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Venerdì Profano #20 – Hillary, Donald e il candidato che ha già vinto

Mancano poche settimane alla chiusura della campagna elettorale statunitense e io, non so voi, non ho ancora capito che vestito mettermi per l’occasione.
I due candidati, reduci dall’ultimo dibattito televisivo prima delle elezioni, intravedono ormai lo striscione del traguardo.
Da una parte abbiamo una persona che viene percepita come falsa, inaffidabile, parte dell’élite, della cui situazione familiare sono note le controversie, fervente interventista, che parla della possibilità di eliminare fisicamente i giornalisti sgraditi e sulla cui elezione alle Primarie di partito sono emerse parecchie zone grigie.
Dall’altra, Donald Trump.
Quel che accomuna realmente Hillary e Donald, tuttavia, al di là della cura per la bionda chioma (anche se sulla maniacalità della Clinton in materia un dubbio sarebbe più che mai legittimo), è la loro impopolarità. Secondo i sondaggi, infatti, sono i due candidati meno popolari della storia delle elezioni americane da quando esiste questo tipo di rilevazione. Addirittura, secondo un sondaggio, solo il 14% degli elettori americani percepirebbe la candidata democratica come sincera e affidabile (per intenderci, il 15% degli americani crede nell’esistenza del Big Foot).
Due candidati simili a due carte da gioco, che necessitano della presenza l’un dell’altra per restare in piedi, nella speranza che un colpo di vento – o l’ennesima soffiata – non faccia cadere entrambi.
Fin’ora è stato così.
Il Presidente del Partito Democratico si dimette perché emerge che durante le primarie s’è cercato di boicottare la campagna dell’outsider Dem Bernie Sanders e Trump viene sospettato di aver evaso il fisco statunitense per almeno diciotto anni.
Si parla della scarsa trasparenza che contraddistingue la fondazione della Clinton, si scopre che Trump annovera tra i propri partner economici parenti sauditi di Osama Bin Laden.
Emerge che Hillary, da capo della diplomazia americana, accarezzava l’idea dell’utilizzo di un drone per eliminare Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, che è «un bersaglio facile, uno che se ne va in giro a ficcare il naso ovunque, senza temere reazioni da parte degli USA» e Donald parla dei vantaggi e della facilità che avrebbe un miliardario ad accarezzare una gentil pulzella, possibilmente sposata.
Una nota pubblicità di una corporation americana direbbe: impossibile is nothing. Anche se, davvero vicini all’8 novembre, dato un margine di 6,5 punti percentuali in favore di Hillary, la rimonta del newyorkese sembra ormai impossibile (sarebbe la più grande nella storia delle elezioni americane dall’esistenza dei sondaggi).
A vincere le elezioni USA, tuttavia, e questo pare ormai certo (non sarà nemmeno la prima volta, per altro), non saranno nè Hillary, nè tanto meno Donald. A trionfare sarà l’astensione, che ragionevolmente potrebbe raggiungere e superare il 50%.
Che vinca Trump, che vinca Clinton, insomma, a perdere sarà ancora la maggioranza degli elettori.

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