Attualità

Un commiato a Marco Pannella

Il 2 maggio 1930 a Tèramo (Abruzzo) nasceva uno dei personaggi più controversi della politica italiana: Marco Pannella, all’anagrafe Giacinto Pannella. Si autodefiniva “radicale, socialista, liberale, federalista europeo, anticlericale, antiproibizionista, non violento, gandhiano”, una delle tante testimonianze di quanto fossero importanti per lui il confronto, il dialogo, talvolta esasperato, al punto da risultare prolisso; per questo, da alcuni dei suoi detrattori, veniva descritto come un “patologico” includente.

Di fatto, però, molti di questi amabili detrattori risulteranno essere semplici avversari politici, piccoli uomini al soldo di altri piccoli uomini che altro appiglio non trovavano se non quello di denigrare la sua magnifica dialettica, cercando di delegittimare una figura così forte, autonoma e impavida come quella del grande Pannella.

La base di ogni sua lotta era proprio il dialogo, e, per questo, aberrava ogni forma di violenza. Oggi giorno, alcuni grandi diritti, come il divorzio e l’aborto, sembrano essere qualcosa di dovuto e scontato, ma così non era. Sicuramente, almeno per quel che riguarda la spinta iniziale, è da attribuirsi a lui il merito di molte conquiste, del raggiungimento di traguardi importanti, del riconoscimento di diritti assolutamente essenziali, nella società civile di ieri ed oggi.

Qui, però, non desidero soffermarmi sui grandi meriti politici dell’uomo-politico Pannella, bensì, vorrei cristallizzare la figura di un uomo che intensamente, sopportando grandi privazioni auto-inflitte (tutti conosciamo gli scioperi della sete e della fame sostenuti), ha voluto mostrare ad una società, ove ad esempio era inconcepibile per una donna poter esprimere il proprio contributo politico senza che quei piccoli uomini politici lo stroncassero per una misoginia congenita nella politica italiana, quanto fosse insulso limitare l’integrazione e la parità, basi assolute di una buona società.

Marco Pannella ha sempre lottato non-violentemente per i diritti dei più deboli, delle donne, degli omosessuali, dei detenuti, di tutti coloro i quali venivano (e vengono) relegati nel fondo di quella piramide sociale immaginaria e assurda che regola tutti gli aspetti della vita di ognuno; conduceva battaglie pacifiche, facendo uso di violenza solo verso se stesso, senza mai abbattersi, raggiungendo poco alla volta risultati inimmaginabili, non attribuendosene mai l’ultimo merito.

Marco Pannella era così, come lui stesso disse:

“Non mi batto per il detenuto eccellente, ma per la tutela della vita del diritto nei confronti del detenuto ignoto, alla vita del diritto per il diritto alla vita”

Indiscutibilmente e incontrovertibilmente, al di là della penna o della bocca da cui giungono riflessioni sul capo dei Radicali, ciò che ha sempre colpito di questo grande uomo era la qualità della sua innata dignità, la capacità di combattere battaglie (per alcuni) assurde, per idee sicuramente anticonformiste, ritrovandosi spesso solo, senza appoggi “importanti”, folle in un mondo di sani, savio in un mondo di pazzi, pieno di se stesso e delle sue idee, qualunque esse siano.

Marco Pannella era l’uomo delle battaglie perse, era un guerriero della luce che si affannava e soffriva per ideali che, ad alcuni, potevano parer folli (come quando risultava assolutamente inconcepibile l’idea di divorzio e aborto nell’Italia degli anni ’50); consapevole che, quand’anche  un sol uomo combatte e crede in qualcosa di impossibile, tanto impossibile non lo è più. E quella follia che sembra insanabile e permea i principi portati avanti da Pannella, cambiando il piano d’appoggio, la prospettiva, giunge agli occhi di molti come reale e non più pazza, giunge come massimo esempio di umanità.

Marco Pannella era e sarà il metro di paragone per coloro i quali fanno “follie in un mondo di sani”, la luce in un’oscurità sempre più fonda. Marco Pannella fu un vero uomo e il 19 maggio 2016 perdiamo uno di quei rari uomini che sarebbe davvero meglio non perdere mai.

“Noi siamo diventati Radicali perché ritenevamo di avere delle insuperabili solitudini e diversità rispetto alla gente, e, quindi, una sete alternativa profonda, più dura, più “radicale” di altri. Lottiamo per quel che dobbiamo e per quel che crediamo. E questa è la differenza che, prima o poi, speriamo non troppo tardi, si dovrà comprendere”

Ciao, Marco, buon viaggio e grazie di tutto!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *