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“LA VALSE”, “SYMPHONY IN C”, “SHÉHÉRAZADE”: “BALLETTI DI PRIMAVERA” ALLA SCALA DI MILANO

Dal 19 aprile al 13 maggio, è stato messo in scena al Teatro della Scala questo spettacolo di tre atti di durate diverse, costituiti da tre balletti differenti, rappresentato dal magnifico Corpo di Ballo dell’Accademia e dall’Orchestra del Teatro diretta da Paavo Järvi, nella sua prima collaborazione milanese.

La Valse, sulle musiche di Maurice Ravel, rappresenta una nuova produzione del Teatro nonché un nuovissimo progetto dell’Accademia, cominciato proprio quest’anno e che verrà portato avanti nelle prossime stagioni con lo scopo di coltivare i talenti coreografici dei ballerini scaligeri. Infatti, la coreografia – frutto di sperimentazione artistica – è stata del tutto elaborata e creata da Stefania Ballone, Matteo Gavazzi e Marco Messina, prima allievi e poi diplomati all’Accademia e facenti ora parte del Corpo di Ballo da molti anni. L’idea è quella mettere in scena una danza corale, nata da una rielaborazione del pensiero di Ravel di “un volteggiare fantastico e fatale” in chiave più moderna e sperimentale. Colori sfavillanti e luminosi, in un’atmosfera buia ma non completamente, una scenografia “a scivolo” che ha permesso ai ballerini di danzare su livelli differenti del palco e ai coreografi di sperimentare passi e sequenze che sfruttassero la pendenza. A interpretare ‘una donna’ è Mariafrancesca Garritano, in arte Mary Garret, una delle più famose ballerine soliste del Teatro.

Symphony in C ritorna alla Scala con la partecipazione in alcune serate del primo ballerino étoile Roberto Bolle, sulle meravigliose musiche che Georges Bizet compose a soli diciassette anni. La coreografia è quella che George Balanchine realizzò presso la School of American Ballet nel 1947, andata in scena per la prima volta lo stesso anno all’Opéra de Paris e che vediamo oggi ripresa da Colleen Neary, direttore artistico del Los Angeles Ballet. Il balletto è composto da quattro movimenti: allegro vivo, l’adagio, lo scherzo allegro vivace e ancora l’allegro vivace. L’atmosfera è candida, ballerini e ballerine – solisti e non – danzano avvolti dal bianco, senza alcuna scenografia, a differenza della prima trasposizione che li vedeva indossare differenti colori sfavillanti – per ricreare un’atmosfera di sfarzosità ed eleganza legata a Le Palais de Cristal (primo titolo del balletto) – a cui però lo stesso coreografo rinunciò negli anni successivi per adottare i colori neutri del bianco e del nero. Per trenta minuti si ammira un tripudio di bellezza e  perfezione delle geometrie e delle simmetrie, equilibri e virtuosismi, il tutto volto ad esaltare la purezza classica.

Da ultimo, Shéhérazade, dal clima sensuale e passionale, ci trascina nel fascino dell’Oriente a coronare una serata all’insegna di grandi classici del balletto novecentesco. Sulle musiche composte da Nikolaj Rimskij-Korsakov nel 1888, si rappresenta l’antefatto del libro di racconti Le Mille e Una Notte ambientato presso la corte dello shah di Persia, che per vendicarsi del tradimento della moglie, sposa una nuova vergine ogni giorno per poi farla uccidere. Il balletto racconta quindi il tradimento di Zobeide, prima moglie dello shah, messa da lui alla prova per accertarne la fedeltà. Fingendo di partire per una battuta di caccia assieme al fratello, durante la propria assenza lo shah fa aprire le porta della città agli schiavi, fra i quali si trova anche il bellissimo Schiavo d’Oro. Al loro rientro, i due fratelli sorprendono l’interno harem coinvolto in un’orgia al cui centro si trovano Zobeide e l’affascinante Schiavo. La reazione del sovrano, preso dall’ira e dall’odio, è quella di uccidere tutto l’harem, gli schiavi e da ultimo anche Zobeide, che per dignità preferisce togliersi la vita da sola con un pugnale. La coreografia originale fu realizzata da Michel Fokine per la compagnia dei Ballets Russes nel 1910 e già da allora presentava moltissimi elementi innovativi tipici della stessa compagnia e dei suoi coreografi – per i quali furono costretti ad andarsene dalla Russia: al fine di rendere al meglio l’impatto drammatico e una maggiore espressività artistica, Fokine curò nel particolare ogni dettaglio dei movimenti, creando passi nuovi più adatti a rendere la narrazione e quindi più fluidi e sensuali – ma soprattuto inusuali. Oggi la vediamo completamente ri-coreografata da Eugenio Scigliano, nel suo debutto alla Scala, che ha espresso la volontà di rendere non solo la sensualità e la passione intrinseche del racconto, ma anche il tema della violenza e dei soprusi sulla donna, scaturita dall’odio verso il genere femminile da parte del sovrano in seguito al tradimento subìto. I colori dominanti sono il rosso e il nero, a creare un’atmosfera tra la lussuria e l’odio, il piacere e la morte. L’interprete di Zobeide: Virna Toppi, che con grande eleganza, quasi angelica, ha saputo rendere allo stesso tempo i caratteri predominanti del personaggio, un’innata sensualità e grande determinazione e dignità,  il tutto reso più credibile dal capello sciolto e selvaggio, che spesso si vede stretto tra le mani e tirato con furore, in un segno di prigionia e violenza che esplode in un momento di forte drammaticità.

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