Attualità

Editoriale/ Se solo bastasse sperare

 

di Giovanni Cervi Ciboldi

 

Meglio fermarsi. Meglio indugiare un poco, prima di lasciarsi alle spalle una pagina appena letta per voltarla e leggere la seguente.

Non esistono modi per immortalare il tempo che non siano sterili sequenze di notizie o immagini. Un tempo che, come un mare, fluttua senza fine. Come una perenne esposizione, con qualcuno che va, e con qualcuno che viene.

Ma noi, dentro a questo grande salone, ci fermiamo. Almeno per un minuto.

Un minuto di attesa per capire se le speranze del popolo libico, all’indomani della caduta della dittatura, corrispondono alle speranze che noi abbiamo per lui.

Un minuto di silenzio per Andrea Zanzotto, davvero l’ultimo degli ultimi superstiti della poetica del ‘900, e il seguente per Marco Simoncelli, la cui tragedia ha mostrato quanto i sogni possano far vivere, ma anche morire.

Un minuto di silenzio per il contegno, e un altro per la misura, che abbiamo perso in una lotta tra poveri, gli uni armati di potere, e gli altri di sassi.

Fermarsi. Mettere in pausa per accorgersi che ciò accomuna oggi e ieri é una speranza troppo spesso tradita, ma che mai perderemo.

La speranza che non esista dittatura da finire con due colpi di pistola, la speranza che una banconota non pesi più così tanto da schiacciare un uomo.

La speranza che lo sport sia solo gioia e non tenga mai più in mano una falce, la speranza che le lacrime al traguardo siano solo di gioia e mai di dolore.

La speranza che i sassi tornino a costruire case, e non a farle crollare.

E quella che la tenaglia dell’estremista o del rivoluzionario sia la parola, come per il poeta.

Che se il mondo fosse un pò meno vario, sarebbe forse ancora più bello.

 

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