Musica

Linguaggio giovanile nei testi di Sfera Ebbasta, nuovo idolo trap

Tra il 2016 e il 2018 l’Italia adolescente e più main-stream è stata toccata dall’onda musicale della trap, che in pochissimo tempo è diventata una vera e propria moda.

Nato da una costola del rap, la trap nasce come genere musicale negli Usa nei primi anni Duemila, ma si distanzia da subito dal genere-madre: nella trap infatti mancano di norma la prosodia incalzante e l’insistenza metrico-ritmica, che lasciano il posto ad un ritmo più dilatato e rilassato, quasi ipnotico, che rimanda istantaneamente al significato originale della parola trap (nello slang americano indica un luogo dove gli spacciatori di droga mangiano, spacciano, e spesso anche vivono). Nel 2015 il genere è arrivato in Italia ma, come avviene spesso in un’espansione diatopica, ha perso la sua connotazione originale assumendone una nuova nel contesto di arrivo: oggi nel nostro paese spopola grazie a interpreti come Tedua, Dark Polo Gang, Izi,  Sfera Ebbasta o Ghali (proprio in questi giorni è uscito il singolo di questi ultimi due in coppia, Peace & Love).

Sfera Ebbasta è senza dubbio l’idolo e l’icona della trap in Italia oggi: con il suo ultimo album di inediti, Rockstar (uscito nel gennaio 2018), ha conquistato le scene nazionali ed internazionali, ma anche il grande pubblico, è recente infatti la sua esibizione (per altro piuttosto contestata) al tradizionale concerto del Primo Maggio in Piazza San Giovanni a Roma.

La lingua di Sfera Ebbasta (e in generale della trap) si distanzia da quella del rap (argomento di cui la nostra rubrica si occuperà più avanti) per diverse ragioni: manca come già anticipato una prosodia incalzante, e in generale i versi sono più corti rispetto a quelli rap (anche se i testi in media restano ancora piuttosto lunghi); manca inoltre una tendenza a giochi fonetici come bisticci, paronomasie o allitterazioni, ai quali si preferisce piuttosto l’onomatopea («ma ora chiamo Uber, vroom», Uber; «e l’ho lanciata verso di te, pshh», Cupido) o la segmentazione di parole che vengono separate irrealmente nelle sillabe («ti ho colpita, sono Cu – pi – do», Cupido; «brilla in cielo in queste no no no no notti», Notti) o interrotte nella catena fonica («ricchi per semp- uo oh», Ricchi per sempre); l’attenzione alla rima c’è, ma non è così insistente come nel rap (sono piuttosto rare rime interne e sequenze foniche che si ripetono), e in generale è inusuale un atteggiamento ludico o di divertissement, che invece è piuttosto diffuso anche nei settori più “impegnati” del rap; infine nella trap è piuttosto raro il ricorso a figuratività lessicale o a metafore.

Qualcuno ha paragonato la lingua della trap e di Sfera a quella dei cantautori degli anni ’60 e ’70. Le differenze in realtà sono parecchie: le composizioni dei cantautori (soprattutto dei più bravi) erano piuttosto equilibrate e seguivano una metrica tendenzialmente regolare, la trap invece alterna versi di lunghezze piuttosto differenti. Escludendo le diversità di contenuti e significati, ad essere profondamente diverso è il contesto storico: la quotidianità linguistica è penetrata nella canzone italiana proprio grazie ai cantautori, che quindi furono innovatori a cavallo degli anni ’60 e ’70, mentre oggi la colloquialità (anche giovanile) in musica è piuttosto presente a vari livelli, dalla canzone d’autore al più tradizionale Festival di Sanremo, nel pop fino e soprattutto al rap e alla trap.

Sfera Ebbasta in questo senso non fa eccezione: nei suoi testi non mancano intercalari colloquiali (molto presente fra, forma sincopata per fratello, molto in uso tra gli adolescenti: «quando sti soldi fra erano un problema», Notti; «tanto scemo fra per quanto grande», Figli di papà), espressioni gergali giovanili che richiamano situazioni che vivono gli adolescenti («ora sbocciamo, brindiamo, la vita sorride / ogni sera è il mio sabato sera», Notti) all’interno di un più generale ricorso alla collquialità adolescenziale anche più spinta e piuttosto volgare («fanculo il Moët, prendiamo tutto il bar», Rockstar; «sono in giro con gli altri e siamo tutti bastardi», Cupido; «la tua tipa è figa sì», Uber; «la tipa che mi scopo si ammazza di squat», Sciroppo); non mancano di conseguenza i riferimenti alle tecnologie contemporanee, dagli hardware («pusher sul mio iPhone / pute sul mio iPad», Rockstar; «non sono mai stato come quelli là / figli di puttana, figli di papà», Figli di papà) fino al Web e ai Social («tipo un boomerang, ritorni indietro, ti ho superato, ehi», Xnx; «spiano le mie instagram stories», 20 collane; «Io non pensavo al successo né alle views su YouTube», Notti; «La mia tipa nuda guarda Netflix», Peace and love).

Nei testi di Sfera emerge anche una fortissima autoreferenzialità, come se il giovane artista fosse consapevole di essere portatore di qualcosa di nuovo e continuasse a ripeterlo con insistenza al suo pubblico («una tipa chic come te vuole un trapboy come me», Cupido), qualcosa di diverso soprattutto rispetto all’ormai vecchio rap («con questi rapper io ci faccio un frappè, eh eh», Rockstar), anche se il mondo culturale giovanile a cui l’autore fa riferimento non è soltanto quello contemporaneo (tantissimi riferimenti non strettamente legati all’oggi: «Mangio M&M’s, c’ho i capelli tinti come Eminem», Xnx; «C’era un ragazzo che come me / amava i Beatles e i Rolling Stones», Rockstar; «come Cristiano Ronaldo / o Maradona», 20 collane; «come Kurt Cobain, fumo Marlboro Red», Ricchi per sempre). Il pubblico giovanile percepisce i testi di Sfera come reali e autentici perché sono infarciti di uno spiccato autobiografismo («Sono stonato / non so rappare / che posso dire, scusate mi spiace / ho inventato tutto, è tutto falso / Sfera Ebbasta è solo un personaggio», BHMG; «Cresciuto tra quei palazzi lì / ora sto in centro su una macchina nera», Uber; «mi alzavo alle sei, tornavo alle due / ho cambiato case, paesi, lavori / soldi puliti, poi sporchi, poi i video, gli ascolti», Notti), il quale rende i testi (almeno apparentemente) profondamente realistici.

Quello che è fuor di dubbio è che i testi di Sfera rientrano perfettamente nel post-modernismo musicale contemporaneo (scrittura per sprazzi, frammentazione sintattica, contaminazione linguistica e lessicale, spiccato citazionismo), e che sono figli di una generazione incerta, come quella del suo autore, che vive un contesto di confusione culturale e di incertezza lavorativa e ideologica in cui quello che conta sembra soltanto il proprio orizzonte personale e la ricerca sfrenata del proprio successo, anche a discapito dell’altro («Impara a fare da solo, eh / quando non conti sugli altri / impari a prendere il volo se / corri più forte degli altri», Leggenda).

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