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THEY CALL THEM B MOVIES

con il contributo di Mattia Bocchi

Ezechiele, 25:17. Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. […]”

Questa frase non ha bisogno di presentazioni.

Dialoghi avvincenti, sangue dappertutto e personaggi ormai diventati cult: parliamo di Sua Maestà Quentin Tarantino: osannato in tutto il mondo, il celebre regista ha consacrato così il genere Pulp. Ma se vi dicessero che alcune delle scene più memorabili fossero delle citazioni? Prendete carta e penna, fermo immagine e scoprirete una varietà sterminata di omaggi, rimandi e sprazzi di un genere quasi sconosciuto, rinato e glorificato negli ultimi dieci anni.

Parliamo dei B movies: denominati film d’exploitation (“sfruttamento”), nascono intorno agli anni ’30 (anche se il termine “exploitation” viene coniato ufficialmente intorno agli anni ’50) e fanno parte di quelle pellicole definite di serie B, caratterizzate da trame poco elaborate condite con sesso e violenza al limite dello splatter, prodotte in brevissimi tempi e con un budget irrisorio da case di produzione indipendenti.

Tali film si suddividono anche in innumerevoli sottogeneri, differenziandosi in base alle tematiche trattate. Il sottogenere sexploitation, ad esempio, si caratterizza in quanto veicolo per l’esibizione del sesso non esplicito accompagnato dalla presenza di corpi nudi o semi-nudi; il blaxploitation, (termine inventato nel 1971 con l’uscita del film Shaft di Gordon Parks e consacrato l’anno dopo con il film Superfly diretto dal figlio Gordon Parks Jr.) rappresenta un tipo di pellicola che vede come protagonisti attori afroamericani. Tale sottogenere, nonostante di serie B, impegnandosi politicamente e seguendo l’onda delle manifestazioni per i diritti in favore dei cittadini neri, ha profondamente cambiato l’idea e la rappresentazione degli afroamericani nel cinema; il nazi exploitation (o nazisploitation), ambientato durante la seconda guerra mondiale e più nello specifico durante il periodo dell’Olocausto, si caratterizza per la predominante presenza di violenza sessuale, torture e umiliazioni fisiche e mentali da parte dei nazisti. Altro sottogenere fondamentale, soprattutto per la filmografia di Tarantino, è il rape/revenge. Quest’ultimo si distingue da tutti gli altri generi sin qui analizzati per i suoi temi: lo stupro e la conseguente vendetta a seguito della violenza subita. Ciò che contraddistingue il rape/revenge movie è la sua particolare struttura divisa in tre atti: nel primo atto la vittima innocente viene brutalmente abusata sessualmente da una gang di teppisti o da una banda criminale; nel secondo atto la vittima, dopo essere miracolosamente sopravvissuta alla tragedia, si riabilita e prende coscienza dell’accaduto maturando così il desiderio di vendicarsi; nel terzo atto si raggiunge l’apoteosi della smania di vendetta: la vittima trova i suoi aggressori e con inaudita violenza li massacra uno ad uno. Tale genere, come prevedibile, è stato oggetto di numerosissime critiche ma soprattutto è stato vittima di innumerevoli censure: ciò che disgustava e destabilizzava lo spettatore era sia la maniacale rappresentazione dello stupro, riprodotto in ogni minimo dettaglio, sia l’aberrante violenza con la quale la protagonista compiva la sua vendetta. Nonostante le critiche, il sottogenere, come accadde per il blaxpoitation, ha avuto un ruolo fondamentale per la scardinamento di uno dei più temibili tabù della società, consacrandosi così come pilastro dei B movies.

I B movies non nacquero dunque per essere film candidati agli Oscar o per essere acclamati a livello mondiale. Essi nascono come veri e propri film d’intrattenimento, offrendo così ciò che i film di consumo di massa non si potevano concedere.

Parola d’ordine: nessuna regola. Il regista aveva la libertà di scrivere e dirigere ciò che preferiva e, considerando il low budget e l’assenza di computer grafica, vi era posto per la completa creatività artistica e artigianale sopperendo così con l’ingegno alla totale assenza della tecnologia. In questo campo i registi italiani, tra cui Mario Bava, Antonio Margheriti, Lucio Fulci, Umberto Lenzi e tanti altri, sono considerati dei veri e propri maestri, soprattutto da Tarantino.

Ecco dunque una selezione di alcune scene dalle quali Tarantino ha tratto ispirazione.

CHAPTER 1

Bastardi senza gloria – I due Stiglitz – Italian bastard movies

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Il nostro caro Hugo Stiglitz, nome fittizio di uno dei personaggi di Bastardi senza gloria (2009), è in realtà il nome reale di un attore messicano, protagonista di un film di Umberto Lenzi intitolato Incubo sulla città contaminata (1980). A proposito di quest’ultimo film, Tarantino in un’intervista racconta di come il film Planet Terror (2007) di Robert Rodriguez (prodotto da Tarantino stesso) tragga ispirazione dal film di Lenzi. A differenza della classica rappresentazione dello zombie, morto-vivente dall’andatura lenta e sgraziata, Lenzi aveva scelto di utilizzare un altro soggetto che si differenziasse dalla tradizionale idea dello zombie: non più dei “morti-che-camminano” bensì uomini vivi affetti da una forma leucemica provocata da un disastro nucleare, e questa scelta innovativa fu sensibilmente apprezzata da Tarantino.

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Il contaminato Bruce Willis in una scena del film Planet Terror

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Un contaminato nel film Incubo sulla città contaminata

 Un altro nome-omaggio, sempre all’interno di Bastardi senza gloria, lo si può trovare nella scena in cui i bastardi, fingendosi attori siciliani, si presentano ad Hans Landa con i rispettivi nomi di Enzo Girolami (in arte Enzo G. Castellari) e Antonio Margheriti (in arte Anthony M. Dawson).

Il primo nome – Enzo G. Castellari – è quello del regista del film Quel maledetto treno blindato (1978). Questo, però, non doveva essere il titolo originale: il film avrebbe dovuto essersi intitolato Bastardi senza gloria, tanto che fu distribuito in America con il titolo Inglorious bastards; in Italia però, per oscuri misteri di distribuzione, uscì con il nome di Quel maledetto treno blindato, permettendo così a Tarantino di rievocare ed omaggiare – attraverso il titolo – l’opera cinematografica di Castellari.

Il secondo nome è quello di Antonio Margheriti. Il regista, considerato un outsider dalla critica italiana, era conosciuto nel panorama del cinema internazionale per i suoi film di fantascienza, di avventura, horror e azione, ma anche per i suoi trucchi ed effetti speciali senza l’ausilio della tecnologia moderna ma con miniature, modellini o pitture su cristallo.

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 L’attore siciliano interpretato da Eli Roth

Un’ altra scena- omaggio del film la troviamo durante la sparatoria all’interno del cinema nella quale Adolf Hitler (interpretato da Martin Wuttke) viene “mitragliato” in faccia da Donny Donowitz (interpretato da Tim Roth), omaggiando così il regista Lucio Fulci nel film Luca il contrabbandiere (1980), nel quale Marcel Bozzuffi spara sul volto di Ferdinando Murolo.

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Bastardi senza gloria

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 Luca il contrabbandiere

CHAPTER 2

Kill Bill – Giappone – Occhi bendati e insanguinati

Questa pellicola rende omaggio sia ai B movies nipponici, divenuti cult, sia ai rape/revenge movies tra i quali spicca uno dei registi più amati da Tarantino: Jack Hill.

In primo luogo è d’obbligo far notare che la tuta giallo/nera di Uma Thurman è un palese omaggio a Bruce Lee nel film Game of death (1978) (in italiano L’ultimo combattimento di Chen).

Ma un’altra scena, troppo spesso ignorata, celebra i B movies: l’aereo che Beatrix prende per arrivare nella capitale giapponese è un omaggio all’aereo del film Distruggete D.C. 59, da base spaziale ad Hong Kong di Hajime Sato del 1968.

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Il modellino dell’aereo in Kill Bill

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Il modellino dell’aereo in Distruggete D.C. 59, da base spaziale ad Hong KongSi può notare come l’aereo del film Kill Bill sia palesemente un modellino; Questa scelta non è casuale: tale pratica era molto frequente negli anni 60’ – 70’ in molti film, soprattutto di fantascienza dove venivano adoperati questi modellini, e così facendo Tarantino vuole rendergli omaggio

Il personaggio interpretato da Daryl Hannah, Elle Driver, è forse uno dei personaggi più rappresentativi per ciò che concerne le citazioni dai B movies. Elle si presenta con un occhio bendato, omaggiando così due pellicole considerate capostipiti dei rape/revenge movies: Swithblade sisters (in Italia con il titolo di Rabbiosamente femmine) del 1975 e They call her One eye (1973).

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Daryl Hannah in Kill Bill

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Monica Gayle nel personaggio di Patch e nella foto sottostante Christina Lindberg in They call her One eye

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L’attrice protagonista del film They call her One eye è Christina Lindberg, non nuova ai B movies. Infatti l’attrice fu interprete di un film dal nome Sex & Fury (1973) diretto da Norifumi Suzuki, un cult per gli amanti del genere ed uno dei primi film della categoria Pink Violence, amatissimo da Quentin Tarantino, dal quale prese spunto per la realizzazione di Kill Bill citandolo addirittura nella scena del combattimento nel giardino innevato.

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Il duello nel giardino innevato in Kill Bill

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Il combattimento nel giardino innevato in Sex & Fury

Ma non è ancora finita: sempre in Kill Bill vi sono alcune scene che rendono omaggio al film di Lucio Fulci: Paura nella città dei morti viventi (1980). Ad esempio una delle più importanti è quella in cui Gogo Yubari morente piange sangue, riprendendo l’interpretazione di Daniela Doria.

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Chiaki Kuriyama nella parte di Gogo Yubari

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Daniela Doria nella parte di Rosie Kelvin

CHAPTER 3

Grindhouse – Motori bollenti

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La locandina del film Violenza sull’autostrada

Ma ai tempi del tutto o niente, ai tempi di Punto zero, di Zozza Mary pazzo Gary, di Violenza sull’autostrada, macchine vere sbattevano contro macchine vere con dentro idioti veri che le guidavano!”

Citazione non casuale quella di Stuntman Mike, che con questa frase omaggia tre cult road movies degli anni ’70.

Una delle particolarità di Grindhouse sono i titoli di coda: negli Special Thanks appaiono i nomi di Umberto Lenzi, Russ Meyer, Roger Corman, Brian De Palma, Sam Peckinpah, Dario Argento e George Miller. Molto più che una citazione!

L’importanza di Russ Meyer è fondamentale per Tarantino: il regista, capostipite del sottogenere sexploitation, è l’autore di Faster, Pussycats! Kill! Kill! (1965), un importante film di riferimento per i cultori del genere, nel quale tre spogliarelliste girano per il deserto californiano facendo corse clandestine.

Roger Corman è invece il produttore di Anno 2000: la corsa della morte (1975), con protagonista David Carradine (non a caso interprete di Bill in Kill Bill), mentre Sam Peckinpah è il regista di Convoy – Trincea d’asfalto (1978). In questo film il protagonista è un camionista che esibisce un papero sopra al motore, stesso papero presente anche nella macchina di Stuntman Mike.

I film d’expliotation dunque non sono più solo semplicemente di “serie B”. Tali film, girati in poco tempo e senza particolari attenzioni, dalle trame più svariate sempre intrise di violenza e sesso, hanno goduto di una pessima fama fino al decennio passato per poi essere riportati in auge e riapprezzati in tutto il mondo. Questo grazie a Tarantino: da ottimo cineasta, il regista ha fondato la sua filmografia sulla filmografia, mostrando al grande pubblico delle pellicole che rischiavano di essere dimenticate per sempre. I B movies hanno dunque acquisito un valore più grande del mero intrattenimento in quanto ormai parte della storia del cinema, con la consapevolezza che essa non è più fatta solo dai grandi nomi e dalle grandi storie, ma anche da piccoli film, così incredibilmente attuali, esilaranti e, ammettiamolo, terribilmente affascinanti.

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In alto il papero della macchina di Stuntman Mike, in basso quello di Martin “Rubber Duck” Penwald


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