Pavia

Veni, vidi…

di Alessio Labanca

Quasi casualmente, un giorno di fine settembre, uscendo di casa, dimentico le magiche cuffie in-ear con le quali sono solito isolarmi dal mondo pur di non sentire baggianate alla fermata dell’autobus (sì, provo un odio viscerale verso i discorsi futili, di circostanza o discussione di persone che non sanno nemmeno cosa significhi “avere buon senso”; un adorabile misantropo) o, peggio ancora, i lunghissimi discorsi e le contorte chiacchiere da comari delle due vecchiette che puntualmente si siedono dietro di te e, non curanti delle altre persone (che anzi, vogliono rendere partecipi del loro vissuto e delle loro scoppiettanti vite da pensionate in una scoppiettante città), cominciano a tenersi aggiornate sulle famiglie altrui.

Mentre maledicevo me e la mia fretta, mentre percepivo come rumore di sottofondo le vicende di un ragazzo che dopo un anno di liceo scientifico ha deciso di mollare tutto (si fa per dire, è stato bocciato, in realtà) e frequentare un istituto alberghiero (dove ha ricevuto anche bei voti, a detta della cara nonna – lo dico solo per dovere di cronaca) capisco che in realtà la giornata, e forse la mia esistenza tutta, stava per cambiare e da quel giorno continuo a dimenticarle a casa. Fidatevi: vogliatevi del bene, fate come me.

Insomma, si scoprono tante cose, se ne imparano tante altre: immaginavo che allontanandomi da casa per mille e più chilometri per motivi di studio (mi piace moltissimo assistere a scene spassosissime quando qualcuno mi chiede “Torni a casa questo week-end?”) avrei senza dubbio fatto esperienza di tante cose nuove, ma mai fino a questo livello.

Prestate orecchio a chi ha un po’ di esperienza in più di voi, scoprirete ben presto (con vostra grandissima sorpresa) che “Eh, signora! L’ignoranza è figlia della superbia!” (captata per caso in un discorso tra due anziane signore – sì, quelle che amano tanto sedersi dietro di te).

Ma prestate anche naso e vivrete esperienze sensoriali che la gran parte delle persone (“purtroppo” o “fortunatamente”, giudicherete voi) ignorano: abbandonatevi al piacere dei sensi e inspirate a pieni polmoni in un autobus qualsiasi, che sia sufficientemente affollato, la mattina presto; un mix di caffè, sigarette e (incredibile) gorgonzola inebrierà le vostre terminazioni nervose, facendovi pentire immediatamente di essere nati.

Fate attenzione alle vecchiette che si siedono nella parte sinistra dell’autobus: tra di loro potrebbe essercene una che una volta ha affermato “Ah, guardi, se non siedo dietro l’autista, lo stomaco mi fa sottosopra!”.

Chiudo questa parentesi riportando l’ultima perla di saggezza ascoltata (ultima nel senso che dopo questa avrei preferito non avere le orecchie per sentire altro, tutto il resto è noia, insomma): “Eh, quando si nasce gemelli… i difetti vengono divisi”.

Ma nei primi mesi da matricola impari anche che non tutti (con grande rammarico) hanno ricevuto la tua stessa istruzione, e lo fai nel peggiore dei modi: senti persone che si chiedono “Ma perché usiamo seno e coseno per calcolare le componenti di una forza?” (avrei voluto tanto rispondere “Come vuoi che cuociamo la pasta? Con o senza acqua?” ma le circostanze non lo permettevano).

E per la categoria “Meglio tardi che mai”: impari che le crisi sulla scelta possono venire quando meno te l’aspetti, conoscendo ragazze che stanno per laurearsi in Lettere classiche che durante una lezione di Chimica Inorganica ti rivelano “Sì ma in realtà non è quello che voglio fare” (se ci stai leggendo, ciao Cristina!).

Ho imparato (o meglio, lo ha fatto mia madre) che a mandare “beni di conforto” quali barattoli di ragù (mi fido poco dei sughi che non siano  stati cucinati dalle mani di mia madre) tramite corriere senza averli imballati per bene, si rischia di piangerne qualcuno andato irrimediabilmente perso durante il viaggio (della speranza, direi). L’altra faccia della medaglia è che i corrieri, nel caso in cui dovessero sorgere problemi sulle consegne (come è capitato) sono ben propensi a lasciarti il pacco, notando un rivolo di olio scivolare da un lato del pacco (facendoti ricordare le vecchie scene di meridionali che partivano per il nord in cerca di un nuovo futuro, con una valigia di cartone con un angolo stranamente unto e profumato…).

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