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Voci dall’interland milanese: una vita da pendolare

Ormai il nuovo anno accademico è iniziato da un mesetto e, bene o male, tutti si sono già riabituati ai ritmi stressanti della routine quotidiana. Tutti tranne una categoria particolare di individui: i pendolari (specie se appena entrati a far parte dell’oscuro mondo di binari, passanti e coincidenze). Sì, perché se chi ha già passato la fase di “rodaggio” iniziale ormai si è abituato alla vita da pendolare, coloro che si rapportano per la prima volta con questa dura realtà sono ancora convinti di vivere in una specie di universo parallelo dove il mattino in realtà è la notte, il Sole è la Luna e il sedile del treno è il comodo e caldo lettuccio di casa. Salvo poi rendersi conto col passare del tempo che, purtroppo, questo incubo è la realtà e lo sarà per un tempo non meglio precisato anche in futuro.

All’inizio il pendolare novellino (quale esempio migliore di una matricola universitaria?) non vede l’ora di strisciare sull’obliteratrice la sua tessera magnetica nuova di pacca e sentire il famoso “tic” della convalida. Quando fiuta l’avvicinarsi del controllore a un vagone di distanza non sta più nella pelle: estrae il tesserino dall’apposita tasca, rigorosamente a portata di mano e, ancora prima di intravedere il “body guard” del controllore (sulla tratta Milano- Pavia non manca mai, anzi si presenta munito di armatura pronto a difendere il suo protetto da qualsiasi nemico), lo sventola ai quattro venti ostentando il suo essere un viaggiatore modello, munito di abbonamento con tanto di ricevuta.

Trascorre il viaggio ascoltando la musica mentre ammira sorridente il paesaggio fuori dal finestrino; vede il sorgere del Sole uscendo dalle stazioni sotterranee di Milano e contempla il cielo azzurro dei campi pavesi, motivo per cui è ancora convinto che Milano e Pavia si trovino in due regioni diverse. Una volta giunto in stazione, perfettamente in orario, scende dal treno con la grazia di un ballerino classico e, leggiadro, si dirige verso l’università fantasticando su cosa farà durante la pausa pranzo e altri temi di effimera importanza come la pace nel mondo o la salvaguardia delle balene.  Al termine delle lezioni poi, contento e soddisfatto della sua giornata, il pendolare ritorna in stazione. Ad aspettarlo, in anticipo, il suo treno previdente, sul primo binario, pronto ad accoglierlo e riportarlo a casa.

Un mese dopo, inspiegabilmente, il bicchiere mezzo pieno del pendolare si è svuotato e le balene non sono più così importanti. Il treno per Milano è stracolmo, nemmeno l’ombra di un pezzettino di parete per appoggiarsi. La coincidenza per Pavia è in ritardo, dieci minuti, un quarto d’ora, mezz’ora e quando arriva, il pendolare sale sul treno già sudato per aver corso su e giù dai binari visto che gli annunci sui tabelloni si divertono a “giocare a nascondino”, sparire e ricomparire qualche decina di binari più in là. Sull’ S13 trova posto vicino al finestrino, ma non per ammirare il paesaggio esterno, solo per disporre di più luce per studiare.  Sul sedile accanto, infatti, si erge una pigna di libri di tutte le materie: uno ad uno il pendolare li sfoglia cercando di assorbire il maggior numero di nozioni nei cinquanta minuti di viaggio a disposizione. La missione però si rivela più ardua del previsto: le palpebre si chiudono, la testa cade in avanti, così tutti i buoni propositi vanno a farsi benedire. Quando riapre gli occhi crede di trovarsi sul treno del ritorno tanto è buio. Purtroppo sono solo le 8, la giornata è appena iniziata. All’entrata dei campi pavesi banchi di nebbia avvolgono il treno in una surreale atmosfera da film dell’orrore. La meta però è vicina; guarda l’orologio e inspiegabilmente sono quasi le 9: com’è possibile che abbia accumulato così tanto ritardo? Finalmente il capolinea: ancora prima che il treno si fermi, il pendolare si è già fiondato sulla porta più vicina pronto a sgattaiolare fuori e a correre per arrivare a lezione almeno entro il quarto d’ora accademico. Durante il tragitto la mente è ancora troppo annebbiata dal sonno arretrato e tutte le energie vengono impiegate nella corsa, non c’è tempo per pensare. Mentre passa per l’ennesima volta davanti alla vetrina della pasticceria si ripromette che prima o poi percorrerà quella strada senza correre e, allora, entrerà finalmente per coronare il suo sogno.

Al termine delle lezioni di nuovo di corsa per la stazione; manca un minuto alla partenza del treno e sta per varcare la soglia quando scopre che il Milano Bovisa ha deciso di cambiare binario…corsa fino al 4! Finalmente seduto è pronto a tornare a casa e tira un sospiro di sollievo. Peccato sia solo lunedì!

 

Claudia Agrestino

Sono iscritta a Studi dell'Africa e dell'Asia all'Università di Pavia. Amo viaggiare e scrivere di Africa, Medioriente, musica. Il mio mantra: "Dove finiscono le storie che nessuno racconta?"

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