Pavia

Ciclo Mafie 2012: incontro con il magistrato Nicola Gratteri

di Stefano Sette

Giovedì 11 ottobre si è svolta nell’Aula Magna dell’Università di Pavia la seconda serata del ciclo Mafie 2012, dal titolo  “‘Ndrangheta, prospettive di lotta presente e futura”, a cui hanno partecipato il magistrato Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto presso il tribunale di Reggio Calabria, e il giornalista de L’Espresso Paolo Biondani. Il dibattito si è aperto con una breve storia dell’ndrangheta dall’Unità d’Italia ad oggi, raccontando episodi di violenza, stupri e ruberie da parte dei piemontesi nell’Italia meridionale, per poi soffermarsi sulla struttura dell’organizzazione – composta da famiglie patriarcali in cui diventa difficile trovare un collaboratore di giustizia – e sui rapporti tra imprenditori e boss locali, per cui se un imprenditore (o un commerciante) non chiede l’autorizzazione al capo ‘ndrangheta, come minimo gli viene rovinata la vetrata del negozio. Ci si è soffermati sui mutamenti dell’organizzazione dagli anni’60 ad oggi, dovuti in gran parte al cambiamento della società che ha consentito ai figli e ai nipoti dei boss di studiare e laurearsi, con la conseguenza di emigrare al Nord Italia e radicare la propria attività sia nel campo industriale che in quello politico istituzionale: alcuni esempi sono stati gli arresti di 2000 persone a Milano tra il 1992 e il 1994 (più della metà ha avuto una condanna definitiva). Il dottor Grattieri, dopo essersi dichiarato favorevole all’accorpamento delle Corti d’appello, ed essersi soffermato sul fatto che il rito abbreviato è un regalo alla criminalità organizzata, perché consente lo sconto di un terzo di pena agli imputati, ha proposto alcune soluzioni – oltre all’abolizione del rito abbreviato – come la creazione di strutture per tossicodipendenti, la possibilità di collocare i militari attorno alle carceri per evitare eventuali vie di fuga, e l’attuazione dei trattati bilaterali in modo che gli imputati stranieri scontino la pena nei rispettivi Paesi d’origine. Un’altra soluzione proposta è il lavoro carcerario come rieducazione per i mafiosi, ad esempio pulire le spiagge nel periodo primaverile-estivo, e la possibilità di informatizzare i servizi dei tribunali, mentre alla domanda del pubblico sull’abuso dell’utilizzo del concorso esterno in associazione mafiosa ha risposto che spetta al legislatore stabilire i confini di quel reato, dopo aver valutato i singoli casi.

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