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Una panchina rossa per riflettere: intervista al cantautore Andrea Vercesi

Foto di Francesco Summo

Ascoltare una canzone per la prima volta è un invito a entrare nella “stanza della mente” di chi l’ha scritta. Può essere che, in un primo momento, quelle parole non coinvolgano particolarmente e che occorra qualche altra occasione per apprezzarle meglio. Altre volte possono rapire l’anima di chi ascolta e imprimersi nella memoria come un mantra personale. Questo è stato per me il caso di Seduta su quella panchina, canzone nata dalla penna di Andrea Vercesi: un testo di una semplicità profonda, il cui significato, che emerge dalle note di chitarra e dalla voce del cantautore, è un inno di speranza per le donne vittime di violenza che hanno il diritto di camminare a testa alta e denunciare, senza ulteriori paure, le ingiustizie che si ritrovano a subire. L’oggetto della canzone, una panchina rossa, è il simbolo concreto, quanto metaforico, della lotta contro la violenza sulle donne. La performance di Andrea di questa canzone che ho potuto apprezzare ha avuto luogo in un angolo a pochi conosciuto, ma molto suggestivo, del Comune di Linarolo Po, presso il Ponte della Becca. Tra il pubblico, era presente l’associazione Ponte della Becca Living, guidata da Luigi Bergamo, tra i cui membri vi è Isa Maggi, attiva in numerose campagne legate alla discriminazione femminile. Ho colto l’occasione per parlare con Andrea e farmi raccontare qualcosa di più sulle riflessioni che scaturiscono da questa canzone.

Andrea, nella tua canzone la panchina viene paragonata a un rifugio sicuro, che concede, seppur per un breve tempo, un conforto alla fatica del cammino individuale, verso il nostro futuro. Cantare in un luogo incantato, come definirei la casa sospesa sul fiume, ha contribuito sicuramente a rendere magico e riflessivo il momento di incontro con il tuo pubblico.

Com’è stato presentare un testo avente una tematica così delicata per la prima volta?
Molto emozionante. Sapevo di avere di fronte a me persone sensibili all’argomento e soprattutto che avevano scelto di partecipare a un incontro su un tema che le accomunava. Ho cercato di entrare anche io in punta di piedi. Sapevo di dover trasmettere il massimo sottolineando il testo della canzone con la mia voce, ma anche con l’intensità dell’arrangiamento della chitarra. Il tutto è stato completato dall’aggiunta del flauto traverso suonato da Leandro Pessina che ringrazio. Mi sentivo molto partecipe insieme ai presenti e mi ha fatto piacere dire anche due parole prima di cantare e suonare, proprio per fare capire il mio coinvolgimento.

Il testo è frutto di una tua riflessione generica su fatti di cronaca o deriva da vicende che hai conosciuto in prima persona?
Il testo è nato quasi di getto senza bisogno di particolare concentrazione per scriverlo. Questo mi ha fatto capire che proprio l’immediatezza e la semplicità l’avrebbero reso efficace per descrivere lo stato d’animo di una donna (purtroppo vissuto da molte) che viene presa di mira da tutto quanto di negativo può essere espresso da un uomo. Parlo degli sguardi per strada, ma anche della violenza subita all’interno delle mura domestiche. Anche lo scontro con l’ideologia maschilista già di per sé è una forma di violenza, considerando il fatto che manca il rispetto di base per la figura femminile. Purtroppo le tematiche da affrontare relativamente alla violenza sulle donne sono moltissime…troppe.

La panchina rappresenta la legge italiana che dovrebbe tutelare da ogni forma di violenza, anche quella verbale. Esagero?
La difficoltà di tutelare a mio parere risiede in una mentalità negativa radicata che non è solo italiana: la mancanza di rispetto per una donna a mio giudizio può derivare assolutamente anche dalla violenza verbale. Le tutele dovrebbero essere sviluppate per ogni genere di violenza ma penso che prima delle leggi (che sono fondamentali, ma spesso di difficile applicazione) ci vorrebbe una vera e propria svolta educativa che dovrebbe partire dalle scuole e allargarsi all’interno delle famiglie. I bambini di oggi saranno gli uomini di domani. In generale quello che manca è proprio il rispetto per gli esseri umani in generale.

Come ti sei avvicinato e quando al mondo della musica?
Devo dire che il mio approccio alla musica deve essere iniziato ancora prima di saper camminare e parlare da quello che mi è stato riferito dai miei genitori! A parte gli scherzi la mia sensibilità musicale è iniziata davvero molto presto. A cinque anni inserivo nel “mangiadischi” a batteria (allora non c’erano i cd o i lettori mp3 e la musica non si ascoltava dal computer) i vinili a 45 giri dei Beatles (e molti altri nomi soprattutto degli anni ’60…la musica che ascoltava mio padre), oltre a quelli delle sigle dei cartoni animati. Da allora la musica ha sempre rivestito un ruolo importante nella mia vita. Nella prima adolescenza, ho preso lezioni private di pianoforte che poi ho abbandonato, ma a sedici anni è scoppiato il mio amore per la chitarra, che ho imparato a suonare da autodidatta, quando ancora una ricerca di un tutorial su Google era fantascienza. E da allora fu un’ascesa, grazie a varie esperienze in gruppi locali, in miei progetti da solista e in collaborazione con altri musicisti di diversa provenienza stilistica che mi hanno portato ad avere moltissime soddisfazioni nel mio piccolo.

Una delle esperienze che ricordi con più affetto?
Forse quella più grande è stata nel 2008 quando ad Alessandria come membro dei Beggar’s Farm ho suonato alla Convention iTullians (fan club Italiano della storica band scozzese Jethro Tull) anche con Ian Anderson dei Jethro Tull ed altri membri ed ex-membri della Band sul palco. Ora le soddisfazioni più grandi le trovo nei locali dove apprezzano il mio “SoloAcustico”: oltre due ore di musica suonata e cantata rigorosamente dal vivo e rigorosamente in acustico senza l’ausilio di basi, con un repertorio di grandi brani rock/blues/pop di altrettanto grandi artisti. Il repertorio va dagli anni ’60 ad oggi e comprende anche brani originali da me scritti e tratti dai miei 4 cd. Questa del “SoloAcustico” è una formula abbastanza coraggiosa perché ti senti “nudo” sul palco davanti al pubblico, ma alla lunga credo che sia qualcosa che premia, fosse solo per il riconoscimento di chi ascolta e comprende l’intensità delle esecuzioni e delle interpretazioni dei brani.

Prossime date del tuo spettacolo?

“Solo Acustico” è uno spettacolo ormai conosciuto in provincia di Pavia, ma anche in quelle di Lodi e di Piacenza. Basta seguire la mia pagina artista su Facebook: https://www.facebook.com/andreavercesisoloacustico, che contiene anche informazioni sulle prossime date. La serata più vicina a Pavia sarà venerdì 14 settembre a Torre D’Isola, presso la Locanda Della Contea. Non mancheranno sicuramente appuntamenti in città in autunno al Broletto Irish Pub o al Joe Pub. Il calendario è sempre in costante aggiornamento.

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