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Tu: Viva la libertà

Oggi più che mai la meravigliosa poesia scritta da Bertolt Brecht rappresenta il sentimento di molti di noi, che ogni giorno osservano inermi assumere decisioni che ci riguardano direttamente, sempre più scellerate, che ci spingono giorno dopo giorno sempre più nel baratro.

 

A chi esita

Dici:

per noi va male. Il buio cresce. Le forze scemano.

Dopo che si è lavorato tanti anni

noi siamo ora in una condizione

più difficile di quando

si era appena cominciato.

E il nemico ci sta innanzi

più potente che mai.

Sembra gli siano cresciute le forze.

Ha preso un’apparenza invincibile.

E noi abbiamo commesso degli errori,

non si può più mentire.

Siamo sempre di meno.

Le nostre parole d’ordine sono confuse.

Una parte delle nostre parole

le ha travolte il nemico fino a renderle

irriconoscibili.

Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?

Qualcosa o tutto ? Su chi contiamo ancora?

Siamo dei sopravvissuti, respinti via dalla corrente?

Resteremo indietro,

senza comprendere più nessuno e da nessuno compresi?

O contare sulla buona sorte?

Questo tu chiedi.

Non aspettarti nessuna risposta

oltre la tua.

 

Viva la libertà è un film diretto da Roberto Andò basato sul romanzo da lui stesso scritto, Il trono vuoto. Narra di uno scaltro politico (di quelli che non si capisce mai se stanno di qua o di là): Enrico Olivieri, che, sprofondato in una grave crisi di identità, si vede costretto ad allontanarsi dalla routine di un’esistenza passata dietro gli ingranaggi putridi della politica nostrana, per rivivere qualcosa di vero, per ricongiungersi al suo bisogno di sentire. L’altro personaggio invece è Giovanni Ernani, il fratello gemello dello scaltro politico, così simili, ma profondamente diversi. È un filosofo scrittore decisamente sopra le righe, vantando (si fa per dire) un passato di cure psichiatriche, per un uomo che ha avuto la sfortuna di concepire la vita in maniera diversa da tutta la società.

Enrico Olivieri e Giovanni Ernani sono interpretati da Toni Servillo, e definire la sua interpretazione “magistrale” risulterebbe decisamente riduttivo. La storia è drammatica, poiché lo “scaltro politico” e il “pazzo filosofo” vogliono rappresentare una linea sottile tra l’apparente bassezza e l’apparente grandezza. È come dire che sia meglio un folle illuminato a guidarci, anziché un cinico uomo politico, lasciando però trasparire un’idea ben diversa e più profonda: la fuga di Olivieri rappresenta un’esigenza primordiale che un uomo ha di ricongiungersi a ciò che è davvero importante, pur non rinnegando la sua scelta di vita; è ricerca di un po’ di follia che a lungo ha relegato nelle profondità del suo essere, come se la guerra alla sua stessa natura fosse stata definitivamente perduta. La rinascita di Giovanni invece rappresenta la giunta di una nuova speranza, seppur folle all’apparenza, viva e vegeta, come un miracolo impossibile anche da immaginare.

I fratelli in verità sono due facce della stessa medaglia, due uomini che dovrebbero convivere all’unisono, due idee speculari che miscelate tra loro potrebbero portare un insperato equilibrio; ma di per se il concetto di pragmatismo e follia sono perfetti nella loro singola imperfezione, poiché la nostra è una spasmodica ricerca di scontro continuo tra una cosa e l’altra, tra la follia e l’equilibrio, tra Giovanni e Enrico. Si ha vero terrore della mediocrità, “meglio morti che mediocri”, quando tutto ciò a cui si aspira è proprio lei, definito “equilibrio”, come se chiamarlo diversamente fosse di per sé sufficiente a cambiarne il significato.

Il film quindi narra di vicende della vita, spingendoti a pensare a ciò che è, e a come potrebbe essere, spaventandoti il necessario come se l’inevitabile disfatta della società dei nostri tempi sia del tutto raggiunta, tanto da poter trovare qualcosa di buono ormai solo nella mente di un folle scrittore filosofo.

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