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Un’eccellenza mondiale: apre il Portale canzoneitaliana.it

In questi giorni è accaduto qualcosa di storico per la musica italiana e mondiale: è stata inaugurata la piattaforma www.canzoneitaliana.it, una pagina web gratuita che raccoglie (per ora) circa 200 mila canzoni italiane, comprese tra il 1900 e il 2000.

Questa novità rientra in una più ampia operazione volta alla legittimazione culturale della canzone popolare, che ha coinvolto negli ultimi anni il Ministro dei Beni e Attività Culturali Dario Franceschini e la sua squadra di governo; proprio pochi mesi fa infatti (se n’è data notizia anche qui su Inchiostro) veniva approvato il cosiddetto Decreto Spettacolo, il quale sanciva così: «la Repubblica riconosce altresì […] b) il valore delle espressioni artistiche della canzone popolare d’autore». Il riconoscimento delle espressioni artistiche della canzone va così a colmare il vuoto creato da un vero e proprio macigno, che da anni pesava sulla considerazione della canzone come forma artistica, ossia il giudizio di Theodor Adorno. Feroce critico del capitalismo e della società ad esso collegata, il filosofo (anche musicologo), sosteneva alacremente che la musica leggera e, più generalmente, tutta la musica destinata al consumo, fossero direttamente proporzionali «all’ammutolirsi dell’uomo, all’estinguersi del linguaggio inteso come espressione, all’incapacità di comunicazione», perché strettamente vincolate all’idea di standardizzazione dei prodotti, alle ricezioni distratte e ad una funzione strettamente sottomessa al profitto. Il giudizio profondamente negativo di Adorno era già stato (almeno in parte) avanzato da Marcel Proust, che invitava la gente a «detestare la cattiva musica, non ad apprezzarla. Dal momento che la si suona e la si canta ben di più, e ben più appassionatamente, di quella buona, ben di più di quella buona si è riempita a poco a poco del sogno e delle lacrime degli uomini. Consideratela per questa degna di venerazione. Il suo posto, nullo nella storia dell’arte, è immenso nella storia sentimentale della società».

In Italia sarà compito di Umberto Eco, con il suo celebre lavoro del 1964 Apocalittici e integrati, iniziare a “sfatare il mito” di Adorno: il filosofo italiano parte da presupposti senza dubbio adorniani, e contrappone gli apocalittici, ossia gli strenui difensori della cosiddetta cultura alta, che guardano alla cultura bassa come appunto ad un “apocalisse culturale”, agli integrati, che sono coloro che pretendono di integrare la cultura alta con le forme di cultura bassa e popolare, ossia il fumetto, il cinema, la televisione o la musica leggera. Il giudizio definitivo di Eco, nonostante scrivesse nei pieni anni ’60, non è affatto negativo: l’industria culturale di per sé non è da condannare, bisogna condannare solo il prodotto come consumo; anzi, l’industria può essere il veicolo per la diffusione di forme culturali anche basse e popolari. Da questa teorizzazione di Eco, ne è passato di tempo, e se ne è fatta di strada.

La canzone popolare può essere quindi considerata effettivamente un’espressione artistica, degna di attenzione culturale, come sostenuto dal Decreto Spettacolo? L’apertura del Portale è senza dubbio il punto di arrivo di un percorso culturale naturale, che nel corso del Novecento ha alimentato un dibattito che non riguardava la gerarchia fra i generi musicali, ma che si chiedeva fondamentalmente se la canzone potesse essere considerata un prodotto culturale. Canzone in senso lato, perché la canzone nasce come arte popolare, e arte popolare resta, anche quella che chiamiamo canzone d’autore, che non è nient’altro che una versione più curata, più individualistica e più soggettiva della forma canzone.

Un sito diviso in quattro macro-aree (canzone italiana 1900-1950; canzone italiana 1950-2000; tradizioni popolari; contributi speciali), all’interno delle quali trovano spazio, raggruppate in sottocategorie, sia le canzoni d’autore che quelle di Sanremo, ma anche le canzoni di guerra e i canti patriottici, le canzoni napoletane e quelle da ballo, il rock, il pop, le canzoni per bambini e una vasta produzione di canzoni regionali: accanto a Vita spericolata, possiamo quindi ascoltare romanze del primo Novecento o registrazioni inedite di canti partigiani. Un archivio sonoro immenso, che si presenta da subito come il più grande d’Europa, e che si propone di aggiornarsi ogni mese con l’aggiunta di cinquemila brani. Il sito permette la ricerca dei singoli brani, degli autori e degli interpreti, ma offre anche l’ascolto con playlist preimpostate per categoria (all’interno della sotto-categoria canzone d’autore, per esempio, ad oggi ne troviamo una dedicata alla scuola romana, con brani, tra gli altri, di Venditti, Rino Gateano, De Gregori e Baglioni); inoltre la pagina sfrutta, grazie ad un accordo, le più importanti piattaforme di streaming audio, come Spotify e Google Play, ed è fruibile in ben sette lingue: l’obiettivo è quello della diffusione della musica italiana nel mondo.

Alla sua inaugurazione erano presenti, oltre al ministro Franceschini, anche gli addetti ai lavori Mogol e Nicola Piovani, entrambi pieni di complimenti per l’iniziativa, che ha coinvolto lo staff del ministero per oltre due anni di lavoro. Un’operazione tale parte da una certezza, concretizzatasi nel corso del Novecento, come si è prima brevemente delineato: la canzone è parte fondante della cultura italiana, anzi, ne è un’espressione artistica notevole, di una ricchezza quantitativa, contenutistica e stilistica unica forse nel mondo, una vera e propria eccellenza. Una tale piattaforma rappresenta quindi un momento storico per la nostra cultura che, finalmente liberata dai pregiudizi adorniani, può dedicare il degno spazio anche a quella che il direttore artistico del Festival di Sanremo 2018, Claudio Baglioni, ha chiamato «la povera e semplice arte del fare canzoni»; per questo, dentro il Portale c’è spazio per tutta la musica, perché, in accordo con Proust, tutta questa musica si è di volta in volta riempita delle lacrime degli italiani, e proprio per questo ne è diventata espressione culturale privilegiata.

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