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La la land – Polvere di stelle ed un pizzico di malinconia

Stelle, tramonti, luci soffuse e colori vibranti.

Questo è lo scenario attorno al quale nasce e si sviluppa La la land, terzo lungometraggio del giovane regista americano Damien Chazelle, già premiato al Festival di Venezia e ai Golden Globes, e super-favorito agli Oscar.

Dopo aver stupito la critica con Whiplash, storia di un giovane batterista jazz, Chazelle torna tre anni dopo con una storia che fonda le radici sugli stessi temi trattati nella pellicola precedente, vale a dire l’amore per la musica, la bellezza dell’espressione artistica e il coraggio nella realizzazione di un sogno.

Pensato come musical fuori dagli schemi, semplice e leggero, avvolto in un’atmosfera jazz/pop che non può far altro che incantare, La la land è ambientato a Los Angeles,città dei sogni per eccellenza, dell’ascesa teatrale e cinematografica, patria di grandi attori e di memorabili attriciIl titolo non ci informa soltanto riguardo l’ambientazione ma soprattutto ci suggerisce che il film ruota intorno al suono pacato di una melodia tenue, delicata, quasi accennata e forse un po’ malinconica, così come sarà la trama.

Mia (Emma Stone) e Sebastian (Ryan Gosling), protagonisti della storia, si conoscono casualmente e continuano sempre ad incontrarsi/scontrarsi senza volerlo, in una serie di fortuite ed inaspettate coincidenze.

Si incrociano velocemente nel bel mezzo del traffico cittadino e finiscono per amarsi tra le melodie tranquille e rilassanti di un pianoforte vintage di un classico locale jazz.

E’ tutto un continuo divenire di opposti la loro storia, un gioco di antipodi e contrapposizioni: la pace dei tramonti rosa e viola e le feste a bordo piscina, la musica jazz e le code in superstrada, la morte di un sogno e la necessità di farlo rinascere.

Ed è proprio il sogno l’argomento cardine della pellicola.

Mia e Sebastian rincorrono insieme due sogni artistici diversi: lei ama recitare  e viene ripetutamente rifiutata dal cinismo hollywoodiano, lui vive inseguendo l’utopia dell’apertura di un locale jazz, non consapevole della lenta decadenza del genere musicale.

Quando ogni singola cosa però comincia ad andare per il verso giusto, quando improvvisamente sembra che i pianeti siano allineati per la scrittura di un classico finale da fiaba, romantico e strappalacrime, ecco che il sottile strato di magia che si era depositato si sgretola e i nostri protagonisti, e indirettamente noi spettatori, veniamo ri-catapultati in una realtà malinconica e drammaticamente vera.

Ma Chezelle ci dà la possibilità di crearci la nostra personale storia ,ci offre un finale alternativo, un “what if..” avvolto in un sogno colorato, vivace, ricco di atmosfere poetiche e sfumature sfavillanti. Quasi come un quadro dipinge i protagonisti volare tra la Via Lattea e le sue costellazioni, per poi ritornare sulla terra, ballando e canticchiando la melodia da cui tutto ebbe inizio.

Senza nemmeno rendercene conto, la bolla di illusione dentro la quale erano imprigionati Mia e Sebastian è destinata a scoppiare, lasciando al seguito un pizzico di malinconia ma tanta, tanta speranza.

La bellezza e la forza del film stanno proprio qui: nella capacità di riuscire a parlare di solitudine toccando le vette dell’amore, del sogno e della realizzazione dei propri obiettivi.

Perché per realizzarsi a pieno c’è bisogno di amare, perdere, cadere, rialzarsi e sempre, da un nuovo inizio, ricominciare a sognare.

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