eccellenti. Miglior attore protagonista non poteva che essere il Giorgio VI di Colin Firth.
Nessun oscar a Il Grinta. Chi lo considera come grande sconfitto, pensi a Leone e si ricreda: non è certo una delle migliori opere dei Coen, anche se rimane su standard comunque elevati.
L’ottimo stato di salute del cinema europeo (non italiano) è confermato dalla scelta di In un Mondo Migliore (Danimarca) come miglior film straniero, che sembra rimproverare le tante occasioni perse dal festival di Venezia, in cui ha fatto più scalpore il folklore di un Tarantino sottotono rispetto a una inconsistente vittoria (anche se solo sulla carta) di Somewhere di Sofia Coppola. Al contrario, Cannes e Berlino sembrano mantenere standard avanguardistici e acculturati.
A poche ore dall’avvenuta premiazione, molte sono le discussioni riguardo alle scelte dell’Academy. Ce n’è per tutti i gusti: chi lamenta che i mancati premi a The Social Network simboleggiano il fatto agli oscar non viene premiata l’originalità (perchè mai dovrebbe essere un film originale?), chi insiste nell’affermare che per comprendere Il Discorso del re è necessario guardarlo in lingua originale (in realtà la scuola di doppiaggio italiana ha riconfermato le sue grandissime doti), chi parla di Nolan come di un nuovo Spielberg (paragone superfluo).
Che le discussioni continuino, ma che sia chiaro l’intento dei premi: bene o male, si tratta di conservare la qualità del cinema di mainstream su standard elevati. E ancora una volta l’obiettivo è stato raggiunto.

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