Un omaggio ad Andrea Zanzotto
di Giovanni Cervi Ciboldi
Ho letto, in questi anni, troppo poco, di Andrea Zanzotto.
Una raccolta. La seconda, una sola, ma che, come poche poesie sanno fare, è riuscita a tenere alta in me la voglia di farsi leggere, di esplorare il mondo di un autore. Di un poeta della semplicità e dell’innovazione, di un intellettuale della lingua e dei paesaggi.
Zanzotto, poco dopo aver compiuto 90 anni, ha lasciato per sempre quel Veneto dal quale osservava il mondo.
Chi lo ha conosciuto ha già versato tante frasi che gli fanno onore. Ogni parola che oggi possiamo scrivere su di lui non potranno mai equivalere alle parole che lui ha scritto all’italia, accompagnandola per tutta la seconda parte del ‘900.
Vorrei allora, da semplice estimatore, rendere a uno degli ultimi grandi poeti un omaggio, dire un “grazie”, attraverso sei versi che possono racchiudere, nella sintesi poetica, tutta una vita.
“Ditemi che ci siete, tendetevi a sorreggermi.
In voi fui, sono, mi avete atteso,
non mai dubbio v’ha offesi.
Sarai, anima e neve,
tu: colei che non sa
oltre l’immacolato tacere”.
Io l’avevo scoperto da poco..e mi sono innamorata di questi versi. Ti faccio compagnia nel ricordo..
“Da questa artificiosa terra-carne
esili acuminati sensi
e sussulti e silenzi,
da questa bava di vicende
– soli che urtarono fili di ciglia
ariste appena sfrangiate pei colli –
da questo lungo attimo
inghiottito da nevi, inghiottito dal vento,
da tutto questo che non fu
primavera non luglio non autunno
ma solo egro spiraglio
ma solo psiche,
da tutto questo che non è nulla
ed è tutto ciò ch’io sono:
tale la verità geme a se stessa,
si vuole pomo che gonfia ed infradicia.
Chiarore acido che tessi
i bruciori d’inferno
degli atomi e il conato
torbido d’alghe e vermi,
chiarore-uovo
che nel morente muco fai parole
e amori.”