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Vita di st(ud)enti [3] – Anni da Papera (e non solo)

Io trascorro la mia vita studentesca tra Pavia e la mia cittadella d’origine. In periodo di lezioni, alloggio presso il Collegio Universitario S. Caterina da Siena. Visto dall’esterno, non è un gran che; ma, all’interno, l’ambiente ha un aspetto domestico che mi mette a mio agio. La struttura comprende anche un mensa; disertarla occasionalmente per una “pizzata sociale”, però, è un classico.

Rivedo la mia famiglia ogni finesettimana. In questo, potrei considerarmi più fortunata rispetto a chi viene dal Sud Italia. La distanza tra Pavia e il mio paese, infatti, può essere percorsa in un’ora e mezza, in autostrada. Sconsigliabile il treno, per la mancanza di linee dirette.

Comunque, in questi anni, preferisco godermi la vita fra coetanei. La mia routine collegiale è piuttosto tranquilla: siamo “solo” una settantina e tutte ragazze. L’anno più adrenalinico è stato sicuramente il primo. Se dovessi riassumerlo in tre parole, esse sarebbero: “lista”, “panda” e “Heavy Samba”. La lista era quella recante i nomi delle mie compagne: naturalmente, andava imparata a memoria e (altrettanto naturalmente) io facevo “gaffes” stratosferiche nel recitarla. Il “panda” allude al mio travestimento più famoso (e calzante) durante la goliardia collegiale. Certamente, è stato più credibile della mia performance in vesti di Shakira (peraltro, applaudita).

“Heavy Samba”, infine, era la canzone mimata in grande stile da noi “ragazze dell’ ’89” davanti alle compagne, alla rettrice ed alla vicerettrice. Gli Articolo 31 non compongono esattamente testi da serata istituzionale, ma “semel in anno licet insanire”.

Da matricola surreale che ero, sono diventata una “nonna” al quinto anno di università. Una “Nonna Papera”, per la precisione. A Pavia, non è un mistero che il S. Caterina sia detto “Papera”. Secondo gli psichedelici occhi borromaici, infatti, il grifone sul nostro stemma assomiglierebbe a detto pennuto.

Da parte mia, cerco di non pensare all’imminente fine della vita studentesca. Maschero la mia nostalgia della giovinezza frequentando le matricole e gioco alla maternità con una di loro, che sarebbe la mia fotocopia, se non fosse per l’accento tortonese. Giusto per allargare la “famiglia”, ho adottato altri due “figliocci”. Il mio fidanzato se n’è fatto una ragione.

Il bello dell’essere una studentessa fuori sede, sicuramente, è anche potersi gestire le serate libere senza supervisioni familiari. Io partecipo a tre o quattro feste all’anno; faccio onore al buffet e consumo le calorie sulla pista da ballo. Lascio, però, la palma della vittoria ai veri discotecari abbonati.

Mi piace molto partecipare  alle iniziative culturali ideate da studenti (anche) fuori sede. Da Genova, per esempio, viene il fondatore dell’ “Associazione Cinema per Pavia”. Ad Alessandria è nato l’iniziatore degli incontri intitolati “Poesia al tavolino”; il continuatore è legnanese ed è lo stesso che organizza performance poetico-musicali a Radio Aut.

Di questo genere è il pepe che aggiungiamo alla “zuppa pavese”. Se ciò non bastasse a farci perdonare il nostro poco (?) di scompiglio dai pensionati locali, “credete” (manzonianamente) “che non s’è fatto apposta”.

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