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Un mistery fantascientifico sul futuro dei giovani: “Noi siamo la marea”

Al Cinema Apollo 11 di Roma, il 5 giugno si è tenuta la proiezione stampa di Noi siamo la marea (2016), secondo lungometraggio di Sebastian Hilger vincitore del Premio del pubblico al 34° Torino Film Festival, nella sale italiane dal 21 giugno. Si tratta di un mistery a tinte fantascientifiche, che utilizza il genere per parlare delle problematiche legate all’attuale condizione giovanile nel mondo del lavoro e della ricerca. È la storia di due ricercatori di flussi marittimi, Micha (Max Mauff) e Jana (Lana Cooper), alle prese con un mistero insolubile: la scomparsa di un’intera generazione di bambini dal paesino costiero di Windholm. Sembra che la marea abbia portato con sé tutti i ragazzi presenti in città, lasciando poi un deserto di terra bagnata là dove un tempo c’era l’oceano. Nel cercare di far luce sulla questione, andando contro la stessa università che ha negato i finanziamenti della ricerca, i due protagonisti faranno una scoperta che va ben al di là della loro immaginazione.

Marea 1

“Ci hanno cresciuti facendoci credere di essere speciali e di poter cambiare il mondo con le nostre idee e le nostre scelte. Ma continuiamo a sbattere contro porte chiuse. Il mio film parla della delusione di un’intera generazione. E della sua determinazione ad andare comunque avanti.”. Così ha dichiarato Hilger. E infatti non è difficile rinvenire, sotto l’impianto narrativo del film e le coordinate di genere, l’allegoria di una gioventù le cui aspirazioni e i cui sogni rischiano di svanire, compromesse dal precariato e dall’incertezza di un mondo che troppo spesso dimostra scarso interesse per il futuro dei giovani – ed è significativo che a dirlo sia proprio un tedesco, contro i luoghi comuni per cui all’estero, e in particolari in nazioni come la Germania, tutto funziona a meraviglia. Con la vanificazione dei nostri progetti è in gioco la nostra stessa identità ed è questo l’appello che il regista vuole lanciare, mosso dalla consapevolezza che solo ciò che desideriamo potrà fare di noi degli individui, delle persone piene e realizzate. Un appello che nel finale si fa più speranzoso, intravvedendo qualche raggio di sole tra le nubi di un cielo gelido e plumbeo.

Marea 3

Hilger si affida alla fotografia dal grigiore opprimente di Simon Vu, agli spazi desolati di un paesino fuori dal tempo – tra passato da dimenticare e futuro assente –, aggirandosi in modo lineare tra gli stilemi del genere mistery, fino a tastare il terreno del paranormale. La narrazione procede fino alla rivelazione finale – già intuibile ben prima della conclusione del film e di certo poco originale – senza particolari invenzioni drammaturgiche, prediligendo piuttosto le difficoltà e le frustrazioni del protagonista nel realizzare i suoi progetti. Resta comunque un’opera fatta con onestà di fondo, inseribile in un quadro che, assieme a serie TV come la tedesca Dark (2017), in cui si parla appunto di bambini scomparsi, sembra rivelare qualcosa sulle paure europee per il futuro dei giovani.


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