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Venerdì Profano #18 – l’Ilva che (ti) respira

Diceva George Bernard Shaw che i segreti meglio custoditi sono quelli che tutti conoscono. E che l’Ilva di Taranto inquini non è certo una novità.

«L’esposizione alle polveri industriali è responsabile di un +4% di mortalità. In particolare: un incremento del 5% di mortalità per tumore polmonare e del 10% per infarto del miocardio. […] Per effetto dell’anidride solforosa industriale, la mortalità aumenta del 9%, in particolare il 17% in più per tumore polmonare, il 29% per infarto del mio cardio».
Così recita lo studio epidemiologico condotto dal Dipartimento di Epidemologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio, Asl di Taranto, Arpa e Ares Puglia, il più approfondito e aggiornato dei tanti fin’ora realizzati per quanto riguarda Taranto.

«Per le malattie cardio-respiratorie» v’è «latenza temporale breve»: il passo tra emissioni e malattie è, dunque, minimo. Sia a livello consequenziale, che temporale. Tanto che, si legge nello studio, «a una diminuzione della concentrazione ambientale delle sostanze inquinanti consegue un guadagno immediato per la salute».

Inoltre, «per le malattie cardiovascolari o respiratorie, ovvero per le malattie respiratorie nei bambini, la latenza tra esposizione ed effetto è di pochi anni». Nei bambini residenti nel quartiere Tamburi i dati registrano un incremento del 24% delle malattie respiratorie, del 26% per quelli del rione Paolo VI.

Lo studio ha riguardato, oltre il Comune di Taranto, due comuni limitrofi: Statte e Massafra. In tutti e tre i casi, «dove sono presenti quadri sociali variegati, con presenza contemporanea di aree ad elevata emarginazione e povertà ed aree abbienti, le classi sociali più basse hanno tassi di mortalità e di ricorso al ricovero ospedaliero più alte di circa il 20% rispetto alle classi sociali più abbienti», dunque, «anche tenendo conto degli effetti della stratificazione sociale, la situazione sanitaria in termini di mortalità e ricoveri ospedalieri non è uniforme nella città».

Per il primo cittadino di Taranto, Stefano Ippazio , «se ci saranno conferme non posso far altro che difendere la salute dei cittadini e fermare lo stabilimento», mentre per il governatore Michele Emiliano «il Governo, laddove dovesse verificare delle situazioni anomale, che determinano fattori letali per la popolazione, ha l’obbligo giuridico di intervenire. Nel nostro ordinamento non impedire un evento che si ha l’obbligo di prevenire equivale a cagionarlo». Il governatore precisa poi di «non [poter] chiudere la fabbrica e questo potere non ce l’ha neanche più la magistratura, perché sono intervenuti dei provvedimenti di legge che impediscono ai magistrati di agire come farebbero per qualunque altro impianto».

Si riferisce alla legge 151/2016, con la quale è stato convertito l’ultimo di dieci decreti, così detti, “salva Ilva”. Legge che la giunta pugliese, guidata da Emiliano, impugnerà dinnanzi alla Corte Costituzionale per «lesione del principio di leale collaborazione», in quanto «la legge non prevede il coinvolgimento delle Regioni» nella «procedura di modifica e integrazione al piano delle attività di tutela ambientale e sanitaria».

Ma a Taranto «oggi la situazione è diversa e all’allarmismo preferiamo le risposte quotidiane» ha dichiarato il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti (eppure, nonostante l’impianto sia stato commissariato e sia nelle mani del governo dall’agosto 2013, ancora si attende la copertura del parco minerari. Una delle tante prescrizioni fondamentali mai rispettate).

«Lo studio presentato oggi – prosegue il ministro – è autorevole, ma fa riferimento a un periodo antecedente all’abbassamento della produzione all’Ilva (i dati sono stati raccolti tra il 2008 e il 2014, ndr). Oggi la situazione a Taranto è diversa: se così non fosse sarei io il primo a dire che non ci sono le condizioni per tenere aperto lo stabilimento».

Chi vive a Taranto, quindi, non ha di che preoccuparsi, perché «oggi la situazione è diversa», «lo studio […] fa riferimento a un periodo antecedente», un (più che mai) grigio passato, preistoria di due anni addietro e dopo l’«abbassamento della produzione» al massimo si può contrarre un po’ di tumore, non troppo, mica uno intero eh! Insomma, vi sarà almeno una volta capitato di essere più o meno incinta, no? È la stessa cosa.

Insomma, facciano un bel respiro a pieni polmoni e aspettino le governative «risposte quotidiane»: il ponte sullo stretto sta arrivando.

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