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Una storia irlandese: la legislazione sull’aborto e il diritto di scelta

Galway Remembers”

Domenica 26 ottobre: per le strade di Galway non sono appesi solo i manifesti dell’Aboo Festival, la parata in maschera del Bank Holiday Weekend, il fine settimana prima di Halloween. Sui muri del centro storico spiccano anche dei volantini con il volto di una giovane donna sorridente: porta abiti e ornamenti indiani, ha gli occhi neri, accesi come carboni ardenti e la bocca rossa. Sotto il ritratto due parole: Galway Remembers.
La donna su quei manifesti è Savita Halappanavar, cittadina di origine indiana, deceduta il 28 ottobre 2012 allo University Hospital of Galway in seguito alla negazione di un aborto terapeutico. Savita, incinta di 17 settimane, è morta di setticemia a 31 anni. I medici si sono rifiutati di interrompere la gravidanza, in quanto riscontravano ancora un battito cardiaco nel feto.
Il 28 ottobre 2014, nel tardo pomeriggio, si è svolta a Galway una veglia in ricordo dell’episodio.La morte di Savita, così come altre vicende analoghe, sono l’effetto di una legislazione e una cultura politica anti abortista che nemmeno il diritto europeo è riuscito a scalfire.

Un caso unico

L’Irlanda è a oggi l’unico paese europeo a non concedere diritto di scelta alle donne sul tema dell’interruzione di gravidanza. Secondo la legge del 2013 – Protection of Life During Pregnancy Act – un aborto è possibile solo nel caso in cui la vita della donna in gravidanza sia in pericolo. Non viene menzionata in alcun modo la salute. Come è possibile tracciare una linea tra questi due rischi? Lo abbiamo chiesto a
Orlaith Reidy, attivista dell’associazione Pro-Choice Galway. “La risposta è che semplicemente non si può. La nostra costituzione (ottavo emendamento ndr) eguaglia la vita di una donna a quella di un feto. Non si tratta solo di un insulto alla libertà femminile: quando questa norma costituzionale viene applicata, il diritto alla vita del feto impedisce ai medici di dare la priorità alla salute della donna.”

“Anche in casi di gravidanza in seguito a uno stupro, a incesto, o a malformazioni del feto che possono risultare letali, l’Irlanda continua a porre il suo divieto.” spiega ancora Orlaith Reidy. “In generale, il governo sembra non volere toccare in alcun modo la questione, nonostante le numerose richieste di sottoporla a referendum.”

Il panorama internazionale

Da che parte stanno l’Unione Europea e le istituzioni internazionali? Nel 2011, il governo irlandese ha presentato una proposta di modifica della legge comunitaria, risultata nel “Protocollo concernente le preoccupazioni del popolo irlandese relative al Trattato di Lisbona”: in sintesi, si tratta di una deroga alla Carta dei diritti fondamentali, che permette all’Irlanda di tutelare costituzionalmente il diritto alla vita del feto, senza incorrere in sanzioni per violazioni dei trattati.
L’Irlanda ha ratificato la Convenzione sull’Eliminazione di ogni Forma di Discriminazione Contro le Donne, che sancisce chiaramente il diritto di avere accesso alla pianificazione familiare. Ma non sembra che la ratifica abbia avuto effetti diretti sulla legislazione nazionale. Nel luglio 2014, il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha affermato che le attuali norme irlandesi in materia di aborto criminalizzano le donne incinte e non sono conformi al Patto sui diritti Civili e Politici (1966).
“Anche se accogliamo positivamente ogni intervento esterno sul governo perché rimuova il divieto” spiega l’attivista “continuiamo a sperare e impegnarci affinché le autorità irlandesi prendano una propria iniziativa sul tema – perché finalmente ogni donna abbia il diritto di scegliere di abortire, qualora lo ritenga nel suo interesse.”
Un aspetto cruciale quanto complesso da approfondire è quello delle modalità di aborto. In Irlanda si sta registrando un aumento dell’uso di pillole abortive, in molti casi ordinate e acquistate su Internet.
“Non ci sono dati precisi sull’uso di queste pillole, ma essendo un’alternativa più economica di un viaggio all’estero e meno rischiosa di un aborto chirurgico, è probabile che il trend sia in crescita.” commenta Orlaith. E prosegue, a proposito della sicurezza del metodo “Il viagra può fare molti più danni di una pillola abortiva. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato il mifepristone e il misoprostolo come medicine essenziali. Queste sostanze sono utilizzate regolarmente nei paesi dove abortire è legale, come l’Inghilterra”. La questione della sicurezza dei farmaci abortivi, tuttavia, è soggetta a dubbi e polemiche in molte nazioni.

Le cose cambiano (forse)

“La reazione di tutti alla morte di Savita è stata di shock, rabbia e incredulità. Ci vogliono casi come questo per suscitare l’indignazione pubblica: le donne irlandesi continuano a essere stigmatizzate riguardo l’interruzione di gravidanza, e per questo sono meno inclini a parlarne, anche se ora le cose vanno meglio. Si inizia a discutere di molti temi, non solo del problema dell’aborto, ma anche degli spaventosi standard del nostro Paese in ambito di servizi alla maternità. E questo anche grazie agli amici e ai famigliari di Savita Halappanavar che hanno portato il suo caso all’attenzione nazionale, e al lavoro di associazioni come AIMS Ireland (Association for Improvement in Maternity Services)” conclude Orlaith Reidy. Insomma, le cose stanno migliorando. Ma rompere un muro di silenzio, politico e culturale, è tutt’altro che semplice. La campagna a favore della libertà di scelta in Irlanda è ancora lontana da una sua conclusione.

 

 

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