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Cuba, il web e la parola: silenziostampa a singhiozzi

Forse non tutti sanno che per legge a Cuba, come in altri dodici paesi ufficialmente nemici della Rete (Cina, Arabia Saudita, Myanmar, Bielorussia, Corea del Nord, Egitto, Iran, Uzbekistan, Turkmenistan, Siria, Tunisia e Vietnam) internet è off limits. Unica eccezione: la casella email, disponibile però solo presso gli uffici postali. Gli anni di carcere previsti per chi viene beccato ad accedervi illegalmente sono cinque, prolungabili fino a venti nel caso in cui qualcuno dall’alto dovesse decidere che l’accesso illegale tramuta chi lo compie in un pericolosissimo dissidente controrivoluzionario.
C’è qualcuno disposto a rischiare la pelle pur di abbattere il muro di silenzio imposto dal regime: sono i pochi che si rivolgono al mercato nero, disposti a sfidare quotidianamente sistemi di alert complessissimi in grado di dichiararli sovversivi per una parola digitata male. Nei loro blog spiegano, a chi è disposto ad ascoltare, la Cuba dell’intolleranza – e il prezzo da pagare per la censura castrista. Così Yoani, nata a Cuba nel ’75 (fondatrice di una rivista di dibattito malvista dal regime che si chiama Consenso) e disposta a spendere due settimane di stipendio per connettersi un’oretta da un albergo fingendosi straniera. Del suo blog, Generación Y, riporto uno stralcio del post con cui la giovane commenta il discorso di Raùl Castro all’indomani del passaggio di potere:

www.desdecuba.com/generaciony

«…Il ripetersi continuo dei cambiamenti che verranno – mai nominati – e l’allusione ai divieti che saranno eliminati, nonostante per il momento non vengano specificati […]
mi ricorda il tanto agognato bicchiere di latte, promesso per lo scorso 26 di luglio, e ancora assente dalla mia colazione frugale.
[…]
Il fatto, ad esempio, che Machado Ventura sia ora vicepresidente è un indizio del fatto che non saranno né la flessibilità né la sensibilità della nuova generazione a contrassegnare i prossimi passi. […].Nel tentativo di applicare le parole del discorso alla quotidianità della mia esistenza, sono rimasta con quel “basta con le insostenibili gratuità”. La frase mi ha spinto ad avanzare una proposta modesta: cambio le tre libbre di zucchero nero e bianco, i tre chili mensili di riso e la confezione di caffè che mi danno al mercato razionato per una dose maggiorata di libertà di espressione. So che il mio bottegaio si spaventerà quando gli mostrerò la borsa chiedendogli qualche oncia di diritto di associazione, un paio di cucchiaiate di libera opinione e persino una piccola porzione di potere decisionale. Sono certa di sbagliarmi, ma qualcosa di simile è ciò che mi sarebbe piaciuto dedurre dal discorso ascoltato ieri…»

castros.jpg


3 pensieri riguardo “Cuba, il web e la parola: silenziostampa a singhiozzi

  • Scrivi:
    “Gli anni di carcere previsti per chi viene beccato ad accedervi illegalmente sono cinque, prolungabili fino a venti nel caso in cui qualcuno dall’alto dovesse decidere che l’accesso illegale tramuta chi lo compie in un pericolosissimo dissidente controrivoluzionario.”

    Non capisco se si stia parlando di Cuba o della Mailing list di Ink… 😉

    enjoy
    live free
    (or Die Hard)

    Rispondi
  • Cuba vive una situazione difficile dal punto di vista della libertà di stampa e, più in generale, di espressione.

    Uno dei sistemi di censura del web più potenti del mondo è quello cinese, davvero spaventoso: tutti i blog sono controllati, così come le caselle mail, i siti di informazione ecc.

    Fortunatamente qualche varco si sta aprendo sia a Cuba – e l’esempio in questione lo dimostra – sia in Cina, senza dimenticare gli eventi recenti a Myanmar e di cui già non si parla più…

    Che la rete possa davvero scardinare la censura e le violazioni alla libertà di espressione? Forse sì: a un certo punto credo diventerà umanamente impossibile controllare tutto. Le falle si apriranno e si moltiplicheranno.

    Io lo spero…

    Rispondi

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