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I tre Dumas: vite da romanzo

kkkI tre Dumas:  vite da romanzo

Il 5 Dicembre di 147 anni fa moriva Alexandre Dumas, “L’uomo che” secondo Victor Hugo ”ha fatto vivere, agire, parlare, morire, più eroi, più romanzi e più storie di Dio stesso!”. Se lo stereotipo dello scrittore di avventure è il tranquillo borghese, questo non vale per l’autore del Conte di Montecristo e dei Tre moschettieri, che condivide infatti con i suoi personaggi una vita agitata e con poche regole.

Eroi e passioni forti sono di famiglia. Il padre del romanziere, Thomas Alexandre Davy de la Pailleterie, era un uomo dalla figura e dalla forza eccezionali: 1,85, mulatto, nato a Santo Domingo nel Mar dei Caraibi da un marchese francese e una donna nera. Quando aveva 12 anni il padre vendette i propri figli come schiavi per tornare in Francia, riscattando poi però il primogenito Thomas Alexandre e portandolo con sé.

Ricevuta un’educazione da gentiluomo, a 24 anni Alexandre si arruolò nell’esercito francese, abbandonando il cognome del padre e assumendo al suo posto il soprannome della madre chiamata femme du mas, donna della masseria, per indicare la sua condizione di schiava. Una brillante carriera militare durante la Rivoluzione lo rese illustre ma nel corso della campagna d’Egitto litigò con Napoleone e fu da lui congedato.

Sulla via del ritorno in Francia una tempesta costrinse la sua nave a fermarsi a Taranto dove fu imprigionato dal re di Napoli che in quel momento era in guerra con la Francia. Per due agenerale dumasnni fu lasciato in una cella buia e ne fu liberato, nel 1801, con la salute pesantemente compromessa. Morì cinque anni dopo, quando il piccolo Alexandre aveva solo tre anni e mezzo. Tuttavia l’eroica figura del generale Dumas influenzò lo stesso il figlio, a cui sarà d’ispirazione per il personaggio di Porthos e per la storia di Edmond Dantès, arrestato e incarcerato ingiustamente.

Cresciuto con poco denaro, il futuro romanziere ricevette un’istruzione assai mediocre e a vent’anni si trasferì a Parigi dove riuscì a farsi assumere grazie al fatto che aveva perlomeno una buona grafia. Lì studiò per conto proprio e si appassionò al teatro, componendo alcune pièces che ebbero un grande successo di pubblico. Da quel momento si dedicò alla scrittura, diventando uno degli autori più prolifici di sempre: la sua opera letteraria arrivò a cinquecento volumi e si concluse con un dizionario di cucina, uscito postumo. George Sand, sua amica, disse di lui che per rinnovare questo enorme focolaio di vita aveva avuto bisogno di un eccesso di vita. Uomo notevole per la sua epoca, ebbe innumerevoli amanti e da una di esse, una sarta, nacque il figlio Alexandre.

Dopo due generazioni piuttosto scapestrate, venne al mondo un Dumas rispettabile e trfilsanquillo. Autore de “La signora delle camelie”, fu uno scrittore di successo come il padre, ma nel resto del tutto diverso: il primo prodigo nelle spese e dissoluto, il secondo coscienzioso e moralista. A forza di eccentricità Dumas père trascorre la vita ai margini della buona società, mentre suo figlio entrerà all’Accademia Francese. Nel pieno del successo quest’ultimo scriverà due opere teatrali dedicate all’infelice destino di donne sole e figli non riconosciuti, dove emergono chiaramente le relazioni con il padre e l’infanzia da figlio illegittimo.

Oltre che di donne, la vita di Dumas padre fu ricca di viaggi. Nel 1850 riparò in Belgio per sfuggire ai creditori. Nel 1860 decise di realizzare il grande viaggio di Ulisse ed iniziò una crociera nel Mediterraneo; saputo però che Garibalddumas giovanei era partito per la Spedizione dei mille, lo raggiunse per mare, fornendogli, con i soldi messi da parte per il suo viaggio, armi e camicie rosse. Aiutava così a combattere la stirpe dei Borboni che aveva un tempo imprigionato suo padre. Dopo l’entrata di Garibaldi a Napoli fu da lui nominato “Direttore degli scavi e dei musei” e incaricato di fondare e dirigere il giornale garibaldino L’Indipendente.

Se si considerano questi eventi e la mole di opere prodotte, risulta chiaro che Dumas non può aver scritto tutto da solo: nel suo lavoro fu infatti aiutato da alcuni collaboratori, il che non mancò di causargli problemi. Auguste Maquet in particolare giocò una parte importante nella redazione delle opere più importanti ma il suo ruolo restava circoscritto a ricerche storiche e alla redazione di un primo canovaccio.

dumas padreIl valore letterario di Dumas è difficile da definire in modo tradizionale. Secondo Umberto Eco “Il conte di Montecristo è senz’altro uno dei romanzi più appassionanti che siano mai stati scritti e d’altra parte è uno dei romanzi più mal scritti di tutti i tempi e di tutte le letterature”. Dumas, capostipite del feuilleton o romanzo d’appendice, pagato a righe, doveva scrivere tanto e in fretta.

A dispetto di questo le opere di Dumas non solo ci catturano usando tutti gli ingredienti dell’arte della narrazione ma si fanno leggere in più tempi, lasciando sempre qualcosa di misterioso e intatto che funge da richiamo. È Eco stesso ad affermare che proprio la lunghezza e le intemperanze stilistiche hanno contribuito a rendere questo voluminoso romanzo ciò che è: non un’opera d’arte estetica ma un’opera omerica, con un intreccio che ci tiene con il fiato sospeso e ci prende le viscere, destinata a nutrire la fantasia dei lettori per molto tempo a venire.