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Eran 300, eran giovani e forti…

Tunisia Libya Refugees

Pubblichiamo una lettera che ci ha inviato Mimmo Damiani, volontario del Comitato provinciale di Pavia dell’UNICEF, riguardo l’ipotesi di accogliere nella nostro territorio 300 dei profughi/clandestini sbarcati in questi giorni sulle coste siciliane.

Ben strano il mondo della globalizzazione, tutto si muove, gira, si sposta, miliardi di dollari che galoppano di Borsa in Borsa per ventiquattro ore al giorno; tonnellate di container di tutti i generi di merci da un capo all’altro della terra; perenne movimento di notizie, dati messaggi e bip che attraversano il pianeta; milioni di turisti che vanno avanti e indietro da un meridiano all’altro. Tutto si muove, circola e deve assolutamente circolare, in questa giostra planetaria. Tutto, tutti…tranne che a farlo siano loro: i clandestini. L’unica mobilità che, infatti, oggi è globalmente detestata è il nomadismo dei poveri.

A destra e a sinistra ne parlan sempre male, come se costoro fossero una nuova razza orribile, apparsa all’improvviso sul pianeta terra. Ma i clandestini sono semplicemente uomini e donne, vecchi, bambine e bambini. Molti di loro sono rimasti prigionieri laggiù, in fondo al mare, qualcuno invece ce la fatta ad arrivare all’altra sponda. Pieno si sogni e di timori e di speranza, che c’e’qualcosa, ancora, in cui sperare.

Faccio questa premessa per parlare del problema dei cosidetti possibili profughi/clandestini/persone che il Ministro Maroni avrebbe previsto di “ciondare” alla provincia di Pavia.

Da quel poco che ho letto e capito nessuno li vuole, con diversi accenti del politically correct : forse sarebbe meglio se, aiutiamoli a casa loro, abbiamo già dato, fora di ball.

Essendo tutti reduci di un periodo di celebrazioni risorgimentali mi è subito tornata alla mente la famosa poesia studiata alle elementari che celebra le gesta di Pisacane  “ Eran trecento, eran giovani e forti e …. “ . Anche questi 300 sono certamente giovani e indubbiamente forti. Ci vuole forza e coraggio a salire su quei barconi. Anche loro come i ragazzi italiani dell’800 hanno rischiato e lottato per la libertà. Anche loro sono audaci, come i nostri di un tempo e aspirano a una vita più dignitosa, a una Patria più giusta. 300 audaci o rompiballe, a seconda dei punti di vista. Comunque 300. Non è altro che il numero di una scuola medio-piccola di un qualsiasi Paese della nostra provincia. E di scuole così ne abbiamo centinaia (senza contare quelle con quasi 1000 ragazzi). Insomma è come se dovessimo farci carico di una scuola in più.  Non eravamo diventati “ Pavia Capitale della formazione” ?,  “ Pavia città dei saperi”  ?

Non sarebbe quindi più dignitoso, utile, culturalmente entusiasmante e certamente più umano, occuparcene seriamente come faremmo per dover gestire una nuova scuola della provincia? Invece che questa sceneggiata (a scopi elettorali) a chi le spara più grosse per smarcarci da una responsabilità, non varrebbe la pena e la gioia di ribaltare il ragionamento? .

Eccoci caro Ministro Maroni, siamo noi, la provincia di Pavia, Capitale della formazione e dei saperi!

Li prendiamo noi questi 300. Come fosse un’altra scuola della nostra comunità. Ci daremo da fare per accogliere, ascoltare, orientare, formare, conoscere, capire, farci capire. Ed educarci insieme. Daremo corpo alle intelligenze, energie e generosità della nostra antica Università, dei nostri 190 Comuni, delle nostre 327 Parrocchie, dei nostri ricchi proprietari di case vuote, dei nostri prestigiosi collegi, delle nostre storiche cascine, dei nostri bravi imprenditori, della nostra gente laboriosa, del nostro diffuso volontariato. Trasformeremo un problema in un’occasione, una paura in un’opportunità. Dimostreremo che, quando si vuole, si possono fare cose grandi con sforzi piccoli. Invece di concentrare 300 persone in un ex arsenale o ex qualcos’altro, li faremo inserire in ciascuno dei nostri Comuni della bella Lomellina, del romantico Oltrepò, del Pavese. Una famiglia qua, una persone là, due fidanzati in collina e due amici vicino alle risaie. La Prefettura, la Provincia ed il privato-sociale coordineranno le attività. I preti e gli oratori faranno la loro parte. Con l’Ispettorato del lavoro troveremo il modo per “scambiare” vitto e alloggio con un qualche lavoro temporaneo negli orti e vigneti che stanno rifiorendo o nella cura degli anziani soli o nella manutenzione di edifici pubblici. Certamente tra i 300 ci saranno informatici, insegnanti, meccanici, idraulici, panettieri, infermieri. Insieme agli ospedali, agli artigiani ed agli ordini professionali troveremo anche a loro una collocazione ed un impegno. I medici di base e l’Asl garantiranno la parte sanitaria. I Carabinieri controlleranno. Le scuole e le Comunità di accoglienza si occuperanno dei minori. Le famiglie di immigrati che vivono da tempo insieme a noi daranno il loro impegno. Spazio Musica organizzerà una bella jam-session con i musicisti che sono tra i 300. I Centri professionali di ristorazione promuoveranno una serie di eventi cultural-gastronomici sul tema cibo, convivialità ed intercultura. Il Corso di scienze umane del Cairoli farà una ricerca sull’esperienza e raccogliere le storie di ciascuno. Figazzolo ci monterà su un bel documentario e magari Mino Milani ne tira fuori un libro tra il risorgimento vecchio e quello nuovo. Sarebbe una bella storia. Farebbe SCUOLA ( in coerenza con la presunzione di essere luogo di saperi). Andremo sui telegiornali e da Bruno Vespa per qualcosa di meglio del delitto di Garlasco. E magari anche il salame di Varzi ed il Pinot grigio ne avranno qualche beneficio in termini di notorietà.

Eran 300 eran giovani e forti e …… il seguito spetta noi. A ciascuno e tutti. Speriamo solo che non finisca come con la poesia del patriota Luigi Mercantini.

Mimmo Damiani, volontario UNICEF

3 pensieri riguardo “Eran 300, eran giovani e forti…

  • Se le parole del sig. Damiani diventeranno realtà, sarà indubbiamente una soluzione costruttiva, che appianerà le tensioni tra immigrati e comunità ospitante. L’equilibrio fra questi ultimi è la cosa più delicata da gestire, trattandosi di spartire risorse vitali quali il territorio ed il denaro comune. Una risposta attiva e propositiva come quella dell’UNICEF potrebbe portare ad una soluzione felice sul lungo termine.

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  • Forse, il gruppo è stato già chiuso. Sarebbe una buona notizia!

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