Trent’anni
“…se non sono gigli son pur sempre figli,
vittime di questo mondo”
(Fabrizio de André – la Città Vecchia)
Le giovani generazioni sono il futuro di un Paese. Data la premessa non possiamo certo stare tranquilli. Gli under-35 italiani sono i peggiori in Europa: bassi tassi di scolarizzazione, basso peso elettorale, bassi salari e precarietà delle occupazioni. E, come se non bastasse, sistema previdenziale inefficiente e insostenibile per le generazioni future. Questo è il quadro della ricerca svolta dal professor Alessandro Rosina, dell’Università Cattolica di Milano. I giovani italiani hanno poche prospettive e gravano ancora sul nucleo familiare dei propri genitori. E, a causa del debito pubblico accumulato dagli anni ’80 in poi, le risorse da destinare alle politiche orientate alle nuove generazioni non sono usufruibili.
Insomma, dicendolo con De André, i giovani italiani non sono certo i gigli d’Europa. Eppure non è solo colpa nostra. Le scelte del passato incidono fortemente sul nostro futuro e le istituzioni non sembrano essere coscienti del problema né preparate a risolverlo. Si può dire che siamo vittime di questo mondo?
Un po’ sì. Ma dobbiamo essere noi a riprendere il nostro futuro: dunque non è il caso di arrendersi o di trovare giustificazioni di comodo.
Le possibili soluzioni? Maggiore meritocrazia, maggiore attenzione e sostegno economico, maggiori interventi nella vita pubblica italiana.
Da qui si può partire ma non basta. Cosa pensate occorra per cambiare il nostro destino?
L’articolo originale lo potete leggere qui.
Libertà è partecipazione diceva Gaber un altro grande uomo come DeAndrè. Ebbene questo è il punto: o ci decidiamo ad impegnarci in qualche cosa, per un nostro intimo obiettivo che possa dare speranza anche agli altri o ci condanneremo sempre ad essere come questi trentenni disperati che stanno al mondo solo da poco prima di noi. E quando parteciperemo di qualcosa allora troveremo anche la nostra libertà, la nostra anima.
Per me il problema è mentale: non possiamo dire che “I giovani sono il futuro”. Siamo il presente, lo si vede già, e abbiamo bisogno di spazio e meritocrazie.
Guardate quel coatto di Luciani, n° 3 di Telecom Italia: giovane lo è, ha anche un posto di responsabilità enorme, però è uno che ha passato più tempo in palestra che sui libri. Si vede fisicamente, si vede da quel che dice e si vedrà dall’andamento futuro di Telecom.