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Un passo indietro: il ruolo degli uomini nella lotta al patriarcato

Nel 2020 già 14 donne sono state uccise in Italia; non si hanno ancora dati certi per il 2019, ma il numero delle vittime si aggira intorno al centinaio. Per questi delitti negli ultimi anni è emersa la definizione di femminicidio: perché è diventato necessario distinguere tra un omicidio ed un femminicidio? In fondo si può pensare che il valore di una vita sia lo stesso, indipendentemente dal sesso. Ma il significato di femminicidio è più profondo: non ci sta tanto dicendo che è stata uccisa una donna ma che è stata uccisa perché donna, e la differenza è immensa.

In qualche modo si può dire che le vittime di femminicidio siano non solo vittime di un uomo, spesso amato, ma anche di una società che, anche se restìa ad ammetterlo, è ancora profondamente patriarcale. I movimenti per i diritti delle donne negli ultimi decenni hanno vinto molte battaglie e si può dire che, almeno nel nostro paese, ci si stia avvicinando sempre di più alla parità formale tra uomo e donna. Quest’ultima legalmente ha circa le stesse opportunità di un uomo, tuttavia essa ha una serie di limitazioni che derivano da ciò che la nostra società ancora si aspetta da lei. Questo produce una condizione di disparità evidente già alla partenza, appunto perché queste disuguaglianze sono normalizzate e quindi quasi invisibili. Dunque, come è possibile operare un cambiamento? Le donne hanno già messo in discussione il proprio ruolo e stanno lottando per modificarlo. E noi uomini cosa possiamo fare? Come possiamo, alleandoci, contribuire alla ricerca di una soluzione?

Pubblicità di tappi d’alluminio Alcoa, 1953

Mary Wollstonecraft, considerata la madre del femminismo liberale, nel 1792 risponde ironicamente alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, con la Rivendicazione dei diritti della donna. A chi dice, come Jean-Jacques Rousseau, che la donna per natura è destinata a vivere ritirata e a soddisfare i bisogni dell’uomo e che l’unica lezione che deve imparare è l’obbedienza, ella risponde “Sciocchezze! Mi chiedo quando si leverà un uomo di grande forza intellettuale capace di spazzar via le nubi di orgoglio e sensualità che si sono addensate intorno a questo argomento.” In pratica le donne si chiedono da 200 anni perché gli uomini continuino ad essere parte del problema. Dunque, perché un uomo dovrebbe abbracciare la causa femminista e lottare per l’eliminazione del patriarcato? D’altronde questo sistema permette a noi uomini di avere il dominio su più della metà della popolazione mondiale e non si sta poi così male dalla parte del potere e dei privilegiati. Allora cerchiamo di vedere perché il patriarcato è un feroce nemico anche del genere maschile.

Egon Schiele, Nudo maschile con fascia rossa che cinge i fianchi, 1914

Qual è il modello di uomo ideale nell’immaginario collettivo? Bello, muscoloso, coraggioso, romantico, protettivo, preferibilmente ricco, ostentatamente eterosessuale, possibilmente bianco. Quanti di noi si rispecchiano in questa descrizione? Pochi. Quanti di noi hanno voluto coincidere con questa descrizione? Tutti. Passiamo i nostri giorni tentando strenuamente di adattarci ad un modello calato dall’alto e lo facciamo solo per essere accettati, o meglio, per essere rispettati come uomini. E tutto questo per una sola grande paura: essere considerati troppo femminili. Il ruolo di un uomo nella nostra società sembra quello di non essere una donna. E per questo ci impegniamo tenacemente a mettere a tacere tutti i nostri istinti troppo femminili: non devi essere troppo dolce, troppo romantico, troppo alla moda, non puoi piangere, non puoi parlare dei tuoi sentimenti, non devi avere paura. Simone de Beauvoir, teorica del femminismo radicale della seconda metà del Novecento, nel suo saggio Il secondo sesso sostiene che il maschile sia concepito come il tutto, l’assoluto, il completo, mentre il femminile sia il parziale e l’incompleto: il maschile definisce quindi il femminile come altro da sé. La riproduzione e affermazione costante di questa opposizione diventa fondamentale per un uomo: se egli osa essere troppo femminile sarà espulso dal gruppo e non potrà più essere chiamato uomo. Diventerà un altro punto della lista di quello che un brav’uomo non deve essere. Non credete che così, però, la vita sia veramente faticosa? Secondo Robert Jensen, professore di giornalismo, etica, scienza politica all’Università di Austin, Texas, l’obiettivo non deve essere modificare l’idea di mascolinità per crearne una edulcorata, ma di eliminare completamente il concetto stesso. È inoltre necessario eliminare il principio dell’eterosessualità obbligatoria, come teorizzata da Adrianne Rich, come metodo di imposizione e riproduzione del patriarcato. Solo questo ci permetterà di liberarci di quella che lui chiama ossessione per il sesso ed il genere. Il peso di questa ossessione sta diventando insopportabile, stiamo per essere schiacciati: solo che le donne sono arrabbiate e cercano di liberarsi, noi uomini siamo felici lì sotto perché tanto il potere lo abbiamo noi.

Ora si può anche provare a capire perché il patriarcato, e le aspettative che esso si porta dietro, sia un sistema sbagliato, incivile ed immorale, indipendentemente dal fatto che esso costituisca una sentenza di infelicità anche per il genere maschile. Il patriarcato lede i diritti e la dignità del genere femminile perché si tratta di un sistema che divide il mondo in uomini e donne, maschi e femmine e conferisce ai due differente status, differenti privilegi, differenti opportunità. Simone de Beauvoir sostiene che il femminismo non cerchi di negare le evidenti differenze biologiche tra uomo e donna ma contesti il fatto che a queste connotazioni sia dato un significato sociale, culturale e politico. La capacità delle donne di generare vita non giustifica la differenza di status, lo sfruttamento e l’oppressione del genere femminile. Perché si è deciso di dividere i ruoli secondo il genere? Le varie correnti femministe danno risposte diverse a questo quesito ma concordano sulla necessità di smantellare questo sistema. Il successo non si ottiene più con dimostrazioni di forza ma con l’intelligenza e la creatività, come dice Chimamanda Ngozi Adichie, attivista femminista nigeriana. Vogliamo forse dire che le donne sono meno intelligenti o meno creative di un uomo? No. E allora perché esistono ancora così evidenti disparità di trattamento e di condizioni?

Barbara Kruger, We don’t need another hero, 1986

Elena Gianini Belotti, con il suo libro Dalla parte delle bambine del 1973, ha abilmente evidenziato come il modo in cui cresciamo i nostri figli lasci già un’impronta sul loro futuro. La socializzazione nei primi anni di vita è fondamentale per la costruzione del genere: il modo in cui si allatta differentemente un bambino o una bambina, i giochi diversi per bambini e bambine insegnano valori diversi per uno e per l’altra. La modestia e l’esibizionismo, la passività e la decisione, la sottomissione e l’autorità. Dal momento in cui la vita ha inizio un essere umano è così modellato affinché si adatti ad una realtà sociale binaria, offuscando inoltre la sua capacità critica e di discernimento in modo tale che esso fatichi a vedere, una volta divenuto adulto, quanto la sua soggettività, che percepisce come propria, in realtà sia stata artificialmente costruita. Il patriarcato, così descritto, è un sistema anacronistico, violento e pericoloso per tutti: proviamo a immaginare che il patriarcato sia uno stato nemico. Saremmo già tutti pronti a caricare i fucili e armare gli aerei. Non è ovviamente necessaria una guerra armata per abbattere il patriarcato: è necessaria però una costante, tenace, speranzosa battaglia culturale in cui si impegnino tanto gli uomini quanto le donne. Quest’ultime sono state capaci di organizzarsi ed unirsi per essere più forti nelle loro rivendicazioni; gli uomini sono un po’ in ritardo ma potrebbero essere buoni alleati in questo sforzo.

Marina Abramovic e Ulay, Relation in Time, 1977

Robert Jensen sostiene che ogni uomo debba far leva sull’autorità che il sistema patriarcale gli conferisce per mettere in discussione il sistema stesso. Questo può essere fatto abbracciando la causa del femminismo. Cosa significa questo nel contesto quotidiano? Secondo Jensen gli uomini ancora oggi cercano di controllare il corpo femminile e, anche se i movimenti femministi sono stati in grado di ottenere il riconoscimento di alcuni diritti ed hanno guadagnato grandi successi, purtroppo alcune forme di sfruttamento sessuale sono ancora molto diffuse e radicate: la prostituzione e la pornografia innanzitutto. Andrea Dworkin, grandissima attivista femminista, ha fatto della lotta allo sfruttamento sessuale femminile l’obiettivo della sua vita, spesso duramente criticata da altre correnti femministe che vedevano la prostituzione come un sex work e come l’espressione del diritto delle donne di scelta sul proprio corpo. Secondo Dworkin, e il femminismo radicale, prostituzione e pornografia non ledono solo fisicamente il corpo della donna ma anche simbolicamente: attraverso queste “industrie” ogni giorno viene riprodotta l’idea della donna oggetto pronta a soddisfare il desiderio maschile. Anche i termini che utilizziamo sono fondamentali perché rafforzano questa narrazione: ogni volta che una donna viene insultata con parole che si riferiscono alla sua sessualità non viene violata solo la dignità di quella donna ma viene ristabilita una dinamica di potere per cui la donna è considerata come un bene sessuale disponibile e dunque viene de-umanizzata.

Egon Schiele, Lovers, 1915

L’obiettivo diventa quindi quello di eliminare la necessità di denigrare simbolicamente il genere femminile solo per far spiccare la propria virilità. Dobbiamo impegnarci nel rispetto della soggettività altrui e anche, non di meno, della nostra peculiare soggettività. Facciamo in modo che non sia più la società e la cultura che abbiamo ereditato a decidere chi dobbiamo essere, e come dobbiamo comportarci e affermiamo con forza la libertà di ogni essere umano di svilupparsi secondo le proprie propensioni, i propri talenti e le proprie aspirazioni, ponendo alla base di ogni relazione sociale il dialogo alla pari volto alla costruzione di uno spazio pubblico (e anche privato) creativo. Insomma, secondo molte femministe e gli ancora pochi femministi, dovrebbe essere l’uomo, questa volta, a fare un passo indietro, rinunciare ai propri privilegi, e da lì iniziare una battaglia unita contro il nemico comune, il patriarcato. Uomini e donne non sono nemici in questa lotta, ma alleati. La stessa Simone de Beauvoir in un’intervista del 1975 afferma che la conquista più grande della sua vita è stata Jean-Paul Sartre, suo compagno di vita.

Per ora è uno sforzo di immaginazione concepire una società priva di dinamiche di genere precostruite ma è anche vero che se qualcuno può modificare la società e la cultura sono proprio gli esseri umani, uniti. Eschilo, drammaturgo greco del V secolo a.C., nella tragedia Le supplici scriveva “Non abbandonare mai alla prepotenza una schiera di donne: è stato questo il decreto unanime della città. Un chiodo fu confitto da parte a parte, saldamente. E resterà inamovibile. Questo decreto non è stato inciso su tavolette, né sigillato in rotoli di papiro, ma lo ascolti in tutta chiarezza dalle labbra libere di un uomo libero.” Facciamo che questo verso non rimanga simbolo di un’antica società democratica a cui guardare con nostalgia, ma vessillo di una società futura a cui guardare con orgoglio.

Illustrazione di copertina: Alberto Ronzoni e Francesco Ucci

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