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EN EL IMPERIO GASOL NO SE PONE NUNCA EL SOL

1556.Felipe II de España, “Rey prudente”, diventa re. Il suo immenso regno, anche a seguito della conquista del Portogallo, nel 1580, si estende per tutto il mondo. Dalla penisola iberica ai Paesi Bassi, dal Milanesado alle Filippine, passando per i possedimenti d’Inghilterra e Irlanda della moglie Maria II, fino al Nuevo Mundo. Per questo Felipe II disse: «En mi imperio nunca se pone el sol». Poteva guardare a est oppure ovest, nel suo impero il sole non tramontava mai.

2015.All Star weekend. Domenica sera, 15 febbraio. New York city, Madison Square Garden. A contendersi la palla due iniziale ci sono due catalani: Pau e Marc, il loro cognome è Gasol. Fratelli tanto simili quanto diversi, in campo e fuori.
Esempio, notte di Natale per i due allora pargoli Gasol: Pau prende il primo regalo, lo scarta accuratamente (perché la carta si può sempre riutilizzare) e poi passa il secondo, il tutto mentre Marc aveva già rotto i primi due dopo aver buttato nastri, fiocchetti e carta per tutto il salone.
Caratteri opposti, fenomeni unici: nessun europeo era mai partito titolare all’All Star Game.
THE RHIME OF PAU & MARC

Su Pau nessuno aveva dei dubbi: la terza scelta al draft 2001 di Memphis sarebbe diventato un gran giocatore, infatti, dopo qualche stagione, arrivò la firma con i Lakers. Qui però per il fratello maggiore dei Gasol iniziarono i problemi: Los Angeles vive di soap-opera e reality-show e i Lakers, che sono un po’ entrambe le cose, sono l’attrazione principale. Prima finale in carriera: persa. La stampa lo attacca e lo addita a principale causa della sconfitta; la sua risposta arriverà l’anno successivo e quello dopo ancora: primo titolo NBA e poi, repeat, secondo. Fino allo scorso anno, dove bollato bollito, viene mandato a Chicago: ai Bulls trova motivazioni e la pozione di eterna giovinezza, firmando anche il record personale di punti a 35 anni: 46.

Molto diversa invece la storia del “gordo” (soprannome, in spagnolo significa “grasso”, che fu affibbiato a Marc a inizio carriera). Il fratello minore, anche visto il fisico degno di un pingue otre, a inizio carriera non veniva considerato nemmeno lontanamente alla stregua del fratello. Invece Memphis (sì, sempre lei) vide qualcosa e comprese l’importanza di questo ragazzo, fu affiancato a Zach Randolph (ala grande della squadra) formando una perfetta coppia di lunghi. La consacrazione definitiva arrivò con la prima convocazione all’All Star game (2012) e il premio di miglior difensore dell’anno (2013).

Pau-e-Marc-Gasol-672x372Fratelli diversi.
Pau: mano morbida, sublime conoscenza del post, «miglior giocatore di pick&roll della lega» secondo Kobe Bryant e stile regal-principesco (a tratti, in difesa, rasentando l’indolenza).
Marc: mano morbida, eccellente smistatore (praticamente un playmaker aggiunto i 2,16 metri) con vergognosa capacità di lettura del gioco.

Un abbraccio prima di scendere in campo all’All Star game, prima palla a due e poi niente più scherzi. Perché tutti vogliono vincere, soprattutto contro il proprio fratello. Perché forse, a fine stagione, i due fratelli potrebbe anche contendersi la palla a due iniziale più importante: quella delle finals. Chicago-Memphis non suonerebbe tanto male.

Difficile? Molto, anche perché non dipende solo e soltanto da loro due.
Impossibile? Nulla lo è con i Gasol.
Pau è probabilmente l’unico giocatore nella storia ad aver fatto uscire dagli stracci l’abate zen Phil Jackson; Marc, invece, ha convertito magicamente e senza aiuto alcuno da parte di Vanna Marchi svariati chili in tonnellate di talento.
Molto diversi, entrambi fenomeni: i fratelli Gasol, nel loro impero il sole non tramonta mai.

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