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Una tragedia greca: “Il sacrificio del cervo sacro”

La grande questione è il limite dell’agire umano, nelle tragedie la parabola dell’eroe lo porta, per rimediare alla propria colpa, a compiere scelte immorali e azioni inaccettabili, talvolta nell’inconsapevolezza, talaltra nella coercizione; la visione delle sue imprese costringono lo spettatore a camminare su un filo teso tra il terrore e la pietà; il terrore della violenza mediato dalla pietà per il destino avverso diviene tolleranza e comprensione.

Il sacrificio del cervo sacro (The killing of a sacred deer; riferimento esplicito al mito di Ifigenia in particolare Ifigenia in Aulide di Euripide, nella quale il re Agamennone è costretto a sacrificare la figlia Ifigenia per riparare un’offesa alla dea Artemide) germoglia su semi (e schemi) da tragedia greca: l’eroe è colpevole e costretto ad agire, ma, come costante nelle tragedie, le colpe dei padri ricadono sui figli.

Yorgos Lanthimos torna a dirigere una produzione internazionale che vede coinvolte nel cast  rinomate star  hollywoodiane quali Colin Farrell, rinnovata collaborazione dopo il precedente The lobster, e Nicole Kidman, ma tutta la scelta del cast  si rivela idonea e ideale per la riuscita del film.

Lo stimato cardiochirurgo Steven Murphy frequenta assiduamente un misterioso ragazzino, la natura del loro legame è ambigua, la famiglia stessa del medico verrà coinvolta, e sconvolta, nell’oscura relazione, in un intreccio che tende sempre più velocemente alla disgregazione, al disastro e al dramma.

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La sceneggiatura, scritta da Lanthimos con Efthymis Filippou, fidato collaboratore come già nei film precedenti, crea un contesto surreale e allucinante; ogni frase dei personaggi è straniante e dissestante, la cura nella costruzione del testo è evidente, le battute richiamano i toni drammatici e la tensione evocativa della tragedia, la virata orrifica del contesto converge e degenera in situazioni da Teatro dell’Assurdo, disegnando infine una satira sociale quasi fosse risultato della somma tra Aristofane e Luis Buñuel. Il disagio e lo straniamento sono gli elementi che legano e plasmano ogni componente della pellicola.

La recitazione straniata dei protagonisti, impassibili ad ogni accadimento e, tranne specifici momenti, inerti a qualsiasi emozione, estenua il clima di tensione. Colin Farrell dimostra di aver compreso esattamente quanto Lanthimos vuole, Barry Keoghan perfettamente adatto nel ruolo dell’inquietante e indecifrabile Martin, Nicole Kidman in un ruolo che ricorda, nei momenti iniziali, l’Alice Harford di Eyes wide shut di Stanley Kubrik.

I giochi di inquadrature della macchina da presa, occhio che spia con gusto voyeuristico (dalla lezione kubrikiana in Shining o nel già citato Eyes wide shut), stalker metafisico il cui respiro affanna i protagonisti e lo spettatore fin dalle prime scene, impregnano l’atmosfera di tensione fin dal principio, e l’atmosfera, come spugna, assorbe inquietudine, evento dopo evento, inquadratura dopo inquadratura: il leggero ma evidente sentore di allarme iniziale, mare prima della tempesta, accresce rapidamente fino all’inevitabile (inevitabile perché così è la costruzione del climax da thriller, inevitabile perché il destino dei personaggi è segnato dal Fato) esplosione tragica.

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Fondamentale in tal senso è anche la colonna sonora, accuratamente selezionata tra brani già esistenti per aumentare l’angoscia in un lento ed estenuante stillicidio. Lanthimos punta sulla musica ricercata e colta (di nuovo, Kubrik come modello) per accompagnare il lento decomporsi dell’equilibrio esteriore ed interiore dei componenti della famiglia Murphy, la musica diventa presenza, ingombrante e profonda, contribuendo fortemente alla creazione del clima di spaesamento nello spettatore, fin dagli archi atonali che contro-cantano scoordinati le luminose scene di esterni iniziali, eliminando ogni possibile riferimento certo e proiettando in uno squilibrio spossante e in un costante disagio.

L’equilibrio della famiglia Murphy, il sistema di rigide regole comunitarie su cui fondano la propria convivenza, si deteriora e sgretola soggetto ad una forza esterna, può ricordare lo stile di Michael Haneke, ma la forza esterna di Lanthimos è sacra, segue le regole di un rituale, è la maledizione lanciata da una divinità ellenica, non si può invertire il volere del Fato, la tragedia greca che si svolge in Ohio può terminare solo col sacrificio richiesto, con i figli che espiano le colpe dei padri.


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