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VAR, come funziona?

Come ormai tutti sappiamo bene, l’inizio della stagione 2017 – 2018 di Serie A, così come quella dell’Eredivisie olandese e della Bundesliga tedesca, ha portato una grande novità sui campi di gioco. Abbiamo assistito infatti all’introduzione di un primo prototipo di moviola in campo. Le richieste di una tecnologia del genere si sono protratte per anni, anzi decenni, da moltissimi giornalisti sportivi, capeggiati dal recentemente scomparso Aldo Biscardi. Nonostante l’acclamazione generale, però, si ha la sensazione che i più non ne abbiamo davvero capito l’utilizzo durante le partite, le situazioni di applicazione, il funzionamento e soprattutto i limiti. Cerchiamo dunque di fare un po’ di chiarezza.

Var è l’acronimo dell’inglese Video Assistant Referee. Esso si riferisce propriamente a: 1) la persona che controlla i replay al video al di fuori del terreno di gioco e che è in diretta comunicazione con l’arbitro effettivo tramite auricolare; 2) tutto il sistema tecnologico in uso. Nella traduzione in italiano è dunque corretto dire il Var quando ci si riferisce alla persona e la Var quando ci si riferisce alla tecnologia. In realtà, dietro ai monitor, gli arbitri presenti sono due (effettivi di Serie A), dato che il Var è coadiuvato dall’aVar, acronimo del bruttissimo Assistant Video Assistant Referee.

Postazione VAR

[Una postazione VAR al mondiale U20]

Chiariamo innanzitutto che la consultazione deve avvenire a gioco fermo, cioè alla prima interruzione successiva all’episodio. Per questo motivo è opportuno che in situazioni particolarmente dubbie (ad esempio di fuorigioco o calci di rigore) gli ufficiali di gara lascino proseguire il gioco, in modo da non compromettere l’eventuale esito positivo dell’azione se la Var ne conferma successivamente la validità. Inoltre le situazioni in cui si può avere un intervento sono piuttosto ristrette. Si considerano solamente episodi riguardanti: assegnazioni di gol o calci di rigore, condotte violente non rilevate e scambi di persona nell’attribuzione di cartellini. Considerando che gli ultimi due casi si verificano abbastanza raramente e che nel dubbio di gol-non gol è già presente la Goal Line Technology, il 90% degli interventi della Var è in situazioni di fuorigioco immediatamente antecedenti alla segnatura di una rete (sia segnalate che non) e di falli in area di rigore. E’ importante sottolineare il fatto che l’intervento della Var non può essere reclamato in alcun modo dai componenti delle squadre. Le disposizioni ufficiali dicono anzi che i calciatori che ne fanno plateale richiesta (ad esempio formando nell’aria il famoso gesto dello schermo) devono essere ammoniti. A dire il vero non ha neppure senso chiederne l’intervento, poiché tutte le azioni e tutti gli episodi della partita che rientrano nella casistica vengono ricontrollati da Var e aVar in tempo quasi reale con replay da varie angolazioni, allo stesso modo di come siamo abituati noi quando guardiamo una partita alla televisione. Questo non vuol dire che l’arbitro centrale sia perennemente in contatto con gli assistenti al video: la comunicazione avviene solamente se l’arbitro fa richiesta di controllo al Var perché ha un dubbio o qualora il Var dicesse all’arbitro che è stata presa una decisione sbagliata su un episodio (ovviamente riguardante una delle situazioni prima descritte). Questo secondo caso crea una notevole distinzione fra situazioni che possono essere giudicate oggettivamente (come il fuorigioco, che c’è o non c’è, senza vie di mezzo), in cui la Var può essere applicata a prescindere, e situazioni che invece coinvolgono la discrezionalità, in cui la Var può essere utilizzata solo in caso di decisione chiaramente sbagliata. Ciò comporta delle problematiche aggiuntive. E’ molto difficile dire che cosa sia chiaramente sbagliato e cosa no, in modo particolare quando a giudicare sono due persone diverse. Come ha detto il designatore Rizzoli, la domanda giusta da porsi quando si rivede un’azione non è «la decisione presa è corretta?», ma «la decisione presa è chiaramente sbagliata?»

Ad ogni modo il direttore di gara può decidere se andare a rivedere personalmente l’episodio al monitor posto immediatamente fuori dal terreno di gioco o se fidarsi di Var e aVar. Il controllo personale ovviamente non è strettamente necessario in situazioni oggettive o in caso di conferma della decisione presa. Per evitare inutili perdite di tempo l’arbitro può e dovrebbe limitarsi ad andare a controllare personalmente solo gli episodi contenenti discrezionalità che il Var ritiene chiaramente sbagliati. È bene ricordare che la decisione finale è sempre e comunque dell’arbitro centrale che, in linea teorica, potrebbe anche decidere di non usufruire mai della Var, nonostante le segnalazioni degli assistenti; non credo che casi di tale presunzione si verificheranno mai.

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 [Il primo caso VAR in Italia. Maresca controlla il monitor all’Allianz Stadium]

L’introduzione della Var non va dunque vista come la risoluzione di tutti i problemi esistenti sui campi di gioco, ma come uno strumento a disposizione dell’arbitro per ridurre il più possibile gli errori gravi, le sviste clamorose e per chiarire situazioni altrimenti impercettibili all’occhio umano. Sebbene le polemiche restino, come nel caso di Roma-Inter (problemi di comunicazione fra arbitro e Var) o di Bologna-Torino (fuorigioco fischiato troppo presto, impedendo alla Var di intervenire), le premesse sono ottime, con una media di 3 correzioni importanti a giornata. Bisogna anche tenere conto che siamo solo all’inizio di questa grande innovazione e che anche gli ufficiali di gara devono ancora acquisire tempistiche e modalità di utilizzo, che si ottengono solo con l’esperienza. Aspettiamo dunque qualche altra giornata per vedere le lunghe attese di consultazione tramutarsi in rapidi controlli il cui unico risultato sarà quello di rendere le partite più giuste.

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