Un Noel SUPERSONICo all’Alcatraz
di Emanuele Canzonieri
Il giorno tanto atteso dai Noelliani è finalmente arrivato.
Debuttano in Italia i Noel Gallagher’s High Flying Birds in un Alcatraz gremito di fan degli Oasis e di “The chief”. In una location forse troppo stretta, il dio del Britpop ci ha regalato un’ora e mezza di musica e di pura magia. Il concerto inizia alle 21:00 in punto quando entra sul palco insieme ai suoi High Flying Birds: Jeremy Stacey, Russell Pritchard, Mike Rowe e Tim Smith.
La scaletta è un mix perfetto di vecchi pezzi degli Oasis e del nuovo album; una scaletta in crescendo concepita per raccontare, attraverso i titoli delle canzoni, la storia degli Oasis: It’s good to be free e Mucky Fingers, sono le prime due; un inizio nostalgico, ma che scalda gli animi dei presenti. Poi il nuovo album, Everybody’s on the Run e Dream On proposte in una veste più elettrica di quelle apprezzate nel cd; If I had a gun, accolta e cantata da tutti come se fosse già un classico, e The Good Rebel, The Death of You and Me primo singolo estratto dal nuovo album e Freaky Teeth non presente nell’album. Ritorno al passato con Wonderwall e Supersonic in versione acustica in cui la voce del cantante è quasi sovrastata dal pubblico dell’Alcatraz. E’ quindi la volta di (I Wanna Live in a Dream in My) Record Machine, AKA… What a Life! con dedica speciale a Balotelli, Talk Tonight toccante esecuzione della b-side Oasis, Soldier Boys and Jesus Freaks, AKA… Broken Arrow una delle migliori realizzazioni da solista forse penalizzata dalla chiave rock del concerto, ancora Oasis con Half the world away e ultima del nuovo album con (Stranded On) The Wrong Beach.
Il pubblico è stato uno spettacolo a parte e si sono creati anche dei simpatici siparietti quando hanno chiesto a gran voce The Masterplan, la risposta è in pieno stile Gallagher: “La volete? Perfetto. Conoscete iTunes? Costa solo un euro”; così in tutta risposta la platea dell’Alcatraz inizia a intonare la canzone per conto suo e si guadagna pure un applauso dalla band.
Dopo qualche minuto di pausa si ricomincia per il gran finale: Little by Little, bella e intensa, grazie anche all’assolo di Tim Smith, The Importance of being idle estratto da “Don’t believe the truth”, e concludendo con una delle canzoni più belle mai scritte dal chitarrista di Manchester: Don’t look back in anger.
Chiusura impeccabile, con uno sguardo ai vecchi tempi ma soprattutto verso il futuro per Noel Gallagher che si conferma una delle presenze musicali più forti indipendentemente da tutto quello fatto con gli Oasis.