Attualità

Venerdì profano #7 – Il colpo in canna di Maurizio Lupi

Non il terrorismo, né i rastrellamenti di Erdogan, nemmeno la crisi bancaria italiana. 

A preoccupare Maurizio Lupi, capogruppo di Area Popolare, stampella “portante” governo-Renzi, è la legalizzazione delle droghe leggere. 

Lunedì 25 luglio, infatti, in Parlamento si discuterà una nuova legge che andrebbe a riformare la Fini-Giovanardi, reintroducendo la differenziazione tra droghe pesanti e leggere, aumentando le soglie di possesso per le seconde, per le quali produzione e distribuzione sarebbe affidata allo stato. 

«Area Popolare ha presentato oltre 1.300 emendamenti per dire “no” all’assurda proposta sulla cannabis. Siamo assolutamente contrari alla legalizzazione, al messaggio che si vuol far passare, che ci si può fare uno spinello liberamente senza problemi. Per questo non condividiamo per niente la ratio e l’impianto del provvedimento in discussione alla Camera, né dal punto di vista della salute pubblica né da quello del contrasto alla criminalità organizzata». 

In realtà la ratio legis non é affatto quella «che ci si può fare uno spinello liberamente» (tant’è che non viene affatto proposta la “legalizzazione”), ma nasce proprio con l’obbiettivo di difendere la salute pubblica e lottare contro le organizzazioni criminali (per approfondimenti rimando al sito del gruppo interparlamentare Cannabis Legale).

«Le nostre modifiche – continua turbo-Lupi – sono rivolte a riaffermare alcuni principi cardine: non esistono droghe leggere, fanno tutte male. L’uso terapeutico è un’altra cosa che trova il nostro sostegno sul piano della salute pubblica». 

Per quanto riguarda «l’uso terapeutico», chieda cosa ne pensa alla propria collega di partito, nonché Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin; riguardo la differenziazione tra droghe leggere e pesanti, oltre che dalla logica (aristotelica, medica e etimologica), è stata richiesta anche dalla Corte Costituzionale italiana: perché mai un ragazzo dovrebbe rischiare vent’anni di galera per uno “spinello” è qualcosa che sanno Lupi, Giovanardi e qualche dittatore di matrice ultra-religiosa da loro tanto disprezzato. 

Ignora, inoltre, il garantista Lupi che un terzo dei detenuti che affollano il nostro sistema carcerario sono dentro in virtù della Fini-Giovanardi: quindi, o gli italiani sono ancora fermi agli anni sessanta, o la nostra legislazione in materia è ben più arretrata e superata rispetto agli anni sessanta (oppure si è scelto, in uno dei paesi più corrotti dell’occidente, di perseguire alcuni reati in maniera più feroce rispetto ad altri). 

Lupi invita poi a riflettere «delle comunità di recupero per i tossicodipendenti, decisamente contrarie, in virtù della loro esperienza, a ogni ipotesi di legalizzazione di qualsiasi tipo di droga. Quanto all’argomento che così si toglierebbe il mercato della droga alla criminalità organizzata, mi fido di uno che di lotta alla criminalità organizzata se ne intende, il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri secondo il quale ‘anche con la liberalizzazione la marijuana venduta in farmacia costerebbe il doppio rispetto al mercato nero’». 

Lupi dimentica però quanto è stato detto (a lui e ai suoi colleghi di governo) dalla DNA, Direzione Nazionale Antimafia, che «esprime un parere positivo per tutte le proposte di legge che mirano a legalizzare la coltivazione, la lavorazione e la vendita della cannabis e dei suoi derivati», «si ha il dovere di evidenziare a chi di dovere, che, oggettivamente, e nonostante il massimo sforzo profuso dal sistema nel contrasto alla diffusione dei cannabinoidi, si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva»: «attualmente, il sistema repressivo ed investigativo nazionale, che questo Ufficio osserva da una posizione privilegiata, è nella letterale impossibilità di aumentare gli sforzi per reprimere meglio e di più la diffusione dei cannabinoidi. Ciò per la semplice ragione che, oggi, con le risorse attuali, non è né pensabile né auspicabile, non solo impegnare ulteriori mezzi ed uomini sul fronte anti-droga inteso in senso globale, comprensivo di tutte le droghe, […] ma, neppure, tantomeno, è pensabile spostare risorse all’interno del medesimo fronte, vale a dire dal contrasto al traffico delle (letali) droghe “pesanti” al contrasto del traffico di droghe “leggere”. In tutta evidenza sarebbe un grottesco controsenso» (parere ufficiale indirizzato al Governo, pro. 2021/2016). 

Non ricordando meno quel che Don Gallo, il “prete di strada”, che lavorando con i tossicodipendenti, tra un “Cantico dei drogati” e altro, fino al 2013 ripeteva con forza: «Nessuno si libera da solo, nessuno libera un altro: ci si libera tutti insieme. In una globalizzazione dei diritti, in una partecipazione democratica» (e magari bastasse un po’ di marijuana nel pesto). 

«Nessuno poi – conclude Maurizio Lupi – ci assicura che l’accesso facile alle sostanze cosiddette ‘leggere’ scongiurerebbe il salto verso le droghe più pesanti. Certo, ci sarebbe un risparmio sulle spese di polizia e della giustizia, ma a quale prezzo?». 

In realtà, gli studi che sono stati fatti in Colorado e Washington (due degli stati USA che recentemente hanno provveduto alla “legalizzazione”) hanno mostrato che l’abbattimento di misure protezionistiche ha portato a una diminuzione del consumo (per altro riscontrabile anche dagli studi fatti in Portogallo, che nel ’95 depenalizzò tutte le droghe), soprattutto tra i più giovani e giovanissimi; una diminuzione dei reati; un aumento della produttività sul lavoro; e svariati miliardi nelle casse governative. 

Una mela al giorno leva il medico ti torno. 

Uno spinello leva la mafia, senza nemmeno bisogno di fumarlo: basta la possibilità di scelta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *