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Una iena d’inchiesta

Mauro Casciari spiega la filosofia giornalistica delle Iene

di Francesco Iacona

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Nel numero 110 abbiamo pubblicato l’intervista a Mauro Casciari de “Le Iene”, incontrato in occasione del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia. Riportiamo qui l’intervista integrale.

Inchiostro –  Quali sono le fonti dei servizi di inchiesta de Le Iene? E come fate a compiere indagini sempre molto dettagliate e approfondite?
Casciari – Le nostre fonti sono costituite principalmente dalle segnalazioni dei telespettatori. Abbiamo la fortuna di essere un programma che va in onda da 13 anni con un discreto successo e perciò ci arrivano tante segnalazioni sul nostro sito, in cui vengono gestite da un software simile a quello dei call center, per cui ognuno dalla sua postazione le legge e se le può prendere. Quindi, molto ci arriva dalle persone che o non vogliono fare denuncia alle autorità competenti, oppure le hanno già fatte e non è servito a niente oppure semplicemente vogliono segnalarci una cosa che gli sembra strana.
Ne abbiamo tante. Molte sono già scremate da una persona che si occupa di leggere tutte le segnalazioni, altre le scremiamo noi perché non sempre si riesce a realizzare un video e solo con le parole è difficile fare un servizio.
Poi, molte cose ci arrivano sempre dalla gente non solo sotto forma di segnalazione, ma ci mandano anche dei documenti per posta, a volte anche in forma anonima così non rischiano di essere rintracciati – a parte che noi, se non è una cosa legalmente perseguibile, non forniamo i nomi delle nostre fonti alle forze dell’ordine o ai pm –.
Quindi, le fonti ci arrivano principalmente dalla gente, sotto diverse forme, anche anonime. Ma spesso anche noi andiamo a cercare se c’è una notizia che tutti trattano in una determinata maniera o che non trattano affatto. Per tutti intendo gli altri mezzi di comunicazione. Noi andiamo a ravanare, cerchiamo…abbiamo un po’ la fortuna di essere conosciuti, per cui anche la gente, oppure determinate persone, si fidano più che di altri, perché storicamente non abbiamo mai dato grandissime sole alla gente. Per cui la gente si fida. Siamo anche a volte un po’ fortunati.
E poi le fonti sono quelle di qualunque giornalista con la cosa in più che ci arrivano molte segnalazioni, cosa che magari non succede a un giornalista di un quotidiano qualunque o di un telegiornale.

A proposito delle vostre indagini, spesso vi occupate di inchieste rischiose. Ad esempio: i servizi sulla camorra o quelli sui narcotrafficanti o i killer in Sud America. In base a cosa decidete di fare e di cimentarvi in questi servizi? Come vengono scelti gli inviati che li realizzano?

Allora, partendo da me, io sono anche autore dei miei servizi. Quindi, devo dire sin da subito che mi è stato lasciato campo libero su dove andare a parare.
Ho fatto anche i miei errori, all’inizio del mio lavoro con Le Iene, tipo di andare a rompere le scatole a delle aziende che erano anche sponsor di Mediaset e obiettivamente quella di non andare contro gli sponsor e contro il proprio editore, indipendentemente da chi esso sia, è una regola che c’è praticamente ovunque: in Italia, negli Stati Uniti come in Mozambico. Poi se uno lo fa è merito suo, con cognizione di causa e perché c’è un motivo per farlo.
Questo vale sia per il giornaletto di provincia, che magari non può andare a scrivere male del fornaio che fa pubblicità sul giornale, per la radio, per i siti internet, per la tv e ancor di più per noi perché siamo completamente retti dalla pubblicità. Questa è una regola che vale un po’ per tutti, quindi; poi chi più chi meno la rispetta. I più temerari cercano a volte di andare contro questo, a volte c’hanno ragione e a volte e a volte ne hanno anche i meriti.
Quindi, a parte questa cosa, in linea di massima tutti sono liberi di scegliere quello su cui andare a parare e quello che fare. Prima di cominciare il lavoro, però, si parla al nostro capo, Davide Parenti, con cui un minimo ci si confronta seppure siamo tutti molto autonomi, perché lui è l’unico che ha la visione generale di tutto quello che stanno facendo tutti in ogni momento, per evitare di sovrapporci e di fare cose simili. Se poi io sono a Le  Iene da quattro anni, magari altri hanno fatto le stesse cose dieci anni fa se ha un senso rifarle si rifanno perché ne sono cambiate le condizioni, ma se devo fare una replica di una cosa già fatta la si evita.
Poi, diciamo che quello delle inchieste pericolose è un discorso un po’ delicato. Diciamo che dove c’è Pelazza c’è disgrazia, nel senso che Luigi fa tutte cose per suo interesse e per sue qualità. Non ha mai fatto cose comiche, per dirne una. Perché lui è un ex carabiniere e quindi lui ha la sua visione delle cose che vuole fare e non pensa assolutamente di fare il buffone come magari fanno altri.
Io personalmente sono un ibrido, nel senso che io di mio sono un buffone come mia natura, un pagliaccio. Poi sono arrivato facendo cose abbastanza serie: inchieste proprio da ufficio pubblico e poi pian piano sto cercando di fare cose che mi rappresentano di più e quindi cose più scherzose e poi ci sono momenti di schizofrenia per cui facciamo cose scherzose su cose serie. Per cui io adesso sto cercando di unire la stupidera alla cosa seria tranne in casi di pedofilia che ho fatto, anche se sto cercando di non fare più cose troppo pesanti perché non rispecchiano la mia personalità. Se tu riesci ad uscire fuori come sei veramente, in una cosa che come la nostra è infotainment, è una soddisfazione, semplicemente perché non sei lo schizofrenico che in tv fa una cosa e poi cammini per strada e sei un clown. Se riesco ad unire le cose, ecco, probabilmente vivrò meglio e vado in quella direzione.
Comunque c’è grande libertà di scelta tranne in quelle due cose che dicevo prima: sponsor e Berlusconi, lo nomino serenamente. I motivi li immaginate.

Quanto è cambiato, secondo te, il modo di fare giornalismo d’inchiesta?
Allora… Premetto che io non sono giornalista né professionista né pubblicista e non c’ho nemmeno mai provato. Non ne sento la necessità, nel senso che io non penso di fare questo tutta la vita, poi farò altro, non lo so. Finchè dura bene.
Le Iene sono iniziate nel ’97 quando internet cominciava ad essere abbastanza diffuso, da allora – io non c’ero però le ho sempre seguite dall’inizio – è cambiato molto, perché adesso le fonti siete voi, siamo tutti, cioè: chiunque può essere una fonte e chiunque nel mondo potenzialmente può leggere quella fonte. Questo prima era impossibile nella pratica.
Però, adesso noi usiamo come fonti anche internet con cui è molto più facile ricercare una cosa in un secondo. Io giro sempre con l’I-Pad, coi tablet, per non dire col computer e col telefono sempre connesso; infatti, se per esempio se vedi la targa di una macchina che ti interessa con una veloce ricerca dal telefono o dal computer a cui sei connesso puoi scoprire a chi appartiene, perché è tutto è stato reso pubblico.
Quindi se uno si ingegna, senza tanti soldi, basta solo internet e un po’ di cervello. Perché ormai le informazioni con Google, o con quello che vuoi, le metti in relazione in un attimo. Bisogna solo cercare le cose giuste.
Se prima dovevi andare alla biblioteca comunale a cercarti le cose sui volumi, adesso hai tutto a portata di mano. Così di fonti ne hai anche troppe rispetto a dieci o vent’anni fa. Il problema è di dare una dimensione giusta a quella cosa, perché adesso su internet chiunque può scrivere di tutto; trovi tante cose che possono essere giuste e veritiere o anche non esserlo, oltre che mille sfumature. Quindi il problema non è tanto avere le fonti, quanto saperle dividerle, discernere. Quindi, sia in teoria che nella pratica è tutto più facile e immediato, è tutto più veloce, puoi avere documenti ufficiali dai comuni per e-mail o comunque in forma elettronica. È che c’è talmente tanta roba che adesso il problema è riuscire a trovarla. Perché c’è. Nascosta ovunque, ma c’è.
Quindi secondo me il giornalismo d’inchiesta adesso è più facile. È cambiato perché in teoria potresti farlo anche dalla tua scrivania spippolando su internet dalla mattina alla sera, chiamando, eccetera. Però, come saprete anche voi, finchè non vedi con i tuoi occhi, ficnhè non senti con mano… Poi al di là di internet, esiste un mondo reale e perciò siamo spesso per strada e va bene così, insomma…

Che differenza c’è tra le inchieste dei programmi di informazione pura e quelli di infotainment (come Le Iene o Striscia)?
Noi abbiamo l’obbligo anche di divertire, oltre che di informare. Cerchiamo sempre di alternare una cosa pesante con una leggera; questo perché è la nostra emissione, il nostro tipo di programma. In particolare, se riusciamo a fare arrivare dei messaggi pesanti in forma leggera probabilmente abbiamo raggiunto uno scopo, perché comunque arrivano anche a persone che non guarderebbero mai un telegiornale o anche un Annozero, oppure un programma di quelli tosti che hanno i loro grandi ascolti; che  magari ne hanno anche più di noi – e a merito ne hanno più di noi, secondo me -. E quindi noi abbiamo questo merito, cioè che a differenza dei telegiornali o di stimatissimi Report, Annozero, Ballarò…noi siamo sempre lì in equilibrio tra il sublime e l’infimo. Stiamo sempre lì che peschiamo un po’ di qua un po’ di là.

Quale ruolo ricoprono Le Iene (e Striscia) nella diffusione dell’informazione? Sembra quasi che voi arriviate ai cittadini e alla verità più dei tg e della stampa…
Allora…questa è un’impressione che indubbiamente, lo capsico anch’io, è reale; nel senso che per quanto adesso i telegiornali si buttino un po’ a fare l’inchiesta con la telecamera nascosta…cioè, hanno un po’ seguito le nostre orme, ma anche quelle di Mi Manda Rai 3, Articolo 3, Striscia, eccetera. Noi, prima di tutto, parliamo a un pubblico giovane; il nostro pubblico, infatti, parte da – anche con mio grosso sconvolgimento – anche da 8 o 9 anni.
Quindi, noi rispetto ai telegiornali, probabilmente, diamo sicuramente meno l’impressione di seguire una parte politica piuttosto che un’altra. In realtà, se noi non possiamo fare una cosa contro la parte politica del nostro editore, cerchiamo di non fare neanche una cosa contro la parte politica avversaria. Nel senso che se non possiamo fare determinate cose non le facciamo, né per Silvio né per Pierluigi.
Per cui, noi sicuramente cerchiamo di essere equilibrati: se non possiamo toccare di qua non tocchiamo neanche di là e comunque ci stiamo attenti. Questa è una cosa che parte dal nostro capo. Infatti ultimamente di politica parliamo veramente poco proprio perché non potendo né toccare di qua ne toccare di là cerchiamo di non toccare niente. Però, comunque, cerchiamo di essere equilibrati.
Non diamo mai le sole a chi ci dà le segnalazioni, facciamo i salti mortali per non far riconoscere le persone, per non far riconoscere i posti, i luoghi, i quadri, qualunque cosa. Infatti abbiamo dei legali che, sia prima che dopo, ci danno dei consigli e ci controllano tutto.
Di base c’è che a differenza di un telegiornale, per esempio non facciamo i servizi da venti minuti sui cani o quelle robe li… Poi, ripeto, neanche noi siamo la verità al 100%. La televisione non è mai la verità al 100%, quindi dico sempre di guardare la televisione sempre con spirito critico. La televisione, qualunque essa sia, nel momento in cui c’è una telecamera è già una rappresentazione della realtà. Quindi anche non volendo trasformare una realtà o cambiarla, tu fai delle scelte: togli e metti, metti e togli, inverti, eccetera. Per cui, quello che dico alla gente è di non prendere mai la tv come la verità. Non perché lo dice la tv una cosa è vera. Anche nei telegiornali – anzi, soprattutto nei telegiornali – perché devono riempire mezz’ora al giorno.

L’anno scorso hai realizzato una serie di servizi sulle messe nere, nei quali hai messo alla luce aspetti davvero terrificanti. Che tipo di esperienza è stata?
È stato molto pesante. Infatti, ho deciso di non trattare più roba così pesante per due motivi.
Il primo è perché non ne esci più dal punto di vista dell’impegno. Perché poi è difficile dire “va bè grazie ciao, ho altri servizi”. Facendo questa cosa qua, accumulandola con diverse persone nel corso del tempo, poi ti trovi un fardello di cose a cui devi continuare a pensare e sinceramente è molto pesante. E volevo quindi fare cose che rispecchiassero più il mio essere.
In secondo luogo, ho smesso di fare queste cose qui – non ho ricevuto minacce, dico la verità, da nessuno – seppure comunque dietro ci siano ancora interessi.
Però poi mi sono trovato d’estate, vedendo bambini piccolini nudi in spiaggia che giravano normalmente, mi sono trovato col pensiero “Oh Dio mio c’è qualcuno che può guardare quei bambini con quel pensiero li”. Solo il fatto di pensare questa cosa mi ha spaventato e sinceramente ho detto basta; cioè se posso evitare di trattare questa roba la evito. Ho semplicemente deciso fare cose più leggere perché mi rispecchiano di più.

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