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Genitorialità: dal mito ai nostri giorni

Il mestiere di genitore, apparentemente evergreen, oggi si trova ad affrontare un profondo cambiamento, determinato dal venir meno della sua funzione educativa, sostituita da una sempre maggiore tendenza da parte dell’adulto ad “appropriarsi” della giovinezza dei propri figli.

Massimo Recalcati, celebre psicoanalista, nel suo testo Il complesso di Telemaco, ha analizzato questo fenomeno nei termini di un irreversibile tramonto dell’autorità genitoriale.

I genitori di oggi sembrano essersi persi nello stesso mare degli adolescenti, provocando una forte confusione generazionale. Essi rincorrono facili amicizie sui social network, si vestono allo stesso modo dei figli, parlano il loro stesso linguaggio e hanno i loro stessi ideali. Inguaribili Peter Pan, rifiutano l’immensa responsabilità che la loro funzione educativa comporta, inseguendo il mito della giovinezza e della spensieratezza.

Di fronte a questo vuoto educativo, Recalcati ritiene che il figlio di oggi non possa più essere identificato con la classica figura edipica. Non a caso egli intende il complesso di Telemaco come un rovesciamento del complesso di Edipo, poiché Telemaco si emancipa dalla violenza parricida di Edipo e cerca nel padre non un rivale con il quale battersi a morte, ma un augurio, una speranza di giustizia per Itaca.

La figura di Edipo, protagonista della tragedia sofoclea, ha ispirato le grandi contestazioni del 1968 e del 1977, durante le quali il desiderio nutrito dai giovani di un mondo diverso era puntualmente negato dall’autorità genitoriale. Quest’ultima era, quindi, intesa come un’ostruzione della fame di libertà, che può condurre, addirittura, al desiderio della morte del genitore stesso.

Oggi invece ci troviamo nell’epoca di Telemaco. Abbandonato dal padre a causa della Guerra di Troia, Telemaco non smette di attenderlo, nutrendo un desiderio di testimonianza che lo rende simile alle nuove generazioni.

Egli è costretto a convivere con i Proci, i pretendenti della madre Penelope, che spadroneggiano in casa sua. Quella di Telemaco è, dunque, una richiesta di giustizia: nella sua terra non c’è più rispetto, non c’è un ordine simbolico. Egli difende in nome di suo padre la dignità della sua famiglia, dei suoi cari e della sua terra.

Telemaco invoca Ulisse perché necessita una testimonianza di come si possa stare al mondo con desiderio, ma al tempo stesso con responsabilità, sebbene questo comporti l’incontro con l’imposizione da parte del padre di limiti e divieti.

A seguito dell’attuale dissoluzione della differenza generazionale, molto spesso si corre il rischio che i figli di oggi siano privati dell’autorità genitoriale, sostituita dalla figura del genitore-amico. Se, dunque, la vita dei figli può avere un senso solo dopo l’incontro del limite, incarnato dal genitore, come può questo conciliarsi con i cambiamenti in atto?

Il ruolo del genitore è, dunque, quello di trasmettere un’eredità simbolica al figlio, fondata sul senso del limite, inteso non come castigo ma come possibilità della libertà, come fondamento del desiderio e del senso della vita. È solo dopo l’intervento di Ulisse che Telemaco riesce a liberarsi dai Proci e dal godimento fine a se stesso che caratterizza il loro stile di vita, dando un senso alla propria esistenza.

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