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Tracce pasoliniane nell’opera di Claudio Baglioni

«Forse qualcuno sarà invece sorpreso che un cantautore a lungo considerato disimpegnato […] come Claudio Baglioni abbia attinto linfa creativa dagli scritti romani di Pier Paolo Pasolini».

Così Francesco Ciabattoni, giovane professore associato di Italianistica e Letteratura Italiana alla Georgetown University (Washington), e studioso tra gli altri di Dante, Petrarca e Boccaccio, apre uno dei suoi ultimi studi dal titolo La citazione è sintomo d’amore. Questo lavoro, per primo, tratta una questione che la nostra rubrica su Lingua, Poesia e Canzone non ha ancora affrontato, ossia la relazione intertestuale che intercorre tra i testi di canzoni (in particolare di alcune canzoni d’autore) e la cosiddetta letteratura “colta”. Ciabattoni colma così un vuoto negli studi sulla canzone, muovendosi tra i diversi meccanismi di citazione privilegiati da alcuni cantautori, scelti per generare effetti espressivi differenti e diversificati. Particolarmente significativo il caso di Claudio Baglioni, la cui opera è studiata dal professore in almeno tre interventi diversi (2007, 2015, 2016), che hanno portato il giovane ricercatore a scoprire aspetti interessanti ed inediti della produzione del cantautore romano.

La vita è adesso

Ciabattoni ha studiato soprattutto La vita è adesso, album del 1985 di Baglioni (ad oggi, secondo la Siae, l’album italiano più venduto in Italia di sempre), e ne ha teorizzato lo stile di scrittura à collage, che denota un grado di rielaborazione formale dei frammenti letterari citati talmente alto da comportare un’enorme difficoltà nel riconoscere i testi originali. il materiale testuale innestato si mescola molto naturalmente al testo della canzone: il risultato è particolarmente originale, perché ingloba e comprende in sé i testi di origine senza mostrare linee di sutura. Il grande serbatoio letterario utilizzato da Baglioni è Pier Paolo Pasolini, a cui la nostra Università ha dedicato un importante convegno tra Cinema e Letteratura.

Pasolini non era romano di nascita, ma lo diventa d’adozione a partire dal 1950. Baglioni è un assiduo lettore di Pasolini, anzi, dichiara di aver avuto da giovane una vera e propria “fase d’innamoramento” per l’autore di Poesie a Casarsa. La vita è adesso è un concept-album che racconta la descrizione ideale di una giornata, dal mattino alla sera; oggetto dell’album è la vita urbana di una città, che è senz’altro Roma, ma che non viene mai né evocata né nominata, e di cui non compaiono né icone né toponimi: solo le illustrazioni dall’alto che accompagnano il libretto del disco permettono di riconoscerne la fisionomia. Nei testi l’ambiente romano è evocato attraverso la letteratura più romana di Pasolini: l’album è costellato infatti di tantissime citazioni da Ragazzi di vita, Una vita violenta e Le ceneri di Gramsci, che fanno di questo disco un’opera sincretica, che sceglie la letteratura per rappresentare gli ambienti popolari in cui lo stesso Baglioni, romano, è cresciuto. La tecnica utilizzata è quella di una continua allusione ai testi pasoliniani, di cui vengono ripresi sintagmi, immagini e concetti; ne risulta un album che appare come una vera e propria mescolanza letteraria: La vita è adesso può essere compreso appieno solo riconoscendo i riferimenti alle opere originali che sono presenti in sottotesto.

Qualche esempio. Uomini persi, terza traccia dell’album di Baglioni, racconta la perdita della dimensione fanciullesca di innocenza da parte di uomini diventati delinquenti con una sorta di operazione di “recupero” dell’infanzia, che funziona al contrario rispetto a quanto accade ai personaggi della pasoliniana Religione del mio tempo, che perdono con l’età adulta proprio la dimensione di bucolica purezza e di innocenza che avevano da bambini. La tecnica allusiva del testo baglioniano affonda anche in una delle prime pagine di Ragazzi di vita, in cui Pasolini descrive Lello e Tommaso che «giocano a pallone», buttando «le cartelle sopra un montarozzetto», e «corrono dietro alla scuola»; così nella canzone di Baglioni alcuni personaggi «sono tornati con la cartella in braccio al vento / che spazza via le foglie del primo giorno di scuola / raggi di sole che allungavano i colori sugli ultimi giochi / tra i montarozzi di terra» (significativo il prestito di montarozzo, parola romanesca). Poco più avanti nel brano, gli “uomini persi” sono dipinti «leggeri come stracci», esattamente come i personaggi delle Ceneri di Gramsci che, «come stracci giocano alla brezza» (ritorna ancora una volta la dimensione del gioco, protagonista anche di un altro brano dell’album, L’amico e domani, in cui vengono descritte scene che si ambientano in un cortile, modellato direttamente sui cortili delle Case Nuove dell’Alvaro di Ragazzi di vita).

Le borgate romane, sfondo urbano dell’album, sono evocate in un verso di Un treno per dove, in cui il protagonista vorrebbe un biglietto di un treno diretto verso «un posto senza le borgate calce e polverone / bucate da mille finestre uguali / che si mangiano la campagna»; si tratta della stessa descrizione delle borgate che troviamo in alcune terzine del Pianto della scavatrice di Pasolini: «vivevo in una borgata calce / e  polverone, lontano dalla città / e dalla campagna. […] / bucato tra mille file uguali / di finestre sbarrate, il Penitenziario / tra vecchi campi e sopiti casali». Nel testo di Pasolini non c’è la fuga dal mondo delle borgate, mentre nel brano di Baglioni il treno è il mezzo per fuggire dall’opprimente e monotono mondo romano, elevato a simbolo della logorante vita quotidiana e urbana. La Roma di Baglioni attinge anche nella sua descrizione notturna a Pasolini, infatti la notte che cala al termine del giorno per Baglioni è «tesa come pelle di tamburo», mentre in una pagina di Una vita violenta «l’aria era tesa come la pelle d’un tamburo: si sentivano le più piccole voci dai quartieri lontani, e tutti i rumori, i ronzii della giornata che incominciava»; nei due passi la situazione è però capovolta, perché in Baglioni il sole se n’è andato, mentre in Pasolini sta sorgendo.

La tecnica allusiva del cantautore consente una rielaborazione dei contenuti di partenza, che vengono adattati nel nuovo contesto, risultando citazioni non neutrali, ma cariche di un intento fortemente espressivo. Il caso della relazione tra Baglioni e Pasolini dimostra che la canzone, soprattutto quella più colta, può interrogare la letteratura come serbatoio per creare nuovi significati all’interno di una forma completamente diversa: gli studi sulla lingua della canzone non possono fare a meno di dedicarsi anche a questa relazione di carattere profondamente intertestuale.

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