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Tra arte e politica: la fotografia etica

Si è concluso lo scorso weekend il Festival della fotografia etica di Lodi, giunto ormai alla decima edizione. Come ogni anno hanno esposto le loro opere sia fotografi di fama mondiale, sia artisti emergenti. I temi trattati sono molto vari e vanno dalle gravidanze indesiderate in Costa D’Avorio alle feste napoletane in occasione della Prima Comunione, dall’alcolismo nelle comunità native americane ai treni-ospedale in Siberia. Ci si può chiedere, dunque, cosa accomuni tutti questi progetti e come possano tutti essere compresi nella definizione di fotografia etica.

Olivier Papegnies, Impadronirsi del proprio futuro: gravidanze indesiderate tra le ragazze adolescenti in Costa D’Avorio

Cosa è dunque la fotografia etica? O meglio, a quale ambito appartiene? Si tratta di arte o di sola denuncia sociale? Il dibattito è aperto e in questa sede si cercherà semplicemente e umilmente di fare qualche riflessione e se possibile dare qualche spunto. La fotografia di questo tipo cerca di soddisfare sia i bisogni estetici sia quelli etici; in realtà si potrebbe anche dire che in un certo qual modo i due campi interagiscono e traggono beneficio da questa relazione: se una fotografia è un’opera d’arte, l’impatto che essa ha sullo spettatore sarà altissimo come anche la sua diffusione; questo significa che è molto più facile che il messaggio che essa vuole trasmettere si sedimenti nella coscienza dell’osservatore e si diffonda velocemente. La relazione tra arte e denuncia sociale è l’essenza stessa della fotografia etica che è quindi prodotto artistico e politico insieme. Talvolta può sembrare che l’arte venga sacrificata a favore del messaggio etico: ad esempio Letizia Battaglia fotografa i corpi esanimi di alcune vittime della mafia. La crudezza ed esplicitezza dell’immagine può far dubitare della sua natura artistica, tuttavia è difficile distogliere lo sguardo da essa perché cattura completamente lo spettatore. La fotografa immortala un evento, come una scena di una pièce teatrale, che diventa una sorta di memento per tutti coloro che osservano lo scatto. Essi sono portati ad abitare la memoria di quei momenti fissati per sempre dall’artista.

Letizia Battaglia, Omicidio targato Palermo

Qual è invece il compito e la responsabilità della fotografia etica? Avendo questa doppia natura politica e artistica dovrebbe soddisfare le richieste provenienti da entrambi i lati. Sicuramente la grande capacità della fotografia come strumento di denuncia sociale sta nella sua immediatezza: molti fotografi sostengono che il loro principale obiettivo sia quello di raccontare una storia in uno scatto; è come se tentassero di trasformare una linea in un punto. Non si tratta tanto del riassunto di un’esperienza attraverso un istante che la compone, ma piuttosto questi fotografi hanno la capacità di intrappolare l’intera esperienza in un momento, lo scatto. Così lo spettatore guardando la foto, in un attimo solo, vive l’intera esperienza che parla direttamente alla sua coscienza senza filtri. Questo processo risulta sicuramente più veloce di altri strumenti di sensibilizzazione e denuncia e quindi anche più efficace. Dal punto di vista artistico ogni fotografo adotta uno stile personale e particolare e, dunque, il giudizio non può essere generalizzato: va però sottolineato che l’appagamento estetico dovrebbe essere condizione necessaria per ricomprendere un’opera nella definizione di fotografia etica.

Joey Lawrence, Combattenti curdi

In conclusione, alcune perplessità che possono nascere al termine di una mostra come quella di Lodi: stante l’immediatezza del messaggio, quanto questo è realmente comprensibile a tutti? Talvolta è necessario conoscere il contesto politico, sociale, storico per afferrare esattamente il significato dello scatto; se lo spettatore non dispone di queste conoscenze può ammirare solo la bellezza dell’opera che però rimane in qualche modo muta. In qualche misura, dunque, non solo la capacità del fotografo di smuovere le coscienze influisce sull’efficacia della fotografia, ma anche il bagaglio culturale di ciascuno; il messaggio in essa non è necessariamente universale. Per esempio, uno dei padiglioni del festival era dedicato alla mostra di Monica Bulaj che rifletteva sul corpo e sulla sua relazione con la religione; per comprendere appieno ogni scatto diventa necessario conoscere almeno superficialmente le caratteristiche di alcune delle principali religioni e di alcuni loro sottogruppi, come possono essere i Sufi per l’Islam. Senza questa conoscenza diventa difficile comprendere perché un gesto immortalato sia così significativo, anche se le didascalie possono in parte aiutare in questo. In secondo luogo, è sicuramente vero che la fotografia permette di avere uno sguardo senza filtri su contesti lontani e sconosciuti, ma è anche altrettanto vero che nel processo artistico il fotografo decide cosa mostrare e cosa omettere: la capacità di sintesi della fotografia può anche avere dei lati negativi. Si può dire che il fotografo cerchi di dare uno spunto, un trampolino di lancio per la conoscenza e sta quindi ad ognuno di noi cogliere l’occasione per lasciarci provocare.

Monika Bulaj, Broken Songlines

Nell’omonimo dialogo, Menone definisce Socrate una torpedine perché in grado di intorpidire il suo interlocutore, facendo venir meno ogni sua certezza. E allora la fotografia etica è proprio come Socrate perché capace di mettere in discussione l’osservatore e le sue certezze; tuttavia, Socrate risponde a Menone che egli non è altro che una torpedine intorpidita: il maestro fa dubitare gli altri, non perché egli stesso non abbia dubbi, ma perché egli stesso dubita. E così anche la fotografia etica non propone una lettura giusta di un evento, ma semplicemente pone in questione la narrazione che lo spettatore aveva di quell’evento e favorisce quindi un percorso di ricerca e di approfondimento che va sia al di fuori sia nel profondo dell’individuo stesso. La fotografia etica ha, dunque, il vantaggio di essere ambigua e multiforme. Essa è sia arte che politica e ciò gli permette di donare il doppio a chi osserva: non solo l’appagamento estetico, ma anche il desiderio di ricercare, di conoscere e di costruire un dialogo per avvicinarsi sempre più alla verità.

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