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Fuoco cammina con me – Il prequel di Twin Peaks da (ri)scoprire

Come tutti sanno Twin Peaks, con i suoi personaggi stravaganti e surreali vicende, è stata un’autentica pietra miliare della storia della televisione nonché la madre di tutte le serie tv moderne, esercitando un’influenza ancora oggi ben lontana dall’essere esaurita. Le prime due leggendarie stagioni (1990-1991) furono un successo globale e riscrissero in modo rivoluzionario le regole della serialità televisiva; la terza – dopo anni di speranza e trepidante attesa da parte dei fan – è in corso in queste settimane e rappresenta probabilmente l’ultima parola di David Lynch sulla sua creazione più fortunata, e forse più in generale sul mondo dell’arte (ha già dichiarato che non sa ancora se tornerà dietro alla macchina da presa). Solo gli appassionati più attenti ricorderanno però che Twin Peaks è anche un film, ovvero Fuoco cammina con me (in originale Twin Peaks: Fire Walk with Me), prequel scritto e diretto dallo stesso Lynch e dedicato al racconto degli ultimi sette giorni di vita di Laura Palmer. La pellicola venne presentata al Festival di Cannes 1992 e, com’è noto, accolta da pesanti fischi dal pubblico e nette stroncature da parte della critica. Tutt’ora viene considerato uno degli esiti meno felici della carriera del regista, forse il meno felice insieme al travagliato Dune del 1984. Fuoco cammina con me invece non è soltanto un misterioso oggetto di culto per i fan più accaniti, ma un’opera assolutamente da rivalutare, sfaccettata e ambigua, capace sia di arricchire in maniera originale la mitologia della serie sia di anticipare per atmosfera e tematiche i capolavori che verranno, dall’oscuro Strade perdute fino al monumentale Inland Empire.

Il film si apre con un’immagine che non potrebbe essere più esplicita, una dichiarazione d’intenti pari al celebre taglio dell’occhio di Un chien andalou: un televisore va in frantumi, a segnalare che no, ciò che seguirà non sarà Twin Peaks la serie tv, ma Twin Peaks il film. Dopo un lungo ed enigmatico prologo, all’apparenza slegato dal resto della vicenda e arricchito dal fulminante cameo di David Bowie nei panni dello stralunato agente dell’FBI Phillip Jeffries, la storia, compiendo un salto temporale di un anno, si sposta finalmente a Twin Peaks, parte l’inconfondibile sigla firmata da Angelo Badalamenti e subito incontriamo Laura Palmer (Sheryl Lee, magnetica come sempre), ex reginetta del liceo e perfetta ragazza acqua e sapone, invischiata però in loschi affari. È lei la protagonista del film, mentre il Dale Cooper di Kyle MacLachlan, protagonista della serie, viene relegato a un paio di brevi apparizioni. In realtà, che la bionda studentessa non fosse solo una vittima innocente del Male che si annida nella città, ma lei stessa una figura caratterizzata più da ombre che luci, lo si era già scoperto gradualmente nel corso della serie. Qui però Lynch ha davvero l’occasione di focalizzarsi su di lei, delineando il ritratto di un personaggio a due volti, puro e corrotto allo stesso tempo, emblema perfetto della cittadina dove tutto è doppio, a partire dalle montagne gemelle che le danno il nome. Sesso e droga rappresentano l’unica via di fuga possibile per un’anima ormai irrimediabilmente lacerata, capace di passare in un attimo da dolci parole d’amore alla più cupa depressione e isteria. Laura, così bipolare e sfuggente, è il vero cuore pulsante (e sanguinante) del film, e attorno al suo dramma ruotano come satelliti la madre, il fidanzato, le amiche, i compagni di scuola, gli spacciatori. Tutti inevitabilmente risucchiati dalla spirale (auto)distruttiva della ragazza. Ed è davvero straziante assistere alla sua graduale presa di coscienza del fatto che l’uomo che da anni la visita di notte per violentarla, il famigerato demone Bob, è in realtà una persona che lei conosce benissimo. Stupro e incesto, i veri temi soggiacenti Twin Peaks, emergono qui in tutta la loro dirompente violenza.

Non a caso il tono è molto diverso da quello della due stagioni televisive: i momenti di leggerezza e ironia scompaiono del tutto, lasciando il posto ad un alone di morte e di ineluttabilità che aleggia per tutta la durata della pellicola, nonché ad autentici squarci di surrealismo, con scene scollegate tra loro o apparentemente incomprensibili. Tra rose azzurre e bambini mascherati, la decisa virata verso l’onirico e il puro simbolismo è evidente. Una delle scene più evocative è quella del sogno premonitore di Laura, nel quale la ragazza scopre che “il buon Dale” è in trappola nella Loggia Nera, con riferimento a quanto succede nel finale della serie e, quindi, contravvenendo a qualunque continuum temporale. Lo spettatore, colpito da un turbinio di suoni e immagini stranianti, perde progressivamente le coordinate, la dimensione del sogno (o dell’incubo) irrompe nel reale e lo contamina. Di fatto il film è un lento e angoscioso climax verso il tragico finale, nel quale viene mostrato ciò che tutti si aspettano (ma non per questo l’impatto è meno scioccante), ovvero il brutale assassinio di Laura per mano di Bob, in una scena notturna davvero agghiacciante e visionaria. Non ci sono speranze di salvezza, perché la storia e il mito esigono la morte di Laura; Twin Peaks (il film) finisce dove Twin Peaks (la serie) inizia, con il ritrovamento di un corpo freddo avvolto nella plastica. Nella Loggia Nera il buon Dale Cooper non può che provare a consolare un’affranta Laura, il cui pianto si trasforma infine in una commovente e liberatoria risata alla vista di un angelo. L’incubo, almeno per lei, è finito.

Fuoco cammina con me è un gioiello nascosto ma brillantissimo nella filmografia di Lynch, un capolavoro da recuperare e riapprezzare prima della visione della terza stagione, di cui rappresenta una fondamentale premessa. È, per usare le parole del regista del Montana, una “torta di ciliegie avvolta nel filo spinato” regalata a tutti i fan di Twin Peaks.

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