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Wes Anderson, un’analisi in 7 capitoli

Qualche giorno fa la nota azienda svedese di abbigliamento H&M ha diffuso online un breve video pubblicitario preparato in occasione delle feste natalizie. Il video dal titolo Come Together è girato dal regista hollywoodiano Wes Anderson e vede come protagonista principale Adrien Brody nel ruolo di Ralph, capotreno dell’H&M Lines Winter Express.

Chiunque si imbatta nel video senza essere informato sull’identità del regista potrebbe riconoscere comunque al primo sguardo che si tratta di un lavoro di Wes Anderson  (ovviamente se già a conoscenza del suo stile caratteristico). Il cineasta statunitense utilizza infatti delle tecniche di narrazione, ripresa e di messa in scena particolari che lo rendono immediatamente riconoscibile. Ma quali sono questi suoi tratti inconfondibili? Proviamo a ricercarli e a suddividerli in capitoli, come  farebbe d’altronde il regista, seguendo il video pubblicitario:

Prima di una analisi è però necessaria una premessa: Wes Anderson è un polo che non permette indeterminatezze, ha caratteri così marcati e peculiari che non è possibile apprezzare o disprezzare in parte, o si ama o si odia, o si adora o si rifiuta.  Al netto delle critiche che si possono muovere alle sue opere (dalla sovrabbondanza di estetica che tende ad inibire la trama dei film alla messa in scena tendente alla esagerazione fumettistica, assolutamente irrealistica, addirittura estremizzando rappresentazione “immorale”  eccessivamente leggera, ingenua e sciocca in commedie fini a se stesse, mero esercizio di stile autocelebrativo) e discostandosi dalla volontà di dare eventuali giudizi positivi o negativi, non può però di certo essere negato che il suo sia uno stile particolare, caratteristico e caratterizzante.

Un’ulteriore premessa prima dell’ analisi, innanzitutto è bene evidenziare che un tratto marcatamente rilevante, una sorta di macro-insieme di quanto diremo in seguito, è il tentativo di regolare le ambiguità della narrazione e della vita stessa in uno schema ordinato e equilibrato.  Nei film di Wes Anderson tutto è rivestito da un alone di indefinitezza e di enigmaticità, a cominciare dai personaggi: i buoni presentano dei tratti oscuri così come coloro che dovrebbero essere i cattivi non lo sono mai fino in fondo (i buoni non sono buoni davvero, i cattivi non sono cattivi davvero cantava Niccolò Contessa nella canzone “Wes Anderson” de I Cani*), le commedie non sono commedie, i drammi non sono drammi, e i finali sono agrodolci (Ancora I Cani*). Tutto vive in una costante e imperitura indeterminatezza che viene bloccata e controllata in un sistema di equilibrio. Le immagini sono costruite con uno schema rigido riducendo, in un certo senso, le possibilità della disposizione a una sola e unica ovvero lo schema perpendicolare e simmetrico. Tutto viene rinforzato da una tavolozza colori essenziale, pochi colori caratterizzanti che si susseguono e inseguono tra una scena e l’altra.  È un tentativo di ordinare il mondo. L’ordine che, attraverso la sua messa in scena, il regista impone alla narrazione di un mondo ambiguo diventa una istanza di ordine intrinseca alla narrazione stessa. Veniamo ora ai tratti caratterizzanti:

  • CAPITOLO 1: IL MODELLO PERPENDICOLARE

La prima inquadratura del video Come Together ci mostra (minuto 0.02)  la fiancata del treno ripresa con la macchina in posizione perpendicolare, al centro della inquadratura una finestra da cui appare, dopo aver sollevato una tendina, Adrien Brody. In seguito dopo uno zoom della macchina comincia un dialogo. Abbiamo già davanti agli occhi una caratteristica precipua di quello che potremmo definire lo stile “Wes Anderson”. Partiamo da lontano: a volte capita di trovare in alcuni film delle inquadrature con la camera posta frontalmente e perpendicolarmente rispetto allo spazio da riprendere, l’idea chiave è che l’ambiente e le persone non siano osservate da un angolo obliquo ma che tra la camera e i personaggi e tra la camera e lo sfondo si formino degli angoli retti. Caratteristica di questa inquadratura è la marcata rigidità, caratteristica che permane anche se l’inquadratura è organizzata in profondità. Come sottolineato dal critico cinematografico statunitense David Bordwell, questo particolare uso della camera è una strategia usata soprattutto in passato, Jean-Luc Godard era solito utilizzarla, come l’ esempio sotto riportato tratto da Il Disprezzo, pellicola del regista francese del 1963

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si può ritrovare anche in un capolavoro come Barry Lyndon film del 1975 diretto da Stanley Kubrick

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ma a volte, anche se più raramente, viene utilizzata in opere più recenti per ricreare effetti particolari, vediamo per esempio Shutter Island del 2010 di Martin Scorsese

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Wes Anderson ne fa un uso quasi ossessivo, pare non conosca via d’uscita, il suo è un utilizzo a senso unico, ogni inquadratura ricrea il modello perpendicolare.

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  • CAPITOLO 2: IL RACCORDO TRA MODELLI PERPENDICOLARI

Il passaggio all’interno della cabina del capotreno (minuto 1.41) ci da occasione per far luce sul “secondo capitolo” dell’ipotetico stile Anderson: nonostante il cambio di inquadratura la macchina mantiene il modello perpendicolare. Come dal seguente esempio tratto da Grand Budapest Hotel il regista mantiene l’inclinazione verticale inquadrando i soggetti e semplicemente cambiando punto di posizionamento della macchina.

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In un’altra scena dello stesso film è possibile notare l’ uso di tecniche particolari di stacchi e di raccordi per mantenere il modello perpendicolare in ogni inquadratura del montaggio. Se i personaggi sono posizionati uno di fronte all’ altro la camera viene posta come se fosse seduta al centro tra i due dialoganti, come se per guardarsi negli occhi guardassero attraverso l’obiettivo.  Per esempio, abbiamo una inquadratura laterale che ci mostra entrambi i soggetti  e in seguito due inquadrature frontali.

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Le composizioni mantengono quindi la stessa impostazione ed il modello perpendicolare, il nostro occhio non si perde e continua a muoversi all’interno dello schema prestabilito.

  • CAPITOLO 3: IL PIANO SEQUENZA

Dal minuto 0.50 Anderson attraverso un piano sequenza ci mostra, sempre da oltre il finestrino, varie stanzette del treno con dei personaggi all’interno, l’H&M Lines Winter Express ci viene mostrato come una sorta di casa delle bambole dove dentro ad ogni vano è posto qualche oggetto, qualche giocattolo, qualche evento, ogni sguardo della macchina è il racconto di una piccola storia che lo spettatore non può comprendere completamente ma di cui ha qualche indizio: persone che stanno viaggiando per tornare a casa, per rivedere qualcuno (le fotografie delle “persone a casa” in ogni cabina) e per portare loro dei pacchi regalo. Una scelta simile era stata usata dal regista per mostrarci la Belafonte in tutta la sua grandezza nelle battute iniziali di  The Life Aquatic with Steve Zissou – Le avventure acquatiche di Steve Zissou. L’oceanografo Steve Zissou, interpretato da Bill Murray, presenta parlando direttamente al pubblico il suo vecchio cacciatorpediniere della 2° Guerra Mondiale acquistato dalla marina americana e adattato per diventare mezzo idoneo alle sue ricerche documentaristiche, la Belafonte appunto. In mano ha un modellino della sua stessa imbarcazione, modellino che da lì a breve visiteremo. La camera  ci porta all’interno di una sezione architettonica della nave e la voce narrante descrive ciò che viene mostrato. La sezione del CT è caratterizzata da numerose stanze, occupate sempre da uno (o più di uno) membro dell’equipaggio intento a compiere una azione didascalica che ci mostra il suo ruolo e racconta la suo storia. Come dicevamo, un’altra caratteristica dello stile Anderson (ben riconoscibile in entrambe le sequenza) è di dare degli indizi agli spettatori, di metterli a conoscenza della molteplicità delle storie  possibili, spesso con dei piani sequenza. La pellicola non è altro che un frammento, un momento nella vita di personaggi, vite che proseguono, che hanno un passato e un futuro, ciò che lo spettatore vede è un crocevia di storie.

  • CAPITOLO 4: LA SIMMETRIA

Tra le caratteristiche compositive ricorrenti nelle opere di Anderson non si può prescindere dal sottolineare la ricorrenza della simmetria bilaterale, caratteristica imperante ed elemento fondamentale nella definizione del linguaggio cinematografico del regista. In realtà nel video pubblicitario della azienda di abbigliamento non c’è una inquadratura che esemplifichi ed espliciti perfettamente l’uso della simmetria, abbiamo dei discreti esempi al minuto 1.20 o 3.42 oppure dal minuto 3.28. Ma il regista spesso raggiunge, nei suoi film, dei livelli di costruzione simmetrica dettagliatamente definiti, fino a sfiorare la assoluta perfezione,  che la rendono un importante tratto assolutamente distintivo. Possiamo vederne degli esempi da The Royal Tenenbaum e Grand Hotel Budapest.

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In particolare la disposizione simmetrica, o tendente alla simmetria, viene utilizzata per le inquadrature affollate di personaggi che vengono posti  in una disposizione che potremmo definire a livelli piuttosto che su una linea singola, come vediamo negli esempi tratti, nell’ordine, da Moonrise Kingdom, Fantastic Mr.Fox e The Life Aquatic with Steve Zissou

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La simmetria spesso, come analizzato ancora da Bordwell, è strettamente legata, quasi una conseguenza diretta, dell’approccio planimetrico/perpendicolare, possiamo trovare esempi  ne Il passo sospeso della cicogna di Theodoros Angelopoulos, pellicola del 1991

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così come in Tardo Autunno (Akibiyori) di Yasujiro Ozu del 1960

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Solamente Jean-Luc Godard, come anzidetto frequente utilizzatore del modello perpendicolare, romperà puntualmente la tendenza a costruire simmetrie.

  • CAPITOLO 5: I CARTELLI/CAPITOLI

Al minuto 2.43 un cartello ci informa che, sul treno, sono passato 19 minuti. Negli script del regista statunitense che ondeggiano tra il reale e il surreale, in bilico come l’ elefante della filastrocca che si dondolava appeso al filo di una ragnatela, un’ennesima costante è l’utilizzo maniacale dei cartelli. Scritte didascaliche che conduco a una sorta di predisposizione alla catalogazione, contribuendo alla molto frequente suddivisione in capitoli dei suoi lungometraggi. Questa suddivisione in capitoli/episodi collima con la successione del tempo per sfalsamenti spazio-temporali e conduce il film a una esposizione che trova corrispondenza nella narrazione teatrale o nelle modalità di narrazione della letteratura. Vediamo due esempi da The Royal Tenenbaum

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  • CAPITOLO 6: I COLORI

Nella messa in scena di Wes Anderson la cura per i colori è maniacale, la composizione visiva ha una logica estetizzante. Le scene appaiono come sequenze di curati dipinti, ognuno dotato di una propria tavolozza di colori specifica e di uno schema costruttivo coerente (esiste una simpatica pagina tumblr dedicata alle palettes del regista:  http://wesandersonpalettes.tumblr.com/?og=1  ). I colori pastello creano uno spazio/tempo onirico che rafforza il carattere enigmatico dei personaggi e delle storie, un esempio dal video pubblicitario al minuto 1.07. L’attenzione alla messa in scena di Anderson ricorda la cura maniacale di Peter Greenaway, ma se il cineasta britannico è un pittore lo statunitense è un fumettista. In Greenaway la pellicola diventa una tela dipinta: la carnalità, l’intensità dei contrasti cromatici, le luci dei pittori fiamminghi del seicento (Rembrandt, Rubens), e le ombre di Caravaggio. Greenaway è interessato ad un mondo erotico/freudiano, al sesso e alla morte, Anderson invece rivolge il suo sguardo all’adolescenza/pre-adolescenza (o agli effetti dovuti agli eventi di quel preciso periodo dell’esistenza), all’innocenza. Vediamo un confronto tra due esempi tratti rispettivamente da Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante del 1989 di Peter Greenaway e Moonrise Kingdom.

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  • CAPITOLO 7: GLI ATTORI

Chiudiamo questa sorta di catalogo di caratteristiche peculiari con una considerazione sugli interpreti. Le opere di Anderson presentano un insieme di attori ricorrenti, il regista porta all’estremo il concetto di attore feticcio. Possiamo citare come esempi emblematici i fratelli Owen e Luke Wilson presenti fin dal primo cortometraggio (Owen è anche amico fraterno di Anderson, suo compagno all’Università di Austin e coautore delle sceneggiature di molti film) e Bill Murray, attore icona nonché il più presente nella filmografia del regista americano, ma anche Jason Schwartzman, Seymour Cassel, Anjelica Huston, Willem Dafoe, Edward Norton, Harvey Keitel, Tilda Swinton, Bob Balaban, e  poi ancora Adrien Brody che difatti, a conferma della ricorrenza degli interpreti, ritroviamo, come già detto in precedenza, nel ruolo del capotreno Ralph dell’H&M Lines Winter Express e infine il caratterista indiano Kumar Pallana presenza costante dal primo corto Bottle Rocket del 1996 fino alla sua scomparsa nel 2013. Questa sorta di famiglia cinematografica forma una vera e propria catena di attori/personaggi che ritornano, che si fanno eco da un film all’altro e diventano più familiari film dopo film.

 

* al link che segue troverete il video della citata canzone Wes Anderson de I Cani, gruppo romano composto (in studio) sostanzialmente dal solo Niccolò Contessa.  È un finto documentario sotto forma di videoclip che ha come argomento una altrettanto finta patologia dal nome Disturbo di Wes Anderson o Sindrome WA, la quale sussisterebbe in una degenerazione che colpisce coloro che, dopo la visione delle pellicole, cominciano a credere di essere personaggi dei film del regista. Tale patologia sarebbe stata studiata, identificata e definita nella pubblicazione “The Real Life With a Real Steve Zissou” del ricercatore tedesco Ralph Hutter (“stranamente” quasi omonimo del leader dei Kraftwerk, Ralf Hütter). Il videoclip è stato girato imitando le tecniche di Anderson ed evocando le trame e i personaggi dei suoi film.

 

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