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Teatro Fraschini: “Mr. Pùntila e il suo servo Matti”

Talvolta si legge nei manuali universitari di storia del teatro che il teatro di Brecht, dopo la sua stagione gloriosa, ha perso l’efficacia di un tempo e che, con il mutare della società ed il crollo delle grandi ideologie è andato inevitabilmente incontro all’oblio. Spesso si sente anche dire che è poco rappresentabile, perché fa poca presa sul pubblico contemporaneo. Ebbene mi permetto di dissentire con forza. Quello andato in scena martedì 13 febbraio al Teatro Fraschini è al contrario uno spettacolo di grande impatto e che sa parlare con scioltezza al pubblico di oggi. Mr. Pùntila e il suo servo Matti, pur essendo un testo scritto quasi ottant’anni fa in un clima politico e sociale molto diverso dal nostro (appartiene infatti a quella serie di capolavori brechtiani scritti durante l’esilio), nella produzione del Teatro dell’Elfo con Ferdinando Bruni  alla regia e nel ruolo di protagonista risulta di grande attualità. Con il crescere delle disuguaglianze, il divario tra ricchi e poveri che si fa sempre più elevato (basti pensare che l’1% della popolazione possiede circa metà della ricchezza mondiale), la precarietà, la progressiva erosione dei diritti dei lavoratori, con un mondo del lavoro che ogni giorno si fa più simile a quello delle fabbriche ottocentesche, come potrebbe non esserlo?

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Mr Pùntila tratta proprio di questo. E lo fa con i toni della commedia, in modo che lo spettatore, dall’inizio alla fine, si diverta a vedere il ricco borghese Pùntila in preda alle sue isterie. Ma le risate non sono che un dolce involucro, uno strato di miele sul bordo di un bicchiere che contiene una medicina amarissima. Addolciscono, fanno arrivare il messaggio con più facilità ma esso resta comunque duro da digerire. Lo spettacolo invita ad una presa di coscienza delle ingiustizie e dello sfruttamento a cui il mondo dell’alta borghesia imprenditoriale sottopone i lavoratori, degradandoli dalla condizione umana per farne macchine da fatica da cui trarre profitto. Certamente si tratta di argomenti di profonda attualità in un mondo in cui la principale multinazionale del commercio impone braccialetti al polso per controllare i propri dipendenti.

La recitazione di questo allestimento è un meraviglioso esempio di recitazione straniante, una lezione a cui assistere per chiunque si sia mai chiesto come sia possibile essere contemporaneamente dentro e fuori il personaggio, interpretarlo ma al contempo prenderne le distanze. Brecht non voleva che ci fosse l’immedesimazione del pubblico nei personaggi. Ebbene questa messa in scena ha rispettato straordinariamente questa direttiva: nella sua ottima prova attorale Luciano Scarpa (Matti) è riuscito in ogni momento ad essere sia il servo che smentisce il padrone che l’attore che smentisce il personaggio. Perché Matti, benché costituisca un punto di riferimento per lo spettatore che in lui molte volte coglie un punto di vista, non deve portare il pubblico ad immedesimarsi in lui in quanto è egli stesso corrotto dal mondo borghese col quale è a contatto e verso il quale mantiene un rapporto ambiguo. Prova pena per i suoi pari, i lavoratori come lui, ma al contempo cerca in qualche modo di elevarsi di grado, di sposare la figlia di Pùntila. E’ anche un arrampicatore sociale e per questo va, se non condannato, almeno disprezzato.

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Parlando di prove attorali degne di rilievo non si può non menzionare Ferdinando Bruni, che interpreta una vera e propria mina vagante, un personaggio dal quale non si sa mai cosa aspettarsi e che fa sbellicare ad ogni battuta. Puntila è grottesco, sbracato, impertinente, meschino da sobrio e comunista e solidale da ubriaco. Bruni lo ha reso in modo accurato, con tutte le sue contraddizioni e con la capacità di tener sospesa l’attenzione dello spettatore in ogni momento, ad ogni sillaba, con un imprevedibilità che rappresenta forse l’elemento di maggior pregio dell’intero spettacolo.

Numerosi all’interno del testo i momenti propriamente “epici” (in cui cioè si raccontano degli avvenimenti invece di inscenarli) e tutti riguardanti le sfortunate vicissitudini del popolo oppresso dal potere, dalla fame, dai capricci dei potenti. In questi brani si sente particolarmente il vero spirito del testo, attraverso il quale l’autore si propone di dare voce agli sfuttati, agli oppressi, agli ultimi. Al contempo le elite, di cui Puntila è un emblematico esponente, sono disprezzate e vilipese e vengono messe in luce tutte le loro debolezze e la loro vacuità.

Insomma, il Mr Pùntila e il suo servo Matti di Bruni rappresenta un curiosissimo caso di commedia che, nei toni scherzosi e vivaci tipici del genere, si fa contenitore del tema della lotta di classe.

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